La condizione attuale della scienza giuridica europea alla luce del saggio di Carl Schmitt

di Armin von Bogdandy
Abstract

A partire dal saggio di Carl Schmitt su La condizione della scienza giuridica europea, nell’articolo si esaminano la struttura e le caratteristiche della scienza giuridica europea. In particolare, si analizzano quattro questioni fondamentali. Innanzitutto, si spiegano la funzione e l’ambito della scienza giuridica europea. Successivamente, ci si interroga su quali materie, questioni e impostazioni appartengano a tale scienza e su quali basi. Si affronta, inoltre, il tema dell’autonomia della scienza giuridica europea. Infine, si offre una disamina del problema dell’egemonia tedesca. La scienza giuridica europea di Schmitt si basa su quella tedesca, postulandone la centralità. Oggi si può dire che vi sia un’egemonia tedesca nello spazio giuridico europeo?

Sommario: 1. Introduzione e tesi principali. — 2. La questione fondamentale dell’autonomia. — 2.1. L’irrinunciabile razionalità della scienza giuridica. — 2.2. Sandulli e il re-embedding del mercato finanziario europeo. — 3. Sul fenomeno della «scienza giuridica europea». — 3.1. Geniale, subdola, anacronistica: la concettualizzazione di Schmitt. — 3.2. Mosler e la riformulazione della Cee. — 3.3. Le radici: il diritto romano o il costituzionalismo liberale? — 3.4. La scienza del diritto pubblico europeo come katéchon? — 4. Cosa significa per noi «autonomia»? — 4.1. Il costruttivismo dogmatico di Schmitt, Bumke e Schmidt-Aßmann. — 4.2. Imparare dalla ricerca non dogmatica di Schmitt. — 5. Egemonia tedesca?

 

1. Introduzione e tesi principali. — Il saggio su La condizione della scienza giuridica europea (Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft) possiede la magica forza attrattiva dei testi di Schmitt 1. Si può affermare che nessun altro testo su questo argomento possa vantare una recezione simile. A settanta anni di distanza dalla sua pubblicazione, lo si consulta ancora per informarsi, orientarsi e prendere posizione 2. Difatti esso ha qualcosa da offrire: avendo l’attualità senza tempo di un classico, trasmette un’esperienza formativa facilmente accessibile, ma al contempo straordinaria, suggerisce un’epocale assunzione di consapevolezza da parte del mainstream dell’Europa continentale, e tutto ciò mantenendo una debita distanza di sicurezza dalle storture autoritarie ed egemoniche di una parte della produzione di questo autore.

Schmitt riesce ancora una volta, con tesi aspre, analisi efficaci, riferimenti ricchi di associazioni e formulazioni magistrali straordinariamente produttive, a offrire utili spunti di riflessione anche a coloro che respingono le sue premesse, le sue argomentazioni, i suoi risultati, e non da ultimo, il suo ethos 3. Il genio di Carl Schmitt è evidente già dal fatto che si è tentati di affermare: come il Beruf di Savigny era ancora attuale per La condizione di Schmitt, così oggi La condizione di Schmitt è attuale per noi 4. Tale considerazione riflette un principio delle scienze umanistiche, quello per cui una interpretazione flessibile dei testi classici consente di cogliere il senso del presente.

Il testo di Schmitt permette di affrontare quattro tematiche attuali. Anzitutto, come mai il tema della scienza giuridica europea suscita interesse (par. 2)? È facile essere diffidenti dinanzi ad un euro-entusiasmo naif e alla propaganda delle élites politiche o economiche transnazionali. Nulla di più distante da Schmitt. Il suo contributo raccomanda piuttosto alla scienza giuridica di mantenere le distanze, in maniera da far valere le ragioni del diritto contro quelle di tali élites.

Autonomia, questa è la parola chiave. Tale presa di posizione è fonte di ispirazione tutt’oggi, come dimostra l’esempio di Aldo Sandulli. Nello spazio giuridico europeo, specialmente contro le macchine produttrici di diritto di Bruxelles, Lussemburgo, Strasburgo, le scienze giuridiche nazionali non riescono a esprimere in autonomia una razionalità giuridica. Giuristi degli Stati europei, unitevi!

Il secondo ambito tematico (par. 3) si sviluppa attorno alla questione relativa a come si debba comprendere il fenomeno della scienza giuridica europea. Quali materie, questioni e impostazioni appartengono a tale scienza e su quali basi? L’interpretazione di Schmitt ha individuato molti problemi, e soprattutto, seguendo il suo approccio olistico, una via, attraverso la quale la scienza del diritto europeo può costituirsi come scienza giuridica europea: facendo riferimento al diritto nazionale, avendo presente la nozione di diritto europeo di Mosler, che diviene fruttuosa nella situazione attuale. Per comprendere il fenomeno occorre considerare anche la questione delle radici fondative dell’identità. Per Schmitt vi sono due candidati: la forma mentis del diritto romano e i contenuti del costituzionalismo liberale. L’ultimo passo attiene alla scienza del diritto pubblico europeo, intesa come Jus Publicum Europaeum, che si configura come la concettualizzazione che nello scritto La condizione ha esercitato la maggiore influenza.

Il suo carattere di katéchon vive un importante rinascimento nell’attuale quadro della scienza giuridica europea.

Il terzo punto (par. 4) esplora l’Asilo di Schmitt, vale a dire l’autonomia della scienza giuridica europea. Schmitt propone un programma di autonomia che deve molto alla scienza giuridica tedesca del diciannovesimo secolo e che inoltre condiziona anche l’odierno mainstream europeo-continentale. Il sospetto di seguire questo tipo di programma con implicazioni oscure viene avanzato in particolare nei confronti dei giuristi tedeschi, mentre, di contro, tale approccio qui viene difeso in quanto basato sul «costruttivismo dogmatico». Il secondo passo evidenzia, sulla base dei testi di Schmitt, che anche la scienza giuridica non dogmatica, e persino quella interdisciplinare, dovrebbero emanciparsi al fine di svolgere i rispettivi compiti sociali, in particolare con riguardo all’integrazione sociale, ovvero al fine di «addomesticare» i mercati finanziari.

Il quarto punto attiene alla questione dell’egemonia tedesca (par. 5). La scienza giuridica europea di Schmitt si basa sulla scienza giuridica tedesca e ne postula la centralità. Questa presunzione nel testo è un poco nascosta, forse perché nel 1950 l’idea di un’egemonia tedesca doveva apparire straniante. Oggi, invece, molti autori riscontrano un’egemonia tedesca in Europa, e non sono pochi coloro che la propagandano come un dato di fatto e taluni la ritengono un’evoluzione auspicabile. La minore influenza della scienza giuridica britannica, in conseguenza della Brexit, potrebbe avvantaggiare l’egemonia della scienza giuridica tedesca. Su questo sfondo occorre esplorare le strutture fondamentali dell’ambito di ricerca della scienza giuridica europea.

2.1. L’irrinunciabile razionalità della scienza giuridica. — Oggi la costruzione di una scienza giuridica europea è un compito politico; è condotta non tanto dalla scienza, quanto dalla politica 5. Il progetto iscritto nell’art. 179, comma 1, Tfue, per la creazione di un ambito di ricerca europeo, ne costituisce la pietra angolare 6. Questa europeizzazione dei sistemi scientifici degli Stati membri ha avuto la massima consacrazione politica con le risoluzioni del Consiglio europeo di Lisbona (2000) e Barcellona (2002). Al centro si collocano il Consiglio europeo per la ricerca (European Research Council, Erc) 7e l’Agenzia esecutiva subordinata allo stesso Ercea 8. L’impeto politico in favore di una scienza giuridica europea e degli introiti fiscali si deve al progetto di costituire l’Unione europea come «il più dinamico e competitivo spazio economico del mondo basato sulla conoscenza» 9. La ricerca nel suo complesso, e pertanto anche la scienza giuridica, serve in prima linea alla crescita economica.

Questa strumentalizzazione è quanto di più lontano dall’idea di Schmitt di una scienza giuridica europea. Schmitt parla al cuore di molti euroscettici quando definisce una mera centralizzazione ciò che alcuni propagandano come progresso della civiltà 10. «Desistenza», questa è la parola d’ordine nel suo scritto. L’analisi di Schmitt della «condizione» mira alla diagnosi di una crisi profonda, giacché la scienza giuridica ha ampiamente perso la propria autonomia: da un lato, la scienza giuridica, intesa come mera conoscenza normativa, si limita ad accompagnare la produzione normativa, dall’altro, essa si è arresa alla razionalità propria di altre discipline scientifiche 11. Di contro, Schmitt insiste su una scienza giuridica autonoma rispetto alla razionalità della politica e dell’economia. La questione di una scienza giuridica europea autonoma posta da Schmitt è interessante anche per questo, poiché essa va in una direzione molto diversa, diametralmente opposta, rispetto al progetto scientifico proposto dall’art. 179 Tfue.

Con l’autonomia della scienza giuridica vacilla uno dei bastioni della razionalità sociale. Schmitt la considera come la realizzazione più risalente della razionalità occidentale: «la scienza giuridica europea è la figlia primogenita del moderno spirito europeo, del “razionalismo occidentale” dell’era moderna» 12. Insospettabili osservatori quali Mauro Barberis, Jürgen Habermas o Alexander Somek la vedono in maniera simile 13. Notoriamente Schmitt spiega la necessità di questa autonomia con argomenti che sconcertano, in particolare se sviluppati sino all’esasperazione. Tra questi vi è l’idea che, grazie al contributo della scienza giuridica, la legge sia più ingegnosa del legislatore. Soprattutto in un contesto pluralista la legge si depura dalle contraddizioni proprie della politica e dei partiti, e, attraverso la sistematizzazione di una dogmatica orientata da principi, riesce finalmente ad esprimere una unità politica 14. Applicata nel modo giusto, essa, anziché la rappresentanza popolare, costituisce l’unità della volontà giuridica, e con ciò l’unità della nazione, contro un Parlamento pluralista con i suoi partiti e gruppi egoisti 15. La critica schmittiana del Parlamento dà conto anche del suo concetto di scienza giuridica esatta. Schmitt non si spinge fino ad affermare che la scienza giuridica potrebbe costituire una fonte del diritto a sé stante. Tuttavia, se applicata correttamente, essa gode di una «dignità quasi legislativa» 16.

Schmitt scrive questi passaggi sulla professione del giurista volgendoli al passato, come un’analisi del diciannovesimo secolo. Al contempo, egli sembra trovare il proprium della corretta scienza giuridica nel programma guglielmino dello stato di diritto. Infatti, poco più tardi egli scrive al presente che la scienza giuridica dell’epoca «dovrebbe preservare l’unità e la coerenza del diritto che sono andate perdute nell’eccesso di produzione legislativa» 17. Ed è esattamente con questo compito che egli declina ciò che Barberis, Habermas e Somek definiscono come un uso della ragione specificamente giuridico.

Questo programma tradizionale, attraverso l’iperbole schmittiana, acquista nuovo splendore e un contenuto normativo. Schmitt lo abbozza con pochi, ma efficaci tratti: «un riconoscimento della persona che non viene meno neppure nello scontro, basato sul riconoscimento reciproco; rispetto per la logica e la coerenza dei concetti e delle istituzioni; rispetto per la reciprocità e per un procedimento minimamente ordinato, per un due process of law, senza il quale non esiste diritto» 18. Questi principi del diritto, che corrispondono ampiamente al concetto formale di stato di diritto del diciannovesimo secolo, per Schmitt non sono niente meno che «i fondamenti di un essere umano razionale» 19. Con questa radicalizzazione egli esaspera il novero delle istanze di metodo, istituzionali, processuali e di contenuto fino ad una concezione del diritto che evoca il diritto naturale, che è decisamente più pretenziosa rispetto a quella di Lon Fuller 20. In un «grido, che è per metà una preghiera e per l’altra metà una minaccia» 21, la scienza giuridica diviene il suo ultimo garante, «l’ultimo rifugio della coscienza giuridica». Essa saprà trovare, così sostiene Schmitt, «la cripta più misteriosa, entro la quale i semi del suo spirito sono protetti da qualsiasi aggressore» 22. Tuttavia, non si rinvengono indicazioni atte a chiarire in che modo i giuristi siano giunti a questa cripta oscura e come si debbano muovere.

In questa sede non dobbiamo occuparci di come si inquadra questa concezione del diritto e della scienza giuridica rispetto agli altri scritti di Schmitt e alle sue posizioni politiche 23, bensì del motivo per il quale oggi la diagnosi della crisi di Schmitt trovi risonanza. Schmitt considera particolarmente responsabile della condizione insoddisfacente della scienza giuridica «il legislatore motorizzato» 24. Egli vi ricomprende non solamente il Parlamento, ma anche ogni forma di produzione normativa dell’esecutivo. La creazione di norme attraverso i tribunali, che connota così tanto i nostri tempi, è al di fuori del suo campo visivo; sarebbe stata senz’altro altra acqua al suo mulino. Egli concepisce l’accelerazione nella creazione di norme come parte di una generale accelerazione dei mutamenti sociali. Circa il suo richiamo agli ordinamenti del mercato si può supporre che egli li veda come causati dall’economia 25. La sua collocazione della scienza giuridica si alimenta, in maniera non particolarmente originale, della critica conservatrice nei confronti del capitalismo. Ma non si limita a questo. Il fatto che anche Schmitt sostenga questa tesi della razionalità interna della scienza giuridica, a fronte della logica propria dell’economia, non la rende sbagliata. Piuttosto essa affronta un punto centrale, proprio per la condizione attuale della scienza giuridica europea, vale a dire se quest’ultima sia nata con il compito di coadiuvare lo sviluppo di un mercato europeo.

2.2. Sandulli e il re-embedding del mercato finanziario europeo. — L’originale approccio tematico di Schmitt, secondo cui proprio la scienza giuridica può sfidare l’egemonia della razionalità economica, e dovrebbe sfidarla, è stato recentemente ripreso in maniera illuminante con riguardo allo spazio giuridico europeo da Aldo Sandulli, professore di diritto amministrativo presso la Luiss «Guido Carli» 26. Il suo punto di partenza non consiste in una critica conservatrice della modernità, bensì in una formula ampiamente accolta di ispirazione socialdemocratica della fine di un embedded liberalism 27, oggi deplorato persino da forze precedentemente neoliberali 28. In questa prospettiva Sandulli si sofferma ad esaminare se e quanto una scienza giuridica europea possa condurre ad un nuovo embedding, in particolare del mercato finanziario europeo. Per questo autore si tratta pertanto di verificare l’ipotesi di un contributo genuino della scienza giuridica all’integrazione sociale: la scienza giuridica deve contrastare le molteplici forme della disintegrazione della società europea, che, in particolare negli ultimi decenni, ha indebolito la struttura sociale di molti Stati europei, al punto che persino il progetto di pace europeo comincia a vacillare. A fronte di ciò, occorre un contributo della scienza giuridica, che conferisca efficacia ai valori giuridici nell’ambito della società.

