Il controllo giudiziale, amministrativo e penale dell’amministrazione

di Roberto Garofoli
Abstract

Per quanto distinte siano le basi costituzionali e le stesse logiche delle forme di controllo demandate al giudice amministrativo e a quello penale, il tema dei rapporti tra sindacato giudiziale e amministrazione pubblica è stato tradizionalmente affrontato per entrambi in una
medesima prospettiva, intesa a verificare se e come siano conciliabili due contrapposte esigenze che da sempre si fronteggiano: da un lato, quella di un efficace controllo giudiziale dell’operato dell’amministrazione; dall’altro, la necessità di salvaguardare, in omaggio al principio di separazione, la riserva dell’amministrazione nel bilanciamento di interessi pubblici contrapposti
o nell’individuazione della soluzione preferibile tra più giudizi tecnici o scientifici, tutti logici e razionali. Si è da sempre alla ricerca, infatti, di un difficile punto di equilibrio tra pienezza ed effettività del controllo dei giudici e cosiddetta riserva di amministrazione. Il tema merita tuttavia un esame anche in un’ulteriore prospettiva. C’è da chiedersi, infatti, se a condizionare le modalità del controllo dell’amministrazione non debba concorrere quell’esigenza di prevedibilità delle decisioni giudiziali che negli ultimi anni è sempre più avvertita e valorizzata dalla giurisprudenza sovranazionale e interna nel definire vicende ormai notissime (da De Tommaso a Taricco a
Contrada); un’esigenza certo non nuova perché già sottesa ai principi costituzionali di soggezione del giudice alla legge e, nel diritto penale, di legalità dei reati, personalità della responsabilità, finalismo rieducativo della pena. Se, infatti, un primo potenziale vulnus alle esigenze della prevedibilità è dovuto alle tecniche di redazