I dati hanno reso le macchine intelligenti. Questa rivoluzione interessa e coinvolge anche l’esercizio di tutti i pubblici poteri. L’intelligenza artificiale, soprattutto nelle sue versioni più recenti, non solo consente l’elaborazione di modelli conoscitivi di ciò che accade, ma, sulla base dei sistemi di apprendimento automatico, permette di effettuare valutazioni e previsioni. Se a valersene è la pubblica Amministrazione, le implicazioni e complicazioni giuridiche sono vastissime. È possibile immaginare un’amministrazione della cosa pubblica davvero — esclusivamente — algoritmica? Il tema delle decisioni amministrative «robotizzate» appartiene, in verità, già alla quotidianità, tanto che negli ultimi tre anni si sono susseguiti sul tema plurimi pronunciamenti giurisprudenziali. Il legislatore europeo non appare affatto escludere tale possibilità, (art. 22, comma 2, del GDPR) sottoponendola alla condizione del consenso; la prospettiva del giudice amministrativo italiano, invece, dinanzi a decisioni amministrative «esclusivamente» automatizzate appare molto più cauta ed orientata dai principi di tutela
costituzionale: la garanzia costituzionale e legale dei diritti richiede decisioni non impersonali (cioè volontarie), conoscibili e soprattutto motivate. Decisioni delle quali sia sempre possibile
conoscere la ragione in modo da potersi validamente difendere.
Profili costituzionali della amministrazione algoritmica
di Andrea Simoncini
Abstract