Questo lavoro rende attuali le affermazioni centrali del testo di Schmitt, aiuta a comprenderne la persistente risonanza e delinea un concreto piano d’azione. Il disembedded liberalism non è una zona sottratta al diritto. Al contrario, Sandulli illustra la problematica dell’ulteriore accelerazione della produzione giuridica sulla base della dinamica della formazione di una società capitalistica globale. L’intensità regolativa della produzione normativa internazionale, dell’Unione europea e di quella nazionale potrebbe superare le peggiori aspettative di Schmitt. A ciò si aggiunge la produzione normativa attraverso i tribunali, il case law. C’è sempre più diritto, anche proprio per conferire stabilità al mercato finanziario, ed esso viene inoltre elaborato e applicato per motivi diversi rispetto alla zelante razionalità della scienza giuridica 29. Questa produzione normativa europea completamente soggetta alla razionalità dell’economia ha seppellito i fondamenti sociali dell’integrazione sociale in molti Stati membri. Similmente ad Ernst Wolfgang Böckenförde, Sandulli vede questo diritto come poco più di una mera appendice del mercato finanziario globale: «un costrutto tecnico-pragmatico della razionalità economica» 30.

Tuttavia, Sandulli si preoccupa, come Schmitt, di queste carenze sul piano pratico. La scienza giuridica ha perso influenza anche sul piano intellettuale. Ciò appare in particolare nei criteri di autovalutazione di una società, che si orientano fondamentalmente sui parametri dell’economia, e, in particolare, della crescita economica. Analogamente accade per i modelli atti a spiegare il processo di unificazione europea. Con l’eccezione del federalismo, la scienza giuridica europea non è stata in grado di presentare un proprio modello, ma ha vissuto delle teorie proprie di altre discipline.

Pertanto, si tratta di spezzare l’egemonia intellettuale del pensiero delle scienze economiche e di lasciare più spazio alla razionalità di altre sfere sociali al fine di rafforzare l’integrazione sociale. Al riguardo, alla scienza giuridica spetta un ruolo preminente 31. Essa, riconquistata la propria autonomia alla luce di valori giuridici, deve respingere modelli ordinatori che sono mediati dalla razionalità propria di altri sistemi sociali, e in questo modo deve servire la ragione. Questo programma, teso allo sviluppo di una scienza giuridica autonoma, è indirizzato in prima linea alla scienza giuridica europea, giacché, da un lato, il malessere è anzitutto un problema del diritto sovranazionale orientato al mercato, e dall’altro, le scienze giuridiche nazionali non hanno la necessaria ampiezza. L’autonomia della scienza giuridica come strumento della ragione sociale contro razionalità disintegrative: questa è una presa di posizione forte e attraente riguardo al compito della scienza giuridica europea.

3.1. Geniale, subdola, anacronistica: la concettualizzazione di Schmitt. — L’idea che la scienza giuridica europea svolga un irrinunciabile ruolo autonomo, che serva la ragione in modo indipendente, e che pertanto le spetti un compito specifico con riguardo ad un re-embedding del mercato finanziario europeo, costituisce una delle sfide del nostro tempo e può ispirare una scienza del diritto europeo densa di contenuto. Tuttavia, Schmitt non ne è idealmente il precursore. La sua concezione della scienza giuridica europea è molto distante da ciò che oggi si intende, e che si dovrebbe intendere, per scienza giuridica europea. Ciò dipende naturalmente anzitutto dal fatto che nel 1950 non vi era uno specifico diritto europeo come è oggi il diritto dell’Unione europea, bensì un diritto comune dei diversi Stati europei che costituisce la chiave dell’odierna scienza giuridica europea 32. Per Schmitt non vi era neppure un equivalente: il suo saggio su La condizione, infatti, attesta piuttosto la fine dello jus publicum europaeum, come egli argomentò più ampiamente poco dopo nel Nomos della terra.

Occorre insistere su questo punto. Il libro di Schmitt fu pubblicato comunque nell’anno della Dichiarazione di Schuman 33. Schmitt doveva conoscere lo statuto del Consiglio d’Europa del 5 maggio 1949, che, sullo sfondo del conflitto crescente Ovest-Est, costituisce il primo passo verso un diritto pubblico europeo 34. Il percorso verso un’integrazione europea fu discusso ampiamente a partire dalla fine della guerra e conquistò un generale attento apprezzamento a partire dal discorso di Zurigo di Churchill. Inoltre, attraverso tali riferimenti Schmitt aveva la possibilità di conferire maggiore attualità e rilevanza ai suoi scritti, che avrebbero dovuto riavviare la sua carriera. Come è accaduto ad altri convinti nazisti, che si sono riscoperti, al termine della guerra mondiale, strenui difensori dell’integrazione europea 35. È sorprendente che nel testo schmittiano non vi sia invece una sola riga di apprezzamento nei confronti di questo progetto post-bellico.

La distanza che intercorre tra la scienza giuridica europea di Schmitt e l’integrazione europea, supportata dall’odierna scienza giuridica europea, non dipende solamente dall’anno di pubblicazione, ma da ragioni di carattere sostanziale. Il suo silenzio rispetto alle istanze favorevoli all’integrazione del dopoguerra appare eloquente. Esso va inteso perlomeno come una presa di distanza 36. Probabilmente egli vedeva queste aspirazioni alla luce della sua concezione delle istituzioni di Ginevra, dunque come cupe macchinazioni a danno della Germania. In realtà esse erano parte dell’integrazione ad Occidente della Repubblica Federale, nei confronti della quale egli non aveva simpatia.

Schmitt costruisce la sua scienza giuridica europea su tutt’altro fondamento, e ciò è interessante per l’attuale scienza giuridica europea, anche se soprattutto per via dei problemi connessi a questo approccio. Tali problemi si palesano già nella forte assertività del titolo: la convinzione che nel 1950, a cinque anni dalla fine della seconda guerra mondiale, esista una scienza giuridica europea, la quale per giunta sarebbe esistita persino durante la guerra. Schmitt aveva esposto talune parti essenziali del testo, incluso il titolo, già negli anni 1942 e 1943.

Egli suffraga tale convinzione con tre argomentazioni 37. La prima è di segno polemico e a contrario: la negazione dell’esistenza della scienza giuridica europea è identificata con una presa di posizione riconducibile ad un ottuso positivismo giuridico 38. Le sue principali argomentazioni appaiono sensibilmente più asciutte. Anzitutto Schmitt ritiene che i concetti giuridici essenziali e le istituzioni giuridiche dei popoli europei, per il loro significato e contenuto, siano pressoché coincidenti, sia con riguardo a singole norme che alla «struttura sistematica del tutto», e ciò «in ogni singola disciplina» 39. Egli non offre dimostrazioni al riguardo, giacché tale coincidenza sarebbe «ben presente ad ogni conoscitore di tali discipline». Ne deriva, così prosegue, una «comunità molto forte del diritto europeo», «una vera comunità europea», «tendenze verso una vera common law», e ciò in tutte le discipline 40. Nel prosieguo egli spiega questa coincidenza richiamando un persistente processo intraeuropeo di «incontro e reciproco condizionamento», una millenaria «storia di reciproca recezione».

In tal modo le molteplici scienze giuridiche nazionali si fondono d’incanto in una scienza giuridica europea. Il testo evoca a questo riguardo l’immagine delle zollette di zucchero in una tazza di tè. Egli pertanto riesce a postulare una scienza giuridica europea senza che i giuristi debbano necessariamente esserne consapevoli. Di nuovo Schmitt offre un punto di vista che fa apparire le cose molto diverse. Egli abbozza un concetto apparentemente descrittivo, di fatto profondamente normativo, con enormi implicazioni, che spiega al lettore attraverso ricostruzioni storiche, ma anche con l’incanto delle sue formulazioni 41.

Ad un esame più attento, il sistema concettuale di Schmitt risulta poco convincente, e ciò sia all’epoca che, a maggior ragione, oggi. Anzitutto esso è troppo poco complesso, giacché in effetti non si può proprio concepire una scienza senza istituzioni. La scienza è anzitutto una prassi sociale istituzionalizzata. Questo effettivamente doveva essere palese per Schmitt, il «teorico dell’ordine concreto».

Egli doveva ancorare la sua scienza giuridica europea in tali ordini concreti, nelle istituzioni, nelle riviste, e non da ultimo, se doveva esserci una scienza giuridica europea, in spazi circoscritti. Siffatto spazio giuridico europeo nel 1950 Schmitt non riusciva più a vederlo, come si evince dal Nomos della terra edito nello stesso anno. Pertanto, il suo ordine di idee del 1943, illustrato nelle facoltà giuridiche dell’area tedesca, aveva un senso diverso in un contesto molto diverso.

Ciò ci conduce al successivo punto debole: è difficile ignorare il fatto che, trascorsi cinque anni dalla fine della seconda guerra mondiale, molti giuristi in altri Paesi europei difficilmente potevano sentirsi pronti ad essere fusi in una comunità scientifica assieme a molti giuristi tedeschi pesantemente compromessi. Però è questa la conseguenza necessaria della concettualizzazione di Schmitt. Lo schierarsi della scienza in favore di un regime ingiusto violava gli standard della buona prassi della scienza giuridica. In ogni caso l’antisemitismo nell’ambito della scienza giuridica tedesca era incompatibile con la concezione della scienza giuridica che Schmitt predicava in questo stesso scritto: «un riconoscimento in quanto persona che non viene meno neanche nello scontro, basato sul rispetto e sul reciproco riconoscimento», ovvero «rispetto per la reciprocità e per un procedimento minimamente ordinato» 42. Di fatto la scienza giuridica tedesca doveva ancora guadagnarsi un riconoscimento dopo la seconda guerra mondiale 43. Il coup terminologico di Schmitt della scienza giuridica europea avrebbe dovuto abbreviare questo percorso, ma non poteva. Nessuna vittima dell’aggressione bellica tedesca avrebbe accettato la seconda frase apologetica del testo di Schmitt, secondo cui l’Europa si sarebbe «sbranata da sola in due guerre mondiali».

Ai giorni nostri l’ordine concettuale di Schmitt risulta ancora più inopportuno. Se si utilizza la definizione che egli dà, oggi non ci può essere una scienza giuridica europea, ma solo globale 44. Certamente, la sua argomentazione, secondo la quale molti dei «concetti giuridici fondamentali e istituzioni giuridiche» si rinvengono in tutti gli ordinamenti giuridici europei, ha un fondamento di verità. Ma essa oggi non conduce ad una scienza giuridica europea, bensì ad una scienza giuridica globale, giacché la si ritrova pressoché in tutti gli ordinamenti giuridici della terra 45. Questo vale addirittura per la Cina, il paese oggi più prossimo ad un controprogetto di ordine sociale rispetto all’«Occidente», ovvero al «Nord globale» 46. Certamente queste strutture ordinate del diritto non hanno ovunque la stessa profondità sociale e la stessa efficacia, ma concorrono con altre forze ordinatorie: si pensi al potere delle grandi imprese, ai network politici, alle organizzazioni che hanno i caratteri delle consorterie, e non da ultimo alla criminalità organizzata. Tutto ciò lo si ritrova anche nei Paesi europei, e il fatto che i concetti giuridici fondamentali e le istituzioni che derivano dalla tradizione europea oggi costituiscano dei fenomeni globali non cambia nulla al riguardo.

A questo punto si potrebbe ritenere che il terzo pilastro dell’argomentazione di Schmitt, il «persistente processo intraeuropeo dell’incontro e del reciproco condizionamento» possa costituire una specifica scienza giuridica europea. Dallo scritto di Schmitt proviene l’idea di una repubblica di eruditi, che dà voce e ascolto a tutte le nazioni europee che ne fanno parte. Certamente una scienza giuridica globale non riuscirebbe a soddisfare queste istanze per via delle estreme asimmetrie 47.

In ogni modo, anche seguendo questa argomentazione non vi è nessuna scienza giuridica europea, poiché la repubblica degli eruditi di Schmitt non c’era allora, né oggi. Inoltre, l’argomentazione giuridica, che è il cuore della razionalità giuridica, è profondamente condizionata a livello nazionale 48. La stessa scienza del diritto dell’Unione europea del ventunesimo secolo conosce una profonda segmentazione nelle scienze nazionali 49. Il testo dello stesso Schmitt dice tutto: esso consiste in una conversazione nell’ambito della scienza giuridica tedesca. Certamente essa è arricchita da riferimenti agli ordinamenti stranieri, i quali tuttavia condizionano molto poco l’esposizione e il contenuto, ma semplicemente contribuiscono a confermarlo. Da ultimo Schmitt traccia una linea che va da Friedrich Carl von Savigny fino a sé medesimo sull’orizzonte della filosofia hegeliana 50.

Oggi è difficile limitare i processi di incontro e di condizionamento all’interno dell’Europa: l’importanza delle facoltà giuridiche statunitensi è davvero enorme. Forse non nella ricerca sul diritto romano, sul diritto ecclesiastico o sul diritto penale materiale, ma comunque sulle questioni decisive dell’economia globale, dell’ordine globale e della sicurezza globale, la posizione assunta da una quantità di istituzioni americane «è ben presente ad ogni conoscitore di queste discipline» 51. Sandulli mette in evidenza questa egemonia addirittura nella materia del diritto europeo 52.

La concettualizzazione di Schmitt riguardo alla scienza giuridica europea è carente 53. La sua concettualizzazione, al primo sguardo così illuminante, sul piano giuridico, ha una luce troppo intensa. Alcune cose si vedono troppo nitide, ma è soprattutto accecante e minaccia di fare danni su terreni delicati.

3.2. Mosler e la riformulazione della Cee. — Tuttavia, potremmo riprendere dal sistema concettuale di Schmitt, nel suo insieme, qualcosa di importante, giacché esso avvicina le discipline giuridiche del diritto nazionale e sovranazionale. La scienza giuridica europea di Carl Schmitt non tratta solamente del diritto internazionale o dello jus publicum europaeum, ma ricomprende tutte le discipline e l’insieme del diritto nazionale: diritto penale, diritto privato, diritto pubblico, tutte le materie fondamentali. Ciò dà conto della sua posizione di principio, secondo cui la distinzione tra diritto internazionale e diritto interno costituisce solamente una «facciata» 54. Il concetto di scienza giuridica di Schmitt intende mettere in evidenza una connessione, che nella concezione dominante della sua epoca non si vedeva. Egli adotta un altro angolo di visuale, che ricollega la nazione tedesca alle tradizioni del diritto pubblico romano nel Sacro Romano Impero 55.

Herman Mosler alla fine degli anni Sessanta trasferisce queste considerazioni nel nostro mondo, aggirando i problemi di Schmitt 56. Il contesto in cui avviene la sua mediazione è segnato da un massiccio conflitto tra spinte federali e anti-federali nella Comunità economica europea. La politica del Presidente della Commissione Hallstein, ispirata da una concezione federale, trovava corrispondenza in una concezione centralistica del diritto europeo. L’art. 1 dello Statuto della Fédération Internationale pour le Droit Européen (Fide), fondata per iniziativa delle istituzioni europee, equiparava il diritto europeo al diritto della Comunità europea 57, come se solamente l’organizzazione sovranazionale rappresentasse l’Europa. Questo impeto federalista aveva incontrato intense resistenze, simboleggiate dalla presa di posizione di Charles de Gaulle contro Walter Hallstein 58.

Mosler introduce in questo dibattito un concetto olistico, come sostenuto nello scritto di Schmitt, ma senza argomentazioni schmittiane, bensì, seguendo la cifra ufficiale della Repubblica federale del suo tempo, cautamente, ossia consigliando alla maniera dei tecnocrati. Il diritto europeo di Mosler ricomprende il diritto comunitario (oggi, diritto dell’Unione europea), la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, così come tutti gli atti di recepimento e gli atti dei singoli Stati membri «adottati con riguardo agli obiettivi dell’unione europea» 59. Il concetto di Mosler, senza tener conto della sua cauta articolazione, presenta un profilo radicale, nella misura in cui egli, al pari di Schmitt, segna «i confini tra diritto internazionale e diritto interno». Ciò è tanto più degno di nota, in quanto Mosler si schiera per Schmitt e contro Triepel, il fondatore della divisione tra diritto internazionale e diritto interno, nonché la figura probabilmente più importante dietro il Kaiser-Wilhelm Institut für ausländisches öffentliches Recht und Völkerrecht, dove egli si era formato 60. La mediazione di Mosler ricorda come Hans-Georg Gadamer elaborò il pensiero di Martin Heidegger in maniera adeguata alla prudente Repubblica Federale, come l’«urbanizzò» 61.

Mosler mostra quanto sia illuminante il concetto olistico di Schmitt, ma lo ricostruisce muovendo dal diritto positivo sulla base della comparazione giuridica e del diritto comunitario. Diversamente da Schmitt, il risultato non ricomprende tutta la scienza giuridica. Resta infatti possibile anche una scienza giuridica su base puramente nazionale, benché sempre meno adeguata per le questioni giuridiche. Tuttavia, la concettualizzazione di Mosler riprende l’idea fondamentale di Schmitt di una scienza giuridica che trascende l’ordinamento giuridico, focalizzata sull’Europa.

Però Mosler non menziona Schmitt neppure una volta. Egli tuttavia doveva conoscere la concezione di Schmitt, giacché, come detto, aveva ricevuto la sua formazione giuridica presso il Kaiser-Wilhelm Institut, dove Schmitt era presente come membro scientifico. Ma nel Dopoguerra, Mosler, come consulente giuridico di Adenauer e Hallstein, e come direttore del neoistituito Max-Planck Institut für ausländisches öffentliches Recht und Völkerrecht, fu uno dei più importanti architetti giuridici dell’occidentalizzazione; più tardi egli divenne il primo giudice tedesco presso la Cedu e anche presso la Cig 62. In questa prospettiva, le citazioni di Schmitt, che supportano il suo stesso pensiero, sarebbero risultate inappropriate da molteplici punti di vista 63.

Certamente c’erano e ci sono ancora altre concezioni olistiche, che tentano di superare la separazione tra diritto statale e internazionale: il monismo kelseniano, il diritto transnazionale di Jessup e i concetti più nuovi di un diritto globale 64, di un diritto dell’umanità 65, di un diritto cosmopolita 66, di un diritto mondiale 67, di un diritto interno al mondo 68. Il concetto di Mosler incentrato sull’Europa, tuttavia, ha un potenziale ricostruttivo maggiore per il diritto vivente rispetto a questi altri approcci, in forza dello straordinario sviluppo del diritto europeo transnazionale (Ue e Consiglio d’Europa), dell’apertura verticale e orizzontale degli ordinamenti giuridici statali e della loro europeizzazione. Solo il diritto europeo ha superato lo stadio del progetto teoretico e ha promosso una dogmatica del diritto condivisa collettivamente che è più di una indicazione geografica o di una speculazione accademica. Le riflessioni nel quadro della International Society of Public Law dimostrano oggi molto concretamente quanto sia lunga la strada da percorrere per raggiungere qualcosa che sia minimamente comparabile a livello globale 69.

L’inclusione del diritto degli Stati membri nel concetto del diritto europeo si legittima in quanto il primo è strettamente connesso con il diritto sovrastatale: molti aspetti degli ordinamenti giuridici degli Stati membri possono essere compresi solamente con un riferimento agli elementi transnazionali del diritto europeo e anche sul piano operativo vi sono molteplici connessioni. Questo vale non solamente per la normativa attuativa degli Stati membri, ma anche per atti giuridici autonomi: l’art. 23 della Costituzione tedesca, l’art. 117 della Costituzione italiana o l’art. 88 della Costituzione francese non recano norme del diritto dell’Unione, ma si tratta di disposizioni chiave dell’unità giuridica europea. L’europeizzazione degli ordinamenti giuridici degli Stati membri è stata concepita anzitutto in rapporto al piano giuridico transnazionale 70. Solo nell’ultimo periodo le trasformazioni legate all’apertura nei confronti di altri ordinamenti giuridici degli Stati membri hanno suscitato maggiore attenzione. L’apertura orizzontale favorisce le contaminazioni giuridiche tra le istituzioni degli Stati membri 71. Persino i tribunali supremi e costituzionali, di norma organi apicali del potere giudiziario, hanno creato delle reti, come la Conferenza dei Tribunali costituzionali europei 72. Sebbene ciò sia stato talvolta promosso attraverso il diritto dell’Ue, queste reti sono per lo più autonome. Molti attori nazionali si configurano oggi come attori europei, essi hanno una identità più ricca, più complessa 73.

Questo concetto del diritto europeo identifica pertanto il conglomerato europeo delle norme di diversi ordinamenti giuridici, e spiega l’esperienza della loro stretta connessione, dell’elevata interdipendenza e di una fitta interazione. Questo addentellato consente, da un lato, nuove forme ordinatorie, una specializzazione funzionale e una ripartizione ragionevole del lavoro; dall’altro, esso genera però molteplici problemi, nonché svariati conflitti. Il concetto di diritto europeo di Mosler porta a considerare l’addentellato di diversi ordinamenti giuridici europei in quanto costitutivo, prezioso ed espressivo dell’unità europea 74.

In questo modo la concettualizzazione olistica si arricchisce al contempo di significato e del contesto esperienziale, per abbracciare le numerose teorie della scienza giuridica europea: i concetti che indicano un’unione (Verbund), sia essa di Stati, di costituzioni o sul piano amministrativo, la maggioranza delle espressioni atte ad indicare il pluralismo giuridico europeo e la teoria delle reti, del federalismo europeo, ovvero del costituzionalismo, dell’intergovernamentalismo liberale 75. Sebbene queste teorie differiscano l’una dall’altra per molti aspetti, tutte vedono gli ordinamenti giuridici menzionati profondamente embricati tra di loro, così che la loro interazione è comunque parte della loro identità. Essa appare come un elemento caratteristico e specifico del fenomeno europeo. Una materia del diritto europeo e una scienza giuridica europea nel senso sin qui delineato offrono a queste teorie una cornice disciplinare, che le stesse non trovano nelle materie del diritto pubblico nazionale ovvero del diritto dell’Unione.

Certamente Mosler, dal punto di vista terminologico, tratta di diritto dell’Europa e di scienza del diritto europeo, non di diritto europeo, né di scienza giuridica europea. Con le espressioni «diritto europeo» e «scienza giuridica europea» ci si può riferire anche a qualcosa di diverso rispetto al diritto dell’Europa generato dal processo di integrazione, vale a dire a tutto il diritto che in qualche modo vige nel continente europeo, e a tutti gli sforzi della scienza ad esso connessi. Si tratterebbe tuttavia di un concetto senza molta importanza, anche solo per la mancanza di problematiche rilevanti. Il diritto dell’Europa ha invece un ruolo sociale e persino un vero potenziale, ad esempio con riguardo ad un re-embedding del mercato finanziario. Ciò vale in particolare per il settore del diritto pubblico, il diritto pubblico europeo.

3.3. Le radici: il diritto romano o il costituzionalismo liberale? — La scienza giuridica europea, nel suo nucleo, non è forse profondamente influenzata dal diritto privato e di conseguenza orientata verso un’economia del libero scambio e forse persino verso un possibile mercato finanziario libero? Schmitt va in questa direzione quando colloca le radici fondanti dell’identità europea nel diritto romano 76e sottolinea la creazione del diritto privato internazionale da parte di Savigny in quanto chiave di accesso ad una scienza giuridica europea 77. Egli non è il solo ad accogliere questa concezione 78. Si prenda in considerazione la programmazione dell’Istituto Max-Planck per la storia giuridica europea (Max-Planck Institut für europäische Rechtsgeschichte) istituito a Francoforte nel 1964. Il direttore e fondatore fu Helmut Coing, proprio un civilista e romanista, e la rivista dell’Istituto portò il titolo programmatico Jus Commune 79. L’idea di uno jus commune europeo profondamente influenzato dal diritto privato come cuore del diritto europeo è ancora valida 80. Ernst-Joachim Mestmäcker promuove una società di diritto privato europeo come chiave per la comprensione della costruzione europea 81.

Tuttavia, questa tesi dell’identità primaria di diritto romano solleva dei dubbi. Il diritto romano, ad oggi, non influenza più la maggioranza dei giuristi. È possibile che esso formi ancora un orizzonte per gli stessi, che però non viene attualizzato attraverso attività di ricerca scientifica. In una minoranza di paesi il diritto romano è ancora una materia obbligatoria, e anche lì si tratta comunque di una presenza di nicchia, che viene in rilievo assai raramente nell’ambito della ricerca sul diritto vigente. Questo non vale solo per il diritto pubblico (incluso il diritto penale), ma anche per il diritto privato 82.

Certamente Schmitt attribuisce il ruolo di vettore non al diritto romano in quanto tale, bensì alla sua scienza, ed egli non si concentra su singoli istituti, ma su formae mentis, su un «vocabolario comune», e su un «modello riconosciuto del lavoro di riflessione del giurista» 83. In un’accezione così diluita e fluidificata siamo tutti per sempre figli dell’Occidente cristiano. Le radici del lavoro intellettuale, tuttavia, sono diverse dalle radici di un albero. Le radici del lavoro intellettuale si trovano nel patrimonio dei testi che vengono costantemente riletti e riempiti di significato nell’orizzonte del presente. Oggi ciò non vale più per il diritto romano, anche la sua scienza è debole 84. La sorgente vitale, forte, dell’identità disciplinare deve sgorgare altrove.

Siffatta sorgente la si ritrova nel secondo pilastro di Schmitt della scienza giuridica europea, sebbene egli lo consideri secondario: nelle idee costituzionali del diciottesimo e del diciannovesimo secolo 85. Mentre egli guardava in maniera sprezzante tali fonti nel suo scritto Sui tre tipi di scienza giuridica (Über die drei Arten des rechtswissenschaftlichen Denkens) del 1934, in quanto «normativismo liberal-costituzionale» 86, nel 1950 Schmitt non sembra avere difficoltà nel fondare lì, sia pure in maniera sussidiaria, la scienza giuridica europea, e conseguentemente anche quella tedesca.

Questi fondamenti liberal-costituzionali oggi potrebbero essere determinanti per la fondazione dell’identità giuridica nello spazio giuridico europeo grazie all’art. 2 Tue, e pertanto potrebbero permearne la scienza giuridica. Inoltre, l’Unione è un progetto di pace liberal-democratico 87. I valori dell’art. 2 Tue valgono al riguardo non solamente per l’Unione intesa come un insieme di istituzioni sovranazionali, ma anche per l’Unione in quanto confederazione dei suoi Stati membri, dunque per l’Unione di cui tratta l’art. 1, comma 2, Tue 88. L’art. 2 declina i parametri che l’esercizio di qualsivoglia potere autoritativo nello spazio giuridico europeo deve soddisfare. Pertanto, assieme all’art. 49 Tue, esso reca i presupposti fondamentali per l’appartenenza all’Unione europea, e non solamente con riguardo alla sostenibilità dell’economia di mercato o alla capacità economica. L’espressione «valore» ne sottolinea il carattere di punto di chiusura Abschlussfigur, di ragione ultima, l’inaggirabilità 89. Con l’art. 2 tutti gli Stati membri fanno un’affermazione fondamentale riguardo a chi sono e come si schierano, qual è la logica sottesa alle loro pratiche istituzionali e quali le convinzioni morali dei loro cittadini, qual è l’Europa organizzata dall’Unione. In breve: l’art. 2 positivizza la concezione dell’Unione in quanto comunità basata sui valori liberal-democratici. Tutto il diritto è subordinato a ciò.

La prassi giuridica europea lo comprende sempre di più. In una serie di decisioni dirompenti, in particolare attraverso il parere n. 2/13 90, così come con le sentenze Asjp 91, Achmea 92, L.M. 93, Commissione v. Polonia 94e Wightman 95, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha messo da parte la logica funzionale del diritto dell’Unione seguita sino a quel momento, la razionalità dell’effet utile, e una logica assiologica. Per la Corte, l’Unione europea si concretizza sempre più in una vera «comunità di valori», non da ultimo, per difenderne i fondamenti rispetto a sviluppi autoritari 96. Oggi l’art. 2 Tue è molto più di estetica costituzionale 97, di kitsch costituzionale 98, o di mero pathos 99. Qui si decide forse il futuro del progetto europeo 100.

Se si accoglie la concezione schmittiana si deve supporre l’esistenza di una facciata che vela i reali rapporti di forza. L’art. 2 postula una volontà legislativa europea, la quale, secondo Schmitt, in mancanza di uno stato europeo, non può esistere: è con questa riflessione che inizia il testo 101. Il fatto che oggi l’assetto del diritto costituzionale nello spazio giuridico europeo venga indicato come pluralismo costituzionale 102, seguendo il pensiero schmittiano dovrebbe essere una contradictio in adiecto, una terminologia che nasconde interessi di tipo egemonico.

Ma proprio qui si rinviene l’assetto fondamentale del diritto europeo e della sua scienza: un insieme di principi costituzionali comuni, e al contempo una pluralità che viene tutelata, che impedisce la formazione di uno Stato; repubbliche e monarchie, sistemi parlamentari e semipresidenziali, parlamenti forti e deboli, democrazie basate sulla competizione e sulla concordanza, quelle con strutture partitiche forti e quelle con strutture deboli, ordinamenti unitari e federali, tribunali costituzionali forti, deboli o mancanti, livelli di autoorganizzazione della giustizia estremamente diversi e rilevanti differenze con riguardo al contenuto e all’intensità della tutela dei diritti fondamentali, tradizioni costituzionali non da ultimo ottomane, cattoliche, laiche, protestanti, anarcosindacaliste, socialiste, della società civile, postcoloniali o statualiste. Le concezioni unitarie di Schmitt non sono compatibili con tutto questo. Non si può costruire un diritto europeo con Schmitt, lo si potrebbe fare ottimamente contro di lui.

3.4. La scienza del diritto pubblico europeo come katéchon? — In base all’art. 2 Tue la scienza giuridica europea si basa su fondamenta di diritto pubblico, non di diritto privato. La forma del mondo sociale, e di conseguenza un re-embedding del mercato finanziario europeo, è un compito che spetta al processo collettivo e democratico. A questo proposito, particolari aspettative sono riposte nei confronti del «diritto pubblico europeo» 103. Di fatto il diritto europeo del Dopoguerra si sviluppa come un diritto regolativo, che ricomprende certamente diritto materialmente da deregolare 104.

Un diritto pubblico europeo è anzitutto un imagination della scienza giuridica, e l’espressione latina jus publicum europaeum è un’ulteriore invenzione concettuale di Carl Schmitt. Si tratta persino dell’innovazione concettuale di maggiore successo del suo scritto Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft. Che cosa questo significhi per Schmitt, egli lo spiega poco più tardi con il lavoro monografico Il nomos della terra nel diritto internazionale dello «jus publicum europaeum»: una potente opera di civilizzazione, dovuta alla furbizia degli uomini di Stato europei, filosofi e giuristi, schiacciata dall’egemonia americana. Il rilievo che questa espressione ha assunto al giorno d’oggi si deve a questo libro: è divenuta quasi patrimonio comune della scienza giuridica 105. Essa viene utilizzata con diversi significati, soprattutto quello di un diritto transnazionale eurocentrico 106.

Anche questa concettualizzazione di Schmitt appare nuovamente sia anacronistica che attuale. Il concetto è anacronistico finanche nell’esposizione che ne dà lo stesso Schmitt, giacché egli lo utilizza per indicare un fenomeno giuridico del passato, appunto il tramontato diritto internazionale eurocentrico e gli ordinamenti costituzionali degli Stati europei ad esso congeniali che lo alimentavano 107.

Il tramonto di questo ordine per Schmitt è motivo di grande sconforto e costituisce un segno, se non già la causa, del disordine del mondo. Lo jus publicum europaeum di Schmitt, al contempo, è anacronistico per il suo contenuto, soprattutto tenuto conto della percezione che la Germania attualmente ha di sé, nella misura in cui esso rifiuta la criminalizzazione dei reati di guerra tedeschi e l’ordine internazionale post-bellico.

Nel complesso, l’ordine che Schmitt connota con l’espressione jus publicum europaeum, sotto quasi tutti i punti di vista, è diametralmente all’opposto dell’idea di ordine disciplinata dal Trattato sull’Unione europea per il diritto europeo odierno. Oggi il diritto pubblico europeo comune non è un diritto strettamente intrastatale e ancorato alla sovranità, ma apre gli Stati membri nei confronti di istituzioni sovranazionali e di altri Stati membri. Si colloca al di sotto e dietro l’ordinamento universale del diritto internazionale. E naturalmente persegue proprio in senso costitutivo l’idea di una «pace perpetua», perlomeno nello spazio giuridico europeo.

Non di meno, il testo di Schmitt apre un proficuo angolo di visuale sul diritto pubblico europeo odierno. Il nuovo diritto pubblico europeo, che allora si delineava all’orizzonte e che oggi si è realizzato, riproduce qualcosa che Schmitt nel vecchio Jus Publicum Europaeum ha valutato e colto in maniera pregnante: un chiaro radicamento geografico, una particolare comunità di Stati, criteri di accoglimento che dipendono dalla concezione dominante della statualità europea, un comune fondamento assiologico e, non da ultimo, strutture di diritto costituzionale comparabili 108.

In base a questi elementi il concetto acquisisce attualità. Esso ha acquistato ulteriore forza di attrazione proprio nel momento in cui, dopo la caduta del Muro, il modello di ordine dell’Occidente è avanzato verso Est. Un precoce esempio del nuovo utilizzo dell’espressione si trova nel 1991 in un articolo nel quale Peter Häberle pone l’attenzione su un diritto costituzionale comune europeo nel senso di principi costituzionali e obiettivi dello Stato comuni 109. Non a caso, diversi progetti scientifici, che indagano tali strutture costituzionali comuni europee, recano questa denominazione, ad esempio la Societas Iuris Publici Europaei (Sipe) e il progetto Ius Publicum Europaeum (Ipe) 110.

Similmente, il concetto di spazio di Schmitt, sotteso al suo concetto di Europa, risulta anacronistico e attuale allo stesso tempo. Da un lato, esso è basato sul concetto oscuro di accaparramento delle terre ed era funzionale ad un ordinamento imperialistico dei grandi spazi, sviluppato, tra l’altro, nello scritto L’ordinamento dei grandi spazi nel diritto internazionale (Völkerrechtliche Großraumordnung) 111. Ma vi sono dei parallelismi concettuali e forse persino dei collegamenti tra il pensiero tedesco dei grandi spazi e l’integrazione europea, che formano un utile sfondo critico 112.

Sul piano del diritto positivo è ancora più importante il fatto che gli estensori dei Trattati europei abbiano fatto sì che il pensiero di Schmitt sullo spazio acquistasse attualità: essi utilizzano il concetto di spazio per determinare la forma dell’Europa. Il pensiero che l’ordinamento europeo debba essere pensato nello spazio, con confini e finanche come territorio, negli ultimi anni ha acquistato un’enorme forza di attrazione e costituisce una delle chiavi per delineare i connotati dell’Europa odierna 113. L’elaborazione di questo pensiero da parte della scienza giuridica può progredire attraverso un confronto con la concettualizzazione di Schmitt 114. Non da ultimo, lavorare con Schmitt aiuta a tenere sott’occhio l’ambivalenza delle concettualizzazioni giuridiche.

L’internazionalista svizzero Paul Guggenheim già nel 1954 aveva descritto in maniera articolata e lungimirante i problemi dello jus publicum europaeum di Schmitt e al contempo il potenziale di un diritto pubblico europeo all’insegna dell’integrazione europea 115. Egli etichetta lo jus publicum europaeum, «per quanto attiene al suo contenuto materiale», come una «motivazione ideologica sottesa a numerose norme giuridiche del diritto internazionale generale». Certo Carl Schmitt non viene menzionato — lo stesso fece anche Mosler —, ma si tratta con ogni evidenza di una sorta di risposta al suo Nomos. Guggenheim riconduce a questo rifiuto la prognosi secondo cui la neonata Comunità europea per il carbone e per l’acciaio avrebbe potuto condurre ad un vero Jus Publicum Europaeum, collocato tra il diritto internazionale universale e gli ordinamenti statali dell’Europa. La frase conclusiva di Guggeheim identifica in modo profetico il potenziale trasformativo di questo diritto pubblico europeo: «Sarebbe non poco ironico se nel corso della storia mondiale, lo stato sovrano di derivazione europea, che ancora oggi si configura come il fattore più importante nella struttura politica della comunità del diritto internazionale, fosse soggetto ad una trasformazione a seguito dello sviluppo dello Jus Publicum Europaeum» 116.

Il carattere trasformativo del diritto pubblico europeo oggi è comunemente riconosciuto 117. Aldo Sandulli intende utilizzare questa forza trasformativa, come descritto sopra, ricollegandosi al tema schmittiano del capitalismo scatenato, per un ulteriore compito trasformativo: quello di un re-embedding del mercato finanziario europeo 118. Sandulli ne individua già accenni nel diritto pubblico europeo attuale, in particolare nel diritto amministrativo europeo. Quest’ultimo viene presentato da Sandulli come una costruzione della scienza giuridica, realizzata soprattutto in Germania 119. Sandulli osserva che essa è recepita in tutta Europa ed è efficace: le strutture ordinatorie fondate sui principi di diritto costituzionale, elaborate scientificamente, esercitano un concreto potere performativo rispetto alla volontà regolativa della politica. Sandulli considera i lavori di Eberhard Schmidt-Aßmann come l’espressione più significativa di questa ricerca, sebbene sia Paul Craig ad aver scritto il libro con la più ampia recezione 120.

Tuttavia a Sandulli l’idea di ordinamento di Schmidt-Aßmann appare troppo innocua per il mercato finanziario europeo. Per affrontarlo la scienza del diritto pubblico europeo deve aprirsi ulteriormente ed assumere un orientamento più spiccatamente multidisciplinare. Essa deve ricondurre ad una sintesi le razionalità unilaterali delle altre scienze per il tramite del diritto e alla luce dei diritti fondamentali 121. La scienza giuridica deve accogliere visioni e imperativi che sono formulati soprattutto dalle scienze dell’economia, ma deve anche rielaborarli alla luce dei diritti fondamentali, dei principi costituzionali e delle conoscenze di altre scienze in maniera tale da promuovere il bene comune, e pertanto l’integrazione sociale. Proprio come con Schmitt, la scienza giuridica qui contiene l’istituzionalizzazione primaria della ragione sociale, Sandulli le attribuisce persino un primato rispetto alle altre scienze («interdisciplinarietà a primazia giuridica» 122).

Questo posizionamento della scienza giuridica europea contro i mercati globali evoca un argomento schmittiano con il katéchon: «Freno […] nel percorso verso una totale funzionalizzazione», e più precisamente attraverso «un sistema di mediazioni» 123. Sandulli evita comunque questa terminologia apocalittica. Forse proprio per questo egli può assegnare alla scienza giuridica, in quanto «sistema di mediazioni», un ruolo costruttivo, che va oltre rispetto a Schmitt: le «mediazioni» sviluppate dalla scienza giuridica in quanto diritto dei giuristi devono assumere un ruolo nomopoietico, similmente a quanto avviene per la legislazione e per i precedenti giudiziari 124.

Un ruolo davvero nomopoietico sarebbe difficilmente compatibile con il principio democratico e rafforzerebbe i timori nei confronti di una corporazione di giuristi troppo potente. La scienza giuridica, in quanto parte di uno spazio pubblico democratico, può tuttavia svolgere un ruolo attraverso un legittimo potere comunicativo. Ciò richiede che essa sappia presentare i suoi costrutti nello spazio pubblico e influenzare la percezione che la società ha di sé stessa. Considerando il modo pervasivo in cui la società europea postulata dall’art. 2 Tue percepisce sé stessa, le proprie sfide e le proprie istituzioni, si tratta di un ambito di azione sfidante.

L’alienazione dei cittadini europei dalle istituzioni europee richiede scritti giuridici che ripensino il loro tempo e che sappiano trasmettere ai contemporanei. La tradizione occidentale, che consiste nello spiegare sia il politico che il sociale attraverso le categorie giuridiche, è vitale, e scritti di questo genere alimentano il prestigio sociale e la legittimità della disciplina. Per un programma di questo tipo Schmitt, che probabilmente è il più efficace giurista del ventesimo secolo, è un punto di riferimento. Non è un caso che egli abbia ispirato due straordinari grandi progetti della Repubblica di Bonn, i quali dettano dei parametri in questa prospettiva: l’Historisches Wörterbuch der Philosophie e ancor di più i Geschichtliche Grundbegriffe 125.

4.1. Il costruttivismo dogmatico di Schmitt, Bumke e Schmidt-Aßmann. — C’è bisogno di una scienza giuridica critica e al contempo costruttiva. L’impostazione critica potrebbe scaturire da due orientamenti opposti. In Schmitt l’impeto critico proviene dall’«ordinamento concreto»: strutture sociali tradizionali, non di rado di stampo autoritario, costituiscono il metro della sua critica nei confronti dello sviluppo del diritto positivo, che è concepita come una critica interna al diritto 126. Per attenuare la spinta innovativa Schmitt raccomanda uno «sviluppo non intenzionale» 127, che freni quanto più possibile l’ambizione innovativa, in ossequio ad una concezione conservatrice dell’ordinamento 128. Non è difficile ricavare dallo scritto di Schmitt un progetto con cui una scienza giuridica autonoma e conservatrice alimenta una giustizia autonoma e conservatrice, la quale si colloca sul percorso della politica riformista. È la tradizione delle istituzioni che conferisce all’ordinamento sociale la vera legittimità 129.

Riguardo al rifiuto di questo conservatorismo è necessario non lasciarsi sfuggire il reale spirito dell’operazione: la conquista di una dimensione interna critica. Quest’ultima non è affatto necessariamente conservatrice, piuttosto è caratteristica della buona scienza giuridica. Questo orienta la teoria critica in una direzione decisamente progressista 130: la critica può essere ricavata anche dalle promesse costituzionali non mantenute del costituzionalismo liberale 131. Quale che sia l’orientamento politico, un’impostazione critico-ricostruttiva è la comune soluzione metodologica.

Ciò conduce alla domanda relativa a quale programma metodologico occorra utilizzare per portare avanti questa argomentazione critico-ricostruttiva e quale raccomandazione se ne possa ricavare per la scienza giuridica europea. Nel testo su La condizione Schmitt pone l’accento sull’autonomia in quanto criterio guida per la metodologia. Cosa ciò stia a significare, egli non lo spiega. I suoi pochi abbozzi fanno riferimento ad una concezione piuttosto formalista, finanche dogmatica: un lavorare all’«unità e coerenza del diritto» 132, all’«attenzione per la logica e per la coerenza dei concetti e delle istituzioni» 133. Questo approccio sembra confermare la concezione tradizionale del lavoro dogmatico, che è quella portata avanti proprio in Germania 134.

Tutto ciò costituisce ancora una raccomandazione, soprattutto per la scienza giuridica europea? La più importante istituzione per l’europeizzazione della scienza giuridica nazionale, il Consiglio europeo per la ricerca, sembra diffondere un programma che va in senso contrario: l’interdisciplinarietà appare come una shibboleth della buona ricerca 135. Molti considerano superata la dogmatica giuridica. Sandulli, in particolare, considera estremamente pericoloso l’attuale «neocostruttivismo, neodogmatismo e astrattismo dei concetti» tedesco, poiché lo fa derivare dallo spirito che ha condotto a due guerre mondiali 136. Non di rado il pensiero dogmatico viene accusato di perseguire un progetto autoritario 137.

È vero che i contenuti autoritari racchiusi in alcune figure dogmatiche vengono contrapposti alle istanze di democratizzazione. In questo senso si comprende proprio una delle più note massime di diritto pubblico: «il diritto costituzionale passa, il diritto amministrativo resta» di Otto Mayer che risale al 1924 138. Essa si schiera in favore delle forze resilienti dello Stato sovrano in contrapposizione ad uno sviluppo liberal-democratico del diritto pubblico.

Tuttavia, la dogmatica del diritto pubblico non segue necessariamente questa impostazione. La scienza del diritto amministrativo nasce nel diciannovesimo secolo con un’impostazione emancipatrice 139. Ciò che conta al di là dell’orientamento politico, Schmitt lo spiega ne La condizione a chiare lettere: «La condizione della scienza giuridica europea è […] sempre stata determinata da un doppio contrasto: la teologia, la metafisica e la filosofia, da un lato, e la mera normalizzazione tecnica dall’altro» 140. In epoca più recente emerge inoltre la necessità di distinguerla dalle altre scienze sociali 141. A seconda che la scienza giuridica prenda l’una o l’altra direzione, «essa avrà uno sbocco in altre facoltà, vanificando il risultato di mezzo millennio» 142.

In questo modo cosa si difende e cosa si sostiene? Si tratta dello strutturarsi del diritto per mezzo di concetti autonomi. Si trascende il materiale del diritto positivo predisposto autoritativamente, ma non lo si fa attraverso riflessioni di natura politica, storica, sociologica, economica o filosofica, bensì per mezzo di concetti che strutturano, come quelli di Stato, sovranità, pubblico e privato, oppure, con specifico riguardo allo spazio giuridico europeo, primazia, efficacia diretta, comunità di diritto, confederazione, identità, competenza, ovvero deficit sistemico. Anche se i concetti spesso derivano da altri contesti scientifici 143, essi sono configurati come «specificamente giuridici», e pertanto come concetti autonomi, il cui utilizzo conseguentemente è rimesso solamente alla competenza della scienza giuridica. Astrazione, creazione di concetti e un arrangement atto a strutturare una vasta quantità di materiale, divengono competenze fondamentali della scienza giuridica 144.

Attraverso la formazione di concetti adeguati, la scienza giuridica si ricava uno spazio autonomo per l’argomentazione che si configura, al contempo, come uno spazio intermedio tra le prescrizioni normative ricavate dalla teoria politica, dalla filosofia, o della teologia, da un lato, e le disposizioni giuridiche dettate direttamente dalla politica e dai giudici, unitamente alle conoscenze proprie delle scienze sociali, dall’altro 145. La legittimazione funzionale della disciplina deriva dalla competenza specifica della stessa riguardo a questi concetti e a queste strutturazioni, grazie alla sottesa premessa, in base alla quale solamente una materia giuridica pervasa di concetti, vale a dire razionalizzata, è in grado fornire prestazioni adeguate per l’ordine sociale 146. Karl Barth ha formulato questa idea con riguardo alla teologia: «la dogmatica, in quanto disciplina teologica, è la chiesa di Cristo nell’atto di esaminare sé stessa scientificamente con riguardo al contenuto del discorso di Dio che le è peculiare» 147.

Certo, la scienza giuridica può riuscire in questo solamente se essa riesce a condizionare la prassi giuridica. Tuttavia, persino in Francia non avviene esattamente questo 148: giudici e consiglieri di Stato hanno poco tempo per i contributi scientifici. La Corte di giustizia dell’Unione europea si mostra più aperta, come dimostra il rinvio alle note degli accademici a commento delle sue pronunce 149. E non è solo il suo attuale Presidente a cercare un dialogo con la scienza: gli organi europei promuovono da tempo una scienza giuridica europea, con cui essi propugnano una visione, ad esempio nell’ambito della Fédération Internationale pour le Droit Européen. Molti alti funzionari e giudici hanno una produzione scientifica. Inoltre, dallo scritto di Schmitt si può ricavare un invito a non rinunciare ad una forma della ragione sociale solo per l’ostinazione delle istituzioni pubbliche ovvero per la contrarietà ad uno spazio giuridico frammentato.

Naturalmente oggi la concezione criptoidealistica della dogmatica tradizionale non tiene più. In passato «il» sistema e la creazione dei concetti della scienza giuridica erano intesi come intrinseci al diritto, mentre oggi li si considera quali strumenti atti ad ordinare e ad implementare il diritto. Si è anche restii ad esprimere un’opinione riguardo all’importanza di un sistema e dei concetti della scienza giuridica nel diritto vigente, riguardo a quanta autorità essi riescano ad esprimere, a quanto una certa argomentazione sia stringente 150. Lo scritto di Schmitt in questo senso è particolarmente illuminante: il sistema appare più come un’idea regolativa che come una asserzione ontologica. Il vero compito e la dignità della scienza giuridica per Schmitt consistono nel «cercare di preservare» la «unità perduta e la coerenza del diritto» 151. Christian Bumke analogamente descrive «il pensiero dell’ordine, la pretesa di giustizia e la funzionalità giuridica» del diritto «come un ordine in gran parte autoreferenziale» 152. Questo lavoro può essere fatto in forme assolutamente diverse. Esagerando, si può affermare che la Germania si basa sul commentario, l’Italia sull’enciclopedia, la Francia sul commentaire d‘arrêt 153. E si tratta di un eterno processo, che toglie terreno ad ogni pretesa autoritativa basata su argomentazioni sistematiche di tipo dogmatico.

Questo lavoro di tipo dogmatico ha un senso, e persino una dignità, non solo per Schmitt. Così il diritto può essere studiato, applicato, controllato, anche da parte di servitori del diritto mediamente dotati. Il pensiero dogmatico non serve solamente per comprendere e per ordinare, ma può essere anche costruttivo e può fare spazio a nuove possibilità 154. La scienza giuridica francese ha creato la bella espressione della cathédrale juridique 155. «Costruttivismo dogmatico»: questa potrebbe essere una corretta denominazione per questa scienza giuridica creativa 156. Molti istituti giuridici del diritto pubblico sono creazioni della scienza giuridica. Eberhard Schmidt-Aßmann e Christian Bumke hanno recentemente scandito in maniera pregnante come possa intendersi e come possa essere messo in opera un siffatto costruttivismo dogmatico 157. Robert Post afferma che questo ruolo centrale che viene assegnato al pensiero dogmatico vale a fondare un’identità che si contrappone alla scienza giuridica statunitense, nell’ambito della quale un ruolo fondamentale spetta invece alla corrente della Economic o Policy Analysis, che sul piano metodologico ha un orientamento esattamente contrario 158.

Schmitt sottolinea l’autonomia della scienza giuridica e attribuisce alla dogmatica un ruolo che quasi segna la storia mondiale, che potrebbe sorprendere molti dogmatici. Ciò nonostante egli sicuramente non è esponente di un dogmatismo ottuso o rigido. Già il suo concetto di «ordinamento concreto» implica un’apertura della scienza giuridica, anche del lavoro propriamente dogmatico, nei confronti della logica della fattispecie 159. Secondo la sua concezione della dogmatica, nel pensiero dogmatico vengono in rilievo nozioni di altre scienze 160. La dogmatica potrebbe talvolta degenerare in formalismo acritico, ovvero in una stretta aderenza al testo, ma non va identificata con questo.

Al giorno d’oggi questa apertura appare appropriata persino quando ci si ponga dal punto di vista interno della dogmatica, giacché il paradigma cognitivo tradizionale dell’interpretazione e dell’attuazione del diritto risulta difficilmente sostenibile 161. Inoltre, le costruzioni dogmatiche di regola hanno un contenuto normativo a sé stante al di là delle fonti del diritto alle quali rinviano. Esse si basano su visioni del mondo, concezioni della morale e assunti circa la possibilità di un ordinamento sociale e le sue condizioni, che riflettono anche il lavoro dogmatico. Beninteso, questa apertura non mette in discussione né la possibilità, né la necessità di un lavoro di ricerca autonomo della scienza giuridica, perlomeno per la maggioranza degli scienziati dell’Europa continentale. Schmitt fissa questo concetto ne La condizione in termini iperbolici, giacché egli presenta la scienza giuridica autonoma come ultimo rifugio della razionalità dell’Occidente 162.

4.2. Imparare dalla ricerca non dogmatica di Schmitt. — Certo la scienza giuridica muove dalla dogmatica giuridica. In questo senso, la scienza giuridica non dogmatica è proprio un marchio di fabbrica di Schmitt. Egli propone un pensiero libero, che dialoga con molte scienze e che si presta a collegamenti, come dimostra la sua singolare recezione nell’ambito di altre scienze. Occorre sottolineare che egli al riguardo si qualifica di regola come un giurista e qualifica i suoi scritti come giuridici 163. Anche La condizione di Schmitt è un testo spiccatamente giuridico, tuttavia non dogmatico. Si tratta di una misurazione, della formulazione del concetto di «scienza giuridica europea». Il programma ivi contenuto evoca il programma ne Il concetto del politico, che è qui così descritto: occorre «segnare una cornice entro cui collocare certe questioni della scienza giuridica, al fine di ordinare una tematica confusa e tracciare una topica dei suoi concetti» 164.

La scienza giuridica ha un suo proprium anche al di là della dogmatica giuridica? Essa rappresenta una specifica forma di razionalità 165? Ne La condizione di Schmitt questa specifica questione ha due facce: si tratta di valutare, da un lato, la razionalità della creazione di un concetto quale quello della scienza giuridica europea, dall’altro, quale significato abbia per la ricerca il postulato di Schmitt dell’autonomia della scienza giuridica posto che oggi se ne raccomanda tanto l’interdisciplinarietà.

In entrambi i casi, la risposta è che occorre valutarne la fecondità sul piano pratico nell’ambito dei discorsi giuridici. In questa maniera si conferma il postulato dell’autonomia della scienza giuridica, e lo si rafforza persino.

Anzitutto, sull’interdisciplinarietà: essa ha una posizione centrale anche per lo svolgimento del compito assegnato da Sandulli, di coprire il mercato finanziario europeo utilizzando modelli ordinatori autonomi propri della scienza giuridica. Quest’ultima non può svolgere tale compito in maniera convincente utilizzando solamente il common sense giuridico, ma occorre richiamare nozioni proprie di altre scienze; l’interdisciplinarietà è un imperativo 166. Ma è anche necessario che la ricerca scientifica giuridica si assoggetti alla specifica disciplina che genera tali nozioni 167? Di fatto alcuni considerano la scienza giuridica come uno specifico ambito di ricerca nel più vasto campo delle scienze sociali 168. La condizione di Schmitt va nella direzione opposta: l’interdisciplinarietà, quando riesce, presuppone l’autonomia della scienza giuridica. Lo stesso vale per Sandulli, il quale postula una primazia della scienza giuridica. Torna alla mente la visione della teoria dei sistemi, che presuppone un incremento dell’autonomia.

Che cosa significa questo concretamente? Sia Schmitt che Sandulli in quanto giuristi integrano conoscenze proprie di altre scienze nel lavoro che essi concepiscono come un lavoro «giuridico». Essi reclamano in questo modo uno spazio «interno» alla scienza giuridica, uno spazio interdisciplinare, dove essi praticano l’interdisciplinarietà. In quanto accademici, giuristi per formazione, per appartenenza istituzionale e identità, essi attingono dai temi di ricerca, dai metodi e dalle nozioni di altre discipline secondo la logica dei loro compiti e interessi giuridici: dalla scienza storica, dalla storia delle idee politiche e della filosofia, dall’economia, dalla sociologia, dalla scienza politica, dalla teologia. Tale ricerca non elimina i confini disciplinari, ma si compiace spesso di essere transfrontaliera; Schmitt costituisce un esempio illuminante, che è anche accecante però, e pertanto pericoloso. Jannis Lennartz titola efficacemente Scheggia di granata giuridica (Juristische Granatsplitter). 169

La localizzazione intradisciplinare è espressione dell’autonomia della scienza giuridica ed è di fondamentale significato. Anzitutto in questa maniera alcune questioni proprie al diritto — questioni che attengono alla produzione giuridica, all’applicazione del diritto, alla costruzione della dogmatica giuridica o della critica del diritto, nonché, come ne La condizione, questioni che riguardano la concezione che la scienza ha di sé stessa — guidano l’interazione con altre discipline e la recezione delle relative conoscenze. Giacché tali questioni sono distanti da altri ambiti disciplinari, le risposte richiedono un approccio specifico della materia. E anche con riguardo agli elementi interdisciplinari, la formulazione e il controllo dei parametri della buona scienza è primariamente nelle mani di altri scienziati del diritto 170.

La politica degli incentivi del Consiglio europeo della ricerca, di contro, spinge la scienza giuridica verso questioni, metodi e parametri propri di altre materie 171. Certamente la ricerca scientifica che si impegni nell’interdisciplinarietà appare problematica se vista dalla prospettiva di una specifica disciplina. Infatti, è raro che un giurista riesca a rielaborare lo stato attuale delle conoscenze delle altre scienze con riguardo ad una specifica questione, e tanto meno che riesca a spingersi e a valutare in profondità. Si prenda ad esempio l’interdisciplinarietà che Sandulli ha in mente: come può un giurista cogliere pienamente lo stato della ricerca sui mercati finanziari? La recezione spesso avviene con sincretismo, eclettismo o riduzionismo. Ricordo diverse situazioni imbarazzanti, dove un giurista ostentava orgogliosamente certe conoscenze, per poi essere graziosamente istruito da un esponente della materia in questione circa la reale complessità dello stato attuale della ricerca.

E tuttavia questo procedere in maniera sincretistica, eclettica o riduzionistica può essere inteso come buona scienza giuridica. Di più: muoversi più liberamente può essere inteso come una carta vincente che consente ad un giurista di rielaborare in maniera fruttuosa nozioni proprie di altre scienze alla luce di un proprio tema di ricerca 172. La libertà della scienza giuridica non significa che manchino dei parametri: i parametri fondamentali includono un dato collegamento ai risultati della ricerca sul punto, correttamente intesi, la sostenibilità dell’impianto argomentativo e dei singoli argomenti, l’intrinseca coerenza, la capacità di confrontarsi con altri testi, soprattutto con le tesi divergenti, la precisione e l’utilizzo di materiale giuridico pertinente nell’esposizione 173. Se questi criteri vengono intesi utilizzando i concetti della teoria della verità, ne deriva una concezione sincretistica della verità, che combina elementi delle teorie della verità che attengono alla corrispondenza, alla coerenza e al consenso 174.

Un criterio particolarmente importante per valutare un testo non dogmatico è dato dal suo potenziale per la scienza giuridica dogmatica: contributi non dogmatici acquistano veridicità se essi servono a supportare ricostruzioni dogmatiche, che dal canto loro vengono messe alla prova nella selva del diritto positivo e delle sue operazioni, inclusa la politica del diritto ovvero la critica del diritto 175. In questo modo la ricerca non dogmatica mostra un parallelismo con i processi cognitivi nell’ambito delle scienze naturali, laddove all’inizio può esserci un teorema speculativo che deve essere verificato attraverso una ricerca empirica metodologicamente corretta.

La libertà del lavoro non dogmatico paga il prezzo di rimanere dipendente da altri procedimenti argomentativi giuridici. Lo status epistemico di un contributo scientifico di tal fatta è piuttosto quello di una ipotesi, il cui valore dovrà essere verificato nei discorsi giuridici concreti. Pertanto, la scienza giuridica non dogmatica da sola riesce a rischiarare la selva della normatività giuridica molto limitatamente.

Se ci si affida solamente ad essa quando si affronta il diritto, si perde facilmente la retta via e ci si impiglia in una sterpaglia di teorie cieche, di lessici ideologici ovvero di speculazioni traballanti.

Un ragionamento simile vale per la formazione dei concetti della scienza giuridica, che è la vera forza di Schmitt. Il diritto è un costrutto sociale, così che la terminologia giuridica assume una funzione quasi ontologica. I concetti giuridici sono parole che non stanno solo ad indicare qualcosa, ma creano al contempo un insieme di significati e creano conoscenza 176. Spesso essi condizionano le modalità di lavoro dei giuristi, i loro rapporti giuridici, con sé stessi e col mondo. Se il concetto di «scienza giuridica europea» di Schmitt si fosse imposto sin dagli anni Cinquanta quale orizzonte di riferimento per la produzione e per l’identità giuridica, i silos della scienza giuridica nazionale, che a tutt’oggi caratterizzano il paesaggio della ricerca giuridica, difficilmente avrebbero resistito 177.

La concettualizzazione giuridica alla fine deve riuscire ad imporsi nella prassi giuridica, al pari della interdisciplinarietà della scienza giuridica. La concettualizzazione iperbolica di Schmitt, come si è detto, non c’è riuscita. Anche a questo riguardo il fallimento di Schmitt è istruttivo. Diversamente da quanto affermato sin dalla prima pagina de La condizione di Schmitt, una scienza giuridica europea abbisogna comunque di una volontà politica europea e di un legislatore europeo. Se si considera la vitalità odierna di questa volontà europea e le spumeggianti fonti del diritto europeo, il suo petitum, che consiste in una scienza giuridica europea autonoma, alla fin fine è un imperativo del presente.

5. Egemonia tedesca?La condizione della scienza giuridica europea di Schmitt offre parallelismi inquietanti con il suo scritto di quattordici anni prima, apertamente nazionalsocialista, La condizione spirituale della scienza giuridica tedesca (Die geschichtliche Lage der deutschen Rechtswissenschaft) 178. Certamente nello scritto edito nel 1950 sulla scienza giuridica manca qualsiasi aperta legittimazione di un’istanza egemonica della Germania in Europa. Al contempo è palese che anche nel 1950 i «semi dello spirito» della scienza giuridica europea si devono alla scienza giuridica tedesca. Infatti, da un lato, Schmitt respinge il pensiero giuridico francese e quello inglese in quanto inadeguati 179; dall’altro, egli postula che soltanto due giuristi siano esemplificativi di una scienza giuridica europea intesa correttamente: esplicitamente, Savigny, e implicitamente, sé stesso, Schmitt.

In questa maniera l’europeismo di Schmitt si risolve da ultimo in un celato nazionalismo. Che l’europeismo possa essere una maschera per spinte egemoniche nazionali, è noto da tempo. Anche gli sforzi per una integrazione europea di tanto in tanto vengono considerati come un tentativo di imporre un grande spazio dominato dalla Francia 180o dalla Germania 181. Già de Gaulle intendeva le idee di Hallstein sulla Cee come espressione di una classica politica degli interessi tedeschi. Nel quadro della crisi finanziaria si sono moltiplicate le voci che sostengono la tesi di una egemonia tedesca, con intento analitico e persino normativo 182.

Lo spazio giuridico europeo odierno crea una cornice entro la quale possa realizzarsi l’intento di Schmitt? Questo quesito non è completamente campato per aria.

Giuristi non tedeschi danno conto di un’enorme autorevolezza del German legal mindset nell’ambito del lavoro giuridico nelle istituzioni europee, formatosi a partire dalla scienza giuridica tedesca. Il diritto professorale del Tribunale costituzionale federale condiziona i discorsi europei come nessun altro 183. Si ricordi, inoltre, che Sandulli considera il diritto amministrativo europeo soprattutto come un prodotto della scienza tedesca del diritto amministrativo 184.

La Germania sarebbe il Paese che più di ogni altro investe nella scienza giuridica. E, diversamente dall’Olanda e dal Regno Unito, limita l’utilizzo di tali risorse ai cittadini tedeschi. L’attesa di due esami di stato tedeschi per le professioni di professore getta delle ombre lunghe. La ricerca che viene svolta in Germania, persino quando affronta una prospettiva europea, spesso è profondamente permeata di tedesco e già solo per questo propaga posizioni e modelli di pensiero germanici. Non da ultimo, questo contributo ne è una dimostrazione: Christoph Schönberger ne descrive l’orientamento in quanto «nucleo incandescente del “German Approach”» 185. Tuttavia, in uno spazio giuridico dove la tutela dell’identità nazionale è un principio costituzionale, ciò non deve essere valutato come un’istanza egemonica, bensì semplicemente come una proposta legittima, seppure unilaterale, posta nella piazza europea delle idee 186.

Su questa piazza non c’è alcuna egemonia tedesca. Se ci si basa sul concetto di egemonia di Heinrich Triepel, quello che conta è la guida spirituale 187. Se si considerano le case editrici, le curatele e gli autori che pubblicano nelle principali riviste nelle mie materie (come Common Market Law Review, European Law Journal, European Journal of Constitutional Law, European Journal of International Law, Leiden Journal of International Law o International Journal of Constitutional Law), non si vede alcuna guida da parte della scienza giuridica tedesca, bensì degli orientamenti transnazionali che decidono.

Certo, vi sono due organi di pubblicazione che devono essere indentificati come tedeschi, cui va attribuito un ruolo preminente nell’intero spazio giuridico europeo: il German Law Journal e il Verfassungsblog. Tuttavia, l’idea e la prassi cui essi danno spazio sono quelli di una Germania europea, e non di una Europa tedesca.

Vi sono solamente pochi scritti che riescono a rendere l’idea e la prassi di questi organi di pubblicazione al pari della dura controluce creata da La condizione della scienza giuridica europea di Schmitt.

1 Per un’analisi di questa forza attrattiva, si v. J. Lennartz, Juristische Granatsplitter. Sprachen und Argument bei Carl Schmitt in Weimar, Tubinga, Mohr Siebeck, 2018. R. Mehring, Carl Schmitts Schrift “Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft”, in 77 Zeitschrift für ausländisches öffentliches Recht und Völkerrecht (2017), 853, offre una esaustiva collocazione storica ed esegetica del libro; questo contributo prende le mosse dalle considerazioni di Mehring. Si v. anche L. Garofalo, Carl Schmitt e la “Wissenschaft des römischen Rechts”. Saggio su un cantore della scienza giuridica europea, in Anuario de Facultade de Dereito da Universidade da Coruña (2007), 299.

2 Si cfr., per tutti, M. Barberis, Europa del diritto. Sull’identità giuridica europea, Bologna, il Mulino, 2008, 15 ss., 25: «raramente le caratteristiche della cultura giuridica europea […] sono state illustrate con tale chiarezza»; inoltre, A. Sandulli, Il ruolo del diritto in Europa. L’integrazione europea nella prospettiva del diritto amministrativo, Milano, Franco Angeli, 2018, 25; A. Carrino, Europa und das Recht. Kritische Anmerkungen zu (2002) Carl Schmitts “Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft”, in Staat und Recht. Festschrift für Günther Winkler, a cura di H. Haller et al., Vienna, Springer, 1997, 161 ss.; W.E. Scheuerman, Motorized Legislation? Statutes in an Age of Speed, in 88 Archiv für Rechts- und Sozialphilosophie (2002), 379; A. de Benoist, Carl Schmitt, Graz, Ares, 2010, 59 ss.

3 Si cfr. per tutti R. Mehring, Carl Schmitt. Aufstieg und Fall, Monaco, C.H. Beck, 2009, in particolare 200 ss.; J. Habermas, Der gespaltene Westen, Francoforte, Suhrkamp, 2004, 133 ss., 187 ss.; M. Koskenniemi, International Law as Political Theology: How to Read Nomos der Erde?, in 11 Constellations (2004), 492; R. Howse, Schmitt, Schmitteanism and contemporary International Legal Theory, in The Oxford Handbook of the Theory of International Law, a cura di A. Orford e F. Hoffmann, Oxford, Oxford University Press, 2016, 212 ss.

4 C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, Tubinga, Internationaler Universitäts, 1950, 21.

5 Ciò si ricollega a A. von Bogdandy, The past and promise of doctrinal constructivism: A strategy for responding to the challenges facing constitutional scholarship in Europe, in 7 International Journal of Constitutional Law (2009), 364; Id., Deutsche Rechtswissenschaft im europäischen Rechtsraum, in 66 JuristenZeitung (2011), 1; inoltre M. Kumm, On the past and future of European constitutional scholarship, in 7 International Journal of Constitutional Law (2009), 401 (410 ss.); A. Somek, The indelible science of law, in 7 International Journal of Constitutional Law (2009), 424 (431 ss.); M. Rosenfeld, Preface: The role of constitutional scholarship in comparative perspective: An exchange among Armin von Bogdandy, Robert Post, Mattias Kumm, and Alexander Somek, in 7 International Journal of Constitutional Law (2009), 361; R.C. Post, Constitutional scholarship in the United States, in 7 International Journal of Constitutional Law (2009), 416; E. Scoditti, La scienza giuridica e i signori del diritto, in Foro it., 2012, V, 241 ss.; R. Caponi, Diritto della scienza e scienza del diritto, in Foro it., 2012, V, 244 ss.; M. Granieri e R. Pardolesi, Ma i tre signori del diritto sono rimasti in due?, in Foro it., 2012, V, 247 ss.; G. Grasso, La scienza giuridica europea e le professioni legali: dalla conoscenza alla consapevolezza, in Foro it., 2012, V, 249 ss.; G. Napolitano, Sul futuro delle scienze del diritto pubblico: variazioni su una lezione tedesca in terra americana, in Riv. trim. dir. pubbl., 2010, 1 ss.

6 Più nel dettaglio, A. de Elera, The European Research Area: On the Way Towards a European Scientific Community?, in 12 European Law Journal (2006), 559; J.F. Lindner, Die Europäisierung des Wissenschaftsrechts, in 19 Wissenschaftsrecht (2009), 1 (7 ss.).

7 Si cfr. anzitutto la decisione della Commissione del 2 febbraio 2007, che istituisce il Consiglio europeo della ricerca, 2007/134/Ce, Gu (Ce) L 57/14 del 24 febbraio 2007, poi la decisione della Commissione del 12 dicembre 2013, che istituisce il Consiglio europeo della ricerca, Gu (Ce) C 373/23 del 20 dicembre 2013.

8 Si cfr. la decisione di esecuzione della Commissione del 17 dicembre 2013 che istituisce l’Agenzia esecutiva del Consiglio europeo della ricerca e abroga la decisione 2008/37/Ce (2013/779/Ue), Gu (Ue) L 346/58 del 20 dicembre 2013.

9 Conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo (Lisbona), 23 e 24 marzo 2000 (SN 100/1/00 REV 1), 5; Euv/Aeuv Das Verfassungsrecht der Europäischen Union mit Europäischer Grundrechtecharta. Kommentar, a cura di C. Calliess e M. Ruffert, Monaco, C.H. Beck, 2016, art. 179 Aeuv, par. 10.

10 C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit., 31.

11 C. Schmitt, op. cit., 28.

12 C. Schmitt, op. cit., 29.

13 M. Barberis, Europa del diritto. Sull’identità giuridica europea, cit., 10 ss.; Habermas, Discourse Theory and International Law, in esil-sedi.eu/wp-content/uploads/2018/04/2013InterviewHabermas.pdf, 4; A. Somek, The indelible science of law, cit.

14 C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit., 17.

15 C. Schmitt, op. cit., 18.

16 Ibidem.

17 C. Schmitt, op. cit., 21.

18 C. Schmitt, op. cit., 30.

19 Ibidem.

20 L.L. Fuller, The Morality of Law2, New Haven, Yale University Press, 1969, 33 ss.; al riguardo, J. Brunnée e S.J. Toope, Legitimacy and Legality in International Law. An Interactional Account, Cambridge, Cambridge University Press, 2010; sull’inclinazione giusnaturalistica di questa svolta, anche M. Stolleis, Carl Schmitt, in Staat und Recht, a cura di M.J. Sattler, Monaco, List, 1972, 123 ss.

21 J. Rückert, Autonomie des Rechts in rechtshistorischer Perspektive, Hannover, Heft, 1988, 78 ss.

22 C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit., 32.

23 Al riguardo, R. Mehring, Carl Schmitts Schrift “Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit.

24 Questa lagnanza non è particolarmente originale, come dimostra lo stesso Schmitt in una colta disamina di diritto comparato, C. Schmitt, Vergleichender Überblick über die neueste Entwicklung des Problems der gesetzgeberischen Ermächtigungen (Legislative Delegationen), in 6 Zeitschrift für ausländisches öffentliches Recht und Völkerrecht (1936), 252.

25 Si cfr. inoltre C. Schmitt, Die geschichtliche Struktur des heutigen Welten-Gegensatzes von Ost und West, in Freundschaftliche Begegnungen. Festschrift für Ernst Jünger zum 60. Geburtstag, a cura di A. Mohler, Francoforte, Klostermann, 1955, 135 ss.; nello stesso senso, D. Howland, Carl Schmitt’s Turn to Sovereignty in Jurisprudence, in 9 Beijing Law Review (2018), 211.

26 A. Sandulli, Il ruolo del diritto in Europa. L’integrazione europea nella prospettiva del diritto amministrativo, cit. Egli indica quale importante punto di riferimento il saggio di M. Goldmann, The Great Recurrence. Karl Polanyi and the crises of the European Union, in 23 European Law Journal (2017), 272.

27 Per questa nozione, J.G. Ruggie, International regimes, transactions, and change: embedded liberalism in the postwar economic order, in 36 International Organization (1982), 379.

28 In modo emblematico, The Economist, The New Nationalism, 19 novembre 2016.

29 Una ricostruzione dettagliata in A. Sandulli, Il ruolo del diritto in Europa. L’integrazione europea nella prospettiva del diritto amministrativo, cit., 59 ss. Si v. anche R. Ursi, Le stagioni dell’efficienza. I paradigmi giuridici della buona amministrazione, Rimini, Maggioli, 2016, 201 ss.; L. De Lucia, “Pastorato” e “disciplinamento” nella governance economica europea, in Dir. pubbl., 2016, 867 ss.

30 E.-W. Böckenförde, Wissenschaft, Politik, Verfassungsgericht, Francoforte, Suhrkamp, 2011, 299 (302).

31 A. Sandulli, Il ruolo del diritto in Europa. L’integrazione europea nella prospettiva del diritto amministrativo, cit., 188, 195.

32 R. Zimmermann, Europa und das römische Recht, in 202 Archiv für die civilistische Praxis (2002), 243.

33 Sul processo politico che ha condotto a tale Dichiarazione, L. van Middelaar, Vom Kontinent zur Union, Francoforte, Suhrkamp, 2016, 233 ss.

34  C. Schmitt, Die geschichtliche Struktur des heutigen Welten-Gegensatzes von Ost und West, cit., 135, 137.

35 Assume una valenza simbolica la trasformazione del teorico della razza, Hanno F. Konopath, che diviene il creatore della bandiera europea: al riguardo W. Mogge, “Wir lieben Balder, den Lichten…”, in Die völkisch-religiöse Bewegung im Nationalsozialismus, a cura di U. Puschner e C. Vollnhals, Gottinga, Vandenhoeck & Ruprecht, 2012, 45 ss.; M. Göldner, Politische Symbole der europäischen Integration, Berna, Peter Lang, 1988, 58 ss.; la paternità è controversa e viene rivendicata anche da Paul Lévy e Arsène Heitz.

36 Si cfr. la recezione della trattazione di H.P. Ipsens, Europäisches Gemeinschaftsrecht nell’articolo C. Schmitt, Politischer Mehrwert als Prämie auf juristische Legalität und Superlegalität, in 17 Der Staat (1978), 321, dove Schmitt considera possibile un’unità politica dell’Europa in ogni caso in quanto «prodotto secondario (per non dire, sottoprodotto) di una unità politica globale del nostro pianeta».

37 Nel testo è presente un argomento in favore di una scienza giuridica comune che significativamente non viene preso in considerazione da Schmitt: la comune minaccia nei confronti della sua autonomia, tutta nella logica del suo schema amico-nemico.

38 C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit., 7 ss.

39 C. Schmitt, op. cit., 9 ss.

40 Ibidem.

41 Ulteriori dettagli in J. Lennartz, Juristische Granatsplitter. Sprachen und Argument bei Carl Schmitt in Weimar, cit., 12.

42 C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit., 30.

43 Si cfr., ad es., F. Lange, Praxisorientierung und Gemeinschaftskonzeption. Hermann Mosler als Wegbereiter der westdeutschen Völkerrechtswissenschaft nach 1945, Berlino, Springer, 2017, 41 ss.

44 S. Cassese, in La conscience des droits. Mélange en l’honneur de Jean-Paul Costa, a cura di P. Titiun, Parigi, Dalloz, 2011, 113 ss.

45 Sulla dimensione del diritto globale si v., in particolare, S. Cassese, Il diritto globale. Giustizia e democrazia oltre lo Stato, Torino, Einaudi, 2009.

46 U. Kischel, Rechtsvergleichung, Monaco, C.H. Beck, 2015, 756 ss.

47 C. Rodriguez Garavito, Un nuevo mapa para el pensamiento jurídico latinoamericano, in El derecho en America Latina: una mapa para el pensiamento juridico del siglo XXI, a cura di C. Rodriguez Garavito, Madrid, Siglo XXI, 2011, 11 ss.; in ogni modo, le cose si mettono in moto, M. Riegner, Transformativer Konstitutionalismus und offene Staatlichkeit im regionalen Verfassungsvergleich mit Lateinamerika, in 67 Jahrbuch des öffentliches Rechts der Gegenwart (2019), 265.

48 A. Jakab, European Constitutional Language, Cambridge, Cambridge University Press, 2016, 83 ss.

49 D. Thym, Zustand und Zukunft der Europarechtswissenschaft in Deutschland, in 50 Europarecht (2015), 671; A. Hatje e P. Mankowski, “Nationale Unionsrechte” — Sprachgrenzen, Traditionsgrenzen, Systemgrenzen, Denkgrenzen, in 49 Europarecht (2014), 155; B. de Witte, European Union Law: A Unified Academic Discipline?, in Lawyering Europe: European Law as a Transnational Social Field, a cura di A. Vauchez e B. de Witte, Oxford-Portland, Hart, 2013, 101 ss.

50 C. Schmitt, Verfassungsrechtliche Aufsätze, Berlino, Dunker & Humblot, 1958, 427 ss.

51 A. Sandulli, Il ruolo del diritto in Europa. L’integrazione europea nella prospettiva del diritto amministrativo, cit., 193 ss.

52 Ibidem.

53 Così Helmut Coing ancora nel 1990 concepisce una scienza giuridica europea come un progetto avveniristico, H. Coing, Europäisierung der Rechtswissenschaft, in Neue Juristische Wochenschrift (1990), 937.

54 C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit., 8; Id., Der Nomos der Erde im Völkerrecht des Jus Publicum Europaeum, 1950, 182.

55 M. Koskenniemi, Between Coordination and Constitution: International Law as a German Discipline, in 15 Redescriptions: Yearbook of Political Thought, Conceptual History and Feminist Theory (2011), 45; M. Stolleis, Geschichte des öffentlichen Rechts in Deutschland, Monaco, C.H. Beck, 2012, 141 ss.; l’orientamento del Kaiser-Wilhelm-Institut für ausländisches Recht und Völkerrecht, come si evince dal nome, si fa portatore di questa tradizione.

56 H. Mosler, Begriff und Gegenstand des Europarechts, in 28 Zeitschrift für ausländisches öffentliches Recht und Völkerrecht (1968), 481; Id., European Law — Does it exist?, in 19 Current Legal Problems (1966), 168 ss.; le successive considerazioni si basano su A. von Bogdandy, Was ist Europarecht?, in 72 JuristenZeitung (2017), 589.

57 Sulla Fide A. Vauchez, The trasnational politics of juridicialization. Van Gend en Loos and the making of EU polity, in 16 European Law Journal (2010), 1.

58 L. van Middelaar, Vom Kontinent zur Union, cit., 107 ss.

59 H. Mosler, Begriff und Gegenstand des Europarechts, cit.

60 U.M. Gassner, Heinrich Triepel. Leben und Werk, Berlino, Duncker & Humblot, 1999, 146 ss. e 446 ss.

61 J. Habermas, in Idem, Philosophisch-politische Profile, Francoforte, Suhrkamp, 1981, 392 ss.

62 Sull’evoluzione e sullo stile di Mosler, F. Lange, Praxisorientierung und Gemeinschaftskonzeption. Hermann Mosler als Wegbereiter der westdeutschen Völkerrechtswissenschaft nach 1945, cit., 56 ss. e 120 ss.

63 Si tratta di una raccomandazione dello stesso Schmitt, R. Mehring, Carl Schmitts Schrift “Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit.

64 H. Kelsen, Reine Rechtslehre, Vienna, 1934, 129 ss.; Jessup, Transnational Law, New Haven, Yale University Press, 1956; B. Kingsbury, N. Krisch e R.B. Stewart, The Emergence of Global Administrative Law, in 2 Law and Contemporary Problems (2005), 15.

65 W. Jenks, The Common Law of Mankind, New York, Praeger, 1958.

66 S. Benhabib, Another Cosmopolitanism. Berkeley Tanner Lectures 2004, Oxford, Oxford University Press, 2006, 13 ss.

67 M. Delmas-Marty, Trois défis pour un droit mondial, Parigi, Seuil, 1998.

68 J. Habermas, Der gespaltene Westen, cit., 143 e 159 ss.

69 Sul loro programma, J.H.H. Weiler, The International Society of Public Law, in 12 International Journal of Constitutional Law (2014), 1 ss.

70 M. Wendel, Permeabilität im europäischen Verfassungsrecht, Tubinga, Mohr Siebeck, 2011.

71 I. Pernice, La Rete Europea di Costituzionalità Der Europäische Verfassungsverbund und die Netzwerktheorie, in 70 Zeitschrift für ausländisches öffentliches Recht und Völkerrecht (2010), 51.

72 Sui retroscena, L. Sólyom, The Constitutional Court of Hungary, in Constitutional Adjudication: Institutions, The Max Planck Handbooks in European Public Law, III, a cura di A. von Bogdandy, C. Grabenwarter e P.M. Huber, Oxford, Oxford University Press, 2020, 357 e 363.

73 Si v. per tutti, C. Grabenwarter, Die Kooperation der Verfassungsgerichte in Europa. Aktuelle Rahmenbedingungen und Perspektiven, 2014, 174 ss.

74 D. Burchardt, Die Rangfrage im europäischen Normenverbund, Tubinga, Mohr Siebeck, 2015.

75 Sul dibattito tedesco, F. Weber, Formen Europas. Rechtsdeutung, Sinnfrage und Narrativ im Rechtsdiskurs um die Gestalt der Europäischen Union, in 55 Der Staat (2016), 151.

76 Perlomeno in questo scritto, C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit., 10 ss.; sul rapporto ambiguo di Schmitt con il diritto romano, R. Mehring, Carl Schmitts Schrift “Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit.

77 M. Barberis, Europa del diritto. Sull’identità giuridica europea, cit., 29.

78 A. Schiavone, Ius. L’invenzione del diritto in Occidente, Torino, Einaudi, 2017.

79 T. Duve, Von der Europäischen Rechtsgeschichte zu einer Rechtsgeschichte Europas in globalhistorischer Perspektive, in 20 Rechtsgeschichte (2012), 18.

80 R. Zimmermann, Das römisch-kanonische ius commune als Grundlage europäischer Rechtseinheit, in JuristenZeitung (1992), 8 ss.

81 E.-J. Mestmäcker, Recht in der offenen Gesellschaft, Berlino, Nomos, 1993, 60 ss. Sullo sfondo vi è una concezione di F. Böhm, Privatrechtsgesellschaft und Marktwirtschaft, in 17 Ordo (1966), 75; al riguardo, C. Joerges, Die Wissenschaft vom Privatrecht und der Nationalstaat, Eui Working Paper Law No. 98/4, 106 ss.

82 R. Zimmermann, The Present State of European Private Law, in 57 American Journal of Comparative Law (2009), 479 ss.

83 R. Zimmermann, Europa und das römische Recht, cit.

84 Ibidem.

85 C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit., 13; sul ruolo attuale delle tradizioni costituzionali comuni, S. Cassese, The «Constitutional Traditions Common to the Member States» of the European Union, in Riv. trim. dir. pubbl., 2017, 939 ss.

86 C. Schmitt, Über die drei Arten des rechtswissenschaftlichen Denkens, 1934, 10.

87 P. Ridola, Diritto comparato e diritto costituzionale europeo, Torino, Giappichelli, 2010, 8 ss.; C. Pinelli, Alla ricerca dell’autenticità perduta, Napoli, Editoriale scientifica, 2017, 40 ss.; K. Riesenhuber (a cura di), Europäische Methodenlehre. Handbuch für Ausbildung und Praxis, Berlino, De Gruyter, 2015.

88 Difatti l’«unione» nelle versioni inglese o francese è scritta in minuscolo, e la versione tedesca utilizza l’articolo indeterminativo «una».

89 N. Luhmann, Gibt es in unserer Gesellschaft noch unverzichtbare Normen?, Heidelberg, C.H. Müller, 1993, 19; si cfr. anche J. Habermas, Faktizität und Geltung, Francoforte, Suhrkamp, 1992, 311 ss.

90 Cgue, parere 2/13 (Adhésion de l’Union à la Cedh), Ecli:Eu:C:2014:2454, par. 168.

91 Cgue, causa C-64/16 (Associação Sindical dos Juízes Portugueses), Ecli:Eu:C:2018:117, par. 30-32.

92 Cgue, causa C-284/16 (Achmea), Ecli:Eu:C:2018:158, Rn. 34.

93 Cgue, causa C-216/18 PPU (Minister for Justice and Equality), Ecli:Eu:C:2018:586, par. 35, 48, 50.

94 Cgue, causa C-619/18 (Commissione/Polonia), Ecli:Eu:C:2019:531, par. 42, 47,

95 Cgue, causa C-621/18 (Wightman), Ecli:Eu:C:2018:999, par. 62-63.

96 J. Martín y Perez de Nanclares, La Unión Europea como comunidad de valores: a vueltas con la crisis de la democracia y del Estado de Derecho, in 43 Teoría y Realidad Constitucional (2019), 121 ss.

97 J.H.H. Weiler, On the power of the World: Europe’s constitutional iconography, in 3 International Journal of Constitutional Law (2005), 173.

98 A. Kemmerer, Verfassungskitsch ist keine Lösung, in 7 Internationale Politik (2005), 36.

99 U. Haltern, Pathos and Patina: The Failure and Promise of Constitutionalism in the European Imagination, in 9 European Law Journal (2003), 14.

100 M. Bonelli, From a Community of Law to a Union of Values, in 13 European Constitutional Law Review (2017), 793; A. von Bogdandy, Tyrannei der Werte? Herausforderungen und Grundlagen einer europäischen Dogmatik systemischer Defizite, in 79 Zeitschrift für ausländisches öffentliches Recht und Völkerrecht (2019), 503.

101 C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit., 7; si cfr. anche Id., Politischer Mehrwert als Prämie auf juristische Legalität und Superlegalität, cit.

102 Si cfr. ad esempio M.P. Maduro, Contrapunctual Law: Europe’s Constitutional Pluralism in Action, in Sovereignty in Transition, a cura di N. Walker, Oxford-Portland, Hart, 2003, 501 ss.; D. Halberstam, Constitutional heterarchy: the centrality of conflict in the United States and Europe, in Ruling the World? Constitutionalism, International Law, and Global Governance, a cura di J.L. Dunoff e J. Trachtman, Cambridge, Cambridge University Press, 2009, 326.

103 L’attenzione ai profili di diritto pubblico non dovrebbe comunque trascurare di considerare le istanze del diritto d’impresa e del diritto privato in questo re-embedding, F. Möslein e A.C. Mittwoch, Der Europäische Aktionsplan zur Finanzierung nachhaltigen Wachstums, in 73 Wertpapier-Mitteilungen (2019), 481.

104 Sull’asimmetria tra deregulation e regolazione, illuminante F.W. Scharpf, Negative and Positive Integration in the Political Economy of European Welfare States, in Governance in the European Union, a cura di G. Marks, F.W. Scharpf, P.C. Schmitter e W. Streek, Londra, Sage, 1996, 15.

105 Per un’analisi approfondita della storia del concetto e del suo impatto, A. von Bogdandy e S. Hinghofer-Szalkay, European Public Law. Lessons from the Concept’s Past, in The Administrative State. The Max Planck Handbooks in European Public Law, I, a cura di A. von Bogdandy, P.M. Huber e S. Cassese, Oxford, Oxford University Press, 2017, 30 ss.

106 J. Hoock, Jus Publicum Europaeum. Zur Praxis des europäischen Völkerrechts im 17. und 18. Jahrhundert, in 50 Der Staat (2011), 422; U. Saxer, Die internationale Steuerung der Selbstbestimmung und der Staatsentstehung, Berlino, Springer, 2010, 39 ss.; J.A. Kämmerer, Das Völkerrecht des Kolonialismus: Genese, Bedeutung und Nachwirkungen, in 39 Verfassung und Recht in Übersee (2006), 397; R. Voigt, Weltordnungspolitik, Berlino, Springer, 2005, 57 ss.; G. Adamczyk e P. Gostmann, Polen zwischen Nation und Europa, Berlino, Springer, 2007, 34 ss.; M. Zimmer, Moderne, Staat und Internationale Politik, Berlino, Springer, 2008, 45; E. Traverso, Der neue Antikommunismus. Nolte, Furet und Courtois interpretieren die Geschichte des 20. Jahrhunderts, in Zeitgeschichte, Wissenschaft und Politik. Der “Historikerstreit” — 20 Jahre danach, a cura di V. Kronenberg, Berlino, Springer, 2008, 67 ss.; A. Mbembe, Nekropolitik, in Biopolitik, a cura di M. Pieper, T. Atzert, S. Karakayali e V. Tsianos, Berlino, Springer, 2011, 63 ss.

107 Se lo si volesse riportare ad uno scontro accademico, si tratterebbe della vittoria di Jürgen Habermas su Ernst Nolte nell’ambito del c.d. «scontro degli storici», risolto solamente nel 1987. Al proposito, si v. V. Kronenberg (a cura di), Zeitgeschichte, Wissenschaft und Politik. Der “Historikerstreit” — 20 Jahre danach, cit.

108 M. Goldmann, Hopes of Progress: European Integration in the History of International Law, Mpil Research Paper Series 2018-26, 11 ss.

109 P. Häberle, Gemeineuropäisches Verfassungsrecht, in Europäische Grundrechte Zeitschrift (1991), 261.

110 H. Schäffer, Gründung einer Societas Iuris Publici Europaei (Sipe), in 58 Zeitschrift für öffentliches Recht (2003), 405; H. Bauer, Entstehung und Entwicklung der Societas Iuris Publici Europaei — Zugleich ein Beitrag zur europäischen Wissenschaft vom Öffentlichen Recht, in Die Ordnung der Freiheit. Festschrift für Christian Starck, Tubinga, Mohr Siebeck, 2007, 485 ss.; sul progetto Ipe www.mpil.de/de/pub/forschung/nach-rechtsgebieten/oeffentliches-recht/ius-publicum-europaeum.cfm.

111 C. Schmitt, Staat, Großraum, Nomos, Berlino, Duncker & Humblot, 1995, 234 ss. e 269 ss.

112 C. Joerges, Europe a Großraum? Shifting Legal Conceptualisations of the Integration Project, in Darker Legacies of Law in Europe, a cura di C. Joerges e S.N. Ghaleigh, Oxford-Portland, Hart, 2003, 167: «(a)ll the legal disciplines that later contributed to the legal conceptualization of the European Community had been infected by ‘völkisch’ legal thinking in Germany».

113 K. Schmalenbach e J. Bast, Völker- und unionsrechtliche Anstöße zur Entterritorialisierung des Rechts, in 76 Veröffentlichungen der Vereinigung der Deutschen Staatsrechtslehrer (2017), 245 e 277, con numerosi riferimenti e convincenti repliche ai critici del pensiero dello spazio.

114 O. Simons, Carl Schmitt’s Spatial Rhetoric, in The Oxford Handbook of Carl Schmitt, a cura di J. Meierheinrich e O. Simons, Oxford, Oxford University Press, 2018, 776 ss.

115 P. Guggenheim, Das jus publicum europeum und Europa, in 3 Jahrbuch des öffentlichen Rechts der Gegenwart (1954), 1.

116 Ivi.

117 I testi iconici provengono dall’America, E. Stein, Lawyers, Judges, and the Making of a Transnational Constitution, in 75 American Journal of International Law (1981), 1; J.H.H. Weiler, The Transformation of Europe, in 100 Yale Law Journal (1991), 2403.

118 A. Sandulli, Il ruolo del diritto in Europa. L’integrazione europea nella prospettiva del diritto amministrativo, cit., 152.

119 A. Sandulli, op. cit., 165; con un’illuminante descrizione dello sviluppo dell’Europa nel suo insieme nelle pagine 151-195.

120 A. Sandulli, Il ruolo del diritto in Europa. L’integrazione europea nella prospettiva del diritto amministrativo, cit., 178 e 186. Si veda, da un lato, E. Schmidt-Aßmann, Das allgemeine Verwaltungsrecht als Ordnungsidee, Berlino, Springer, 2004, dall’altro, P. Craig, EU Administrative Law3, Oxford, Oxford University Press, 2018.

121 A. Sandulli, Il ruolo del diritto in Europa. L’integrazione europea nella prospettiva del diritto amministrativo, cit., 197-201, spec. 209.

122 A. Sandulli, op. cit., 202.

123 C. Schmitt, Verfassungsrechtliche Aufsätze, cit., 429.

124 A. Sandulli, Il ruolo del diritto in Europa. L’integrazione europea nella prospettiva del diritto amministrativo, cit., 152. Tale orgoglio non è dunque un fenomeno «puramente tedesco» per C. Schönberger, Der «German Approach». Die deutsche Staatsrechtslehre im Wissenschaftsvergleich, Tubinga, Mohr Siebeck, 2015, 47 ss.

125 Al riguardo, R. Mehring, Carl Schmitt: Denker im Widerstreit, Friburgo, Karl Alber, 2017, 201 ss. e 293 ss.

126 Si cfr. C. Schmitt, Über die drei Arten des rechtswissenschaftlichen Denkens, cit., 20: «la convivenza dei coniugi in un matrimonio, i membri di una famiglia in una famiglia […], l’impiegato in uno Stato, la spiritualità in una chiesa, il commilitone in un campo di lavoro, il soldato di un esercito».

127 C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit., 23.

128 Ciò corrisponde alla concezione dei diritti fondamentali probabilmente dominante del periodo di Weimar, Tanner, Die fromme Verstaatlichung des Gewissens, 1989, 103 ss. e 134 ss.

129 D. Howland, Carl Schmitt’s Turn to Sovereignty in Jurisprudence, cit., 211.

130 K. Günther e R. Forst, Die Herausbildung normativer Ordnungen. Zur Idee eines interdisziplinären Forschungsprogramms, in Die Herausbildung normativer Ordnungen. Interdisziplinäre Perspektiven, a cura di K. Günther e R. Forst, Francoforte, Campus, 2011, 11 ss.

131 Questo è il programma in J. Habermas, Faktizität und Geltung, cit.

132 C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit., 21.

133 C. Schmitt, op. cit., 30.

134 Wissenschaftsrat, Perspektiven der Rechtswissenschaft in Deutschland. Situation, Analysen, Empfehlungen, 2005-12 (2012), 12.

135 T. König e M.E. Gorman, The Challenge of Funding Interdisciplinary Research: A Look inside Public Research Funding Agencies, in The Oxford Handbook of Interdisciplinarity, a cura di R. Frodeman, Oxford, Oxford University Press, 2017, 513 ss.

136 A. Sandulli, Il ruolo del diritto in Europa. L’integrazione europea nella prospettiva del diritto amministrativo, cit., 197.

137 M. Everson, Is it just me, or is there an Elephant in the Room?, in 13 European Law Journal (2007), 136.

138 O. Mayer, Deutsches Verwaltungsrecht, I, Berlino, Duncker & Humblot, 1924; L. Heuschling, Verwaltungsrecht und Verfassungsrecht, in Handbuch Ius Publicum Europaeum, III, a cura di A. von Bogdandy, S. Cassese e P.M. Huber, Heidelberg, C.F. Müller, 2010, 505 ss.; W. Pauly, Wissenschaft vom Verwaltungsrecht: Deutschland, in Handbuch Ius Publicum Europaeum, IV, a cura di A. von Bogdandy, S. Cassese e P.M. Huber, Heidelberg, C.F. Müller, 2011, § 58 par. 11.

139 Ciò che segue si basa su A. von Bogdandy, Vergleich, in Handbuch Ius Publicum Europaeum, II, a cura di A. von Bogdandy, P. Cruz Villalón e P.M. Huber, Heidelberg, C.F. Müller, 2008, 807 ss.; A. von Bogdandy, in Handbuch Ius Publicum Europaeum, IV, cit., § 57.

140 C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit., 29.

141 C. Schmitt, op. cit., 18.

142 C. Schmitt, op. cit., 29.

143 Sui contenuti del diritto di natura, ovvero del diritto della ragione, della classica concettuologia si v. J. Rückert, Idealismus, Jurisprudenz und Politik bei Friedrich Carl von Savigny, Ebelsbach, Rolf Gremer, 1984, 232 ss.

144 Ulteriori dettagli in base agli esempi del diritto dei contratti e del diritto societario, S. Grundmann, Systemdenken und Systembildung, in Europäische Methodenlehre. Handbuch für Ausbildung und Praxis, cit., 172 ss. M. Hesselink, A European Legal Method? On European Private Law and Scientific Method, in 15 European Law Journal (2009), 20 ss.

145 Sul rapporto tra diritto e politica in Carl Schmitt si v., in particolare, M. Nigro, Carl Schmitt fra diritto e politica, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico, 1986, 691 ss. Si v. anche, tra gli altri, R. Cavallo, Diritto e politica nel pensiero di Carl Schmitt. Un’ipotesi interpretativa, in 12 Anuario de Facultade de Dereito da Universidade da Coruña (2008), 185.

146 M. Weber, Wirtschaft und Gesellschaft5, Tubinga, Mohr Siebeck, 1972, 825 ss.; Wissenschaftsrat, Perspektiven der Rechtswissenschaft in Deutschland. Situation, Analysen, Empfehlungen, cit., 33.

147 K. Barth, Die kirchliche Dogmatik10, I, 1981, 1.

148 C. Schönberger, Der «German Approach». Die deutsche Staatsrechtslehre im Wissenschaftsvergleich, cit., 17 ss.; più cauto L. Heuschling, Frankreich, in Handbuch Ius Publicum Europaeum, II, cit., 491 ss.

149 https://curia.europa.eu/jcms/jcms/Jo2_7083/de/.

150 E. Schmidt-Aßmann, Verwaltungsrechtliche Dogmatik. Eine Zwischenbilanz zu Entwicklung, Reform und künftigen Aufgaben, Tubinga, Mohr Siebeck, 2013, 3 ss.

151 C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit., 2 (corsivo dell’autore).

152 C. Bumke, Rechtsdogmatik. Eine Disziplin und ihre Arbeitsweise, Tubinga, Mohr Siebeck, 2017, 226.

153 Si v. al riguardo, per i dettagli, i rapporti sui singoli Paesi A. von Bogdandy, Cruz Villalón e P.M. Huber (a cura di), Handbuch Ius Publicum Europaeum, II, 2008, cit., e A. von Bogdandy, S. Cassese e P.M. Huber (a cura di), Handbuch Ius Publicum Europaeum, IV, cit.

154 L’idea di una scienza giuridica puramente descrittiva probabilmente è parimenti ancora efficace. Si cfr. per tutti M. Potacs, Rechtstheorie2, Vienna, Utb, 2019, 95 ss.; circa la corrispondente scienza giuridica nell’Europa centrale e orientale, A. Jakab, Ungarn, in Handbuch Ius Publicum Europaeum, II, cit., 777 ss.

155 Per ulteriori riferimenti, si v. L. Heuschling, Frankreich, cit.

156 Questo passaggio si rifà a A. von Bogdandy, in 7 International Journal of Constitutional Law (2009), 364; Id., Deutsche Rechtswissenschaft im europäischen Rechtsraum, in 66 JuristenZeitung (2011), 1.

157 E. Schmidt-Aßmann, Verwaltungsrechtliche Dogmatik. Eine Zwischenbilanz zu Entwicklung, Reform und künftigen Aufgaben, cit.; C. Bumke, Rechtsdogmatik. Eine Disziplin und ihre Arbeitsweise, cit.

158 R.C. Post, Constitutional scholarship in the United States, cit.; T. Kuntz, Auf der Suche nach einem Proprium der Rechtswissenschaft, in 219 Archiv für die civilistische Praxis (2019), 254.

159 Questa sensibilità resta un petitum: O. Lepsius, Kontextualisierung als Aufgabe der Rechtswissenschaft, in 74 JuristenZeitung (2019), 793.

160 Al riguardo, E. Schmidt-Aßmann, Verwaltungsrechtliche Dogmatik. Eine Zwischenbilanz zu Entwicklung, Reform und künftigen Aufgaben, cit., 21 ss.

161 C. Bumke, Rechtsdogmatik. Eine Disziplin und ihre Arbeitsweise, cit., 157 ss. e 226 ss. Qualcuno attribuisce questa nozione persino a Schmitt, R.M. Kiesow, Zwischen Gesetz und Urteil gibt es keine Hermeneutik, in Merkur (2019), 19.

162 C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit., 29 ss.

163 R. Mehring, Carl Schmitt. Zur Einführung, Amburgo, Junius, 2011, 146.

164 C. Schmitt, Der Begriff des Politischen. Text von 1932 mit einem Vorwort und drei Corollarien, Berlino, Duncker & Humblot, 1963, 9.

165 L’espressione deriva da C. Engel e W. Schön (a cura di), Das Proprium der Rechtswissenschaft, Tubinga, Mohr Siebeck, 2007.

166 Sulla scienza giuridica europea e sulla necessità di un approccio aperto e interdisciplinare, si v., in proposito, tra gli altri, M. Brutti, Per la scienza giuridica europea (riflessioni su un dibattito in corso), in Riv. trim. dir. pubbl., 2012, 905 ss., e S. Civitarese Matteucci, L’identità delle scienze giuridiche nel mondo giuridico “plurale” — “Questa è l’acqua”, in L’identità delle scienze giuridiche in ordinamenti multilivello, a cura di V. Barsotti, Rimini, Maggioli, 2014, 29 ss. Per un approccio di tipo formalistico, si v. P. Forte, Oggetti giuridici. Note e primi appunti sulla loro esistenza, in Costituzionalismo, 2015, 45 ss. Si rinvia a quest’ultimo scritto per un articolato apparato bibliografico sul tema.

167 Nella storia giuridica viene molto trattato, si cfr. M. Stolleis, in Handwörterbuch zur Deutschen Rechtsgeschichte2, III, a cura di A. Cordes, H.-P. Haferkamp, D. Werkmüller, R. Schmidt-Wiegand e C. Bertelsmeier-Kierst, Berlino, Erich Schmidt, 2004, 1475 ss.

168 In questo senso, R. Hirschl, Comparative Matters, Oxford, Oxford University Press, 2014, 151 ss.; contra, A. von Bogdandy, Comparative Constitutional Law as a Social Science? A Hegelian Reaction to Ran Hirschl’s Comparative Matters, in 55 Der Staat (2016), 103.

169 J. Lennartz, Juristische Granatsplitter. Sprachen und Argument bei Carl Schmitt in Weimar, cit.

170 La Deutsche Forschungsgemeinschaft (DFG) segue un approccio multidimensionale per salvaguardare la buona prassi scientifica e, accanto a direttive astratte transdisciplinari, sviluppa, tra l’altro, anche standard concreti specifici della singola materia: www.dfg.de/foerderung/grundlagen_rahmenbedingungen/gwp/kodex/index.html.

171 T. König e M.E. Gorman, The Challenge of Funding Interdisciplinary Research: A Look inside Public Research Funding Agencies, cit.

172 T. Kuntz, Auf der Suche nach einem Proprium der Rechtswissenschaft, cit.

173 Molti di questi criteri sono trattati da H. Schulze-Fielitz, Was macht die Qualität öffentlich-rechtlicher Forschung aus?, in 50 Jahrbuch des öffentlichen Rechts der Gegenwart (2002), 1.

174 Al riguardo, J. Habermas, Auszug aus «Wahrheitstheorien», in Wirklichkeit und Reflexion. Festschrift für Walter Schulz zum 60. Geburtstag, Pfullingen, Neske, 1973, 211 ss.; K. Lorenz, in Enzyklopädie Philosophie und Wissenschaftstheorie, IV, a cura di J. Mittelstraß, Stoccarda-Weimar, J.B. Metzler, 1997, 594 ss.; M. Glanzberg, Truth, in Stanford Encyclopedia of Philosophy, http://plato.stanford.edu; M.R. Deckert, Recht und Wahrheit: Zum gegenwärtigen Stand der Diskussion, in 82 Archiv für Rechts und Sozialphilosophie (1996), 43.

175 U. Volkmann, Rechts-Produktion oder: Wie die Theorie der Verfassung ihren Inhalt bestimmt, in 54 Der Staat (2015), 35.

176 Per questa concezione, si v. R. Koselleck, Vergangene Zukunft. Zur Semantik geschichtlicher Zeiten, Begriffsgeschichte und Sozialgeschichte, Francoforte, Suhrkamp, 2000, 119; Id., in Geschichtliche Grundbegriffe. Historisches Lexikon zur politisch-sozialen Sprache in Deutschland, I, a cura di O. Brunner, W. Conze e R. Koselleck, Stoccarda, Klett-Cotta, 1972, XIII ss.

177 H. Coing, Europäisierung der Rechtswissenschaft, cit.; D. Thym, Zustand und Zukunft der Europarechtswissenschaft in Deutschland, cit.; A. Hatje e P. Mankowski, “Nationale Unionsrechte” — Sprachgrenzen, Traditionsgrenzen, Systemgrenzen, Denkgrenzen, cit.; B. de Witte, European Union Law: A Unified Academic Discipline?, cit.

178 In 41 JuristenZeitung (1936), 15 ss.; al riguardo, si v. R. Mehring, Carl Schmitts Schrift “Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit.

179 C. Schmitt, Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft, cit., 24 ss.

180 Si cfr. Institut für Zeitgeschichte (a cura di), Akten zur auswärtigen Politik der Bundesrepublik Deutschland 1963, II, 1994, 942.

181 J.P. McCormick, Carl Schmitt’s Europe: Cultural, Imperial and Spatial Proposals for European Integration, 1923-1955, in Darker Legacies of Law in Europe, cit. 133.

182 C. Schönberger, Hegemon wider Willen. Zur Stellung Deutschlands in der Europäischen Union, in 66 Merkur (2012), 1; A. Bolaffi, Cuore tedesco. Il modello Germania, l’Italia e la crisi europea, Roma, Donzelli, 2013; The Economist, Europe’s reluctant hegemon, 13 giugno 2013.

183 Su questa asimmetria A. von Bogdandy, C. Grabenwarter e P.M. Huber,Verfassungsgerichtsbarkeit im europäischen Rechtsraum, in Handbuch Ius Publicum Europaeum, VI, a cura di A. von Bogdandy, C. Grabenwarter e P.M. Huber, Heidelberg, C.F. Müller, 2016, 1 ss.

184 A. Sandulli, Il ruolo del diritto in Europa. L’integrazione europea nella prospettiva del diritto amministrativo, cit., 165.

185 Così C. Schönberger, Der «German Approach». Die deutsche Staatsrechtslehre im Wissenschaftsvergleich, cit., 2.

186 Formulato come programma di ricerca da M. Jestaedt, Wissenschaft im Recht. Rechtsdogmatik im Wissenschaftsvergleich, in 69 JuristenZeitung (2014), 1.

187 H. Triepel, Die Hegemonie. Ein Buch von führenden Staaten, Stoccarda, Kohlhammer, 1938, 8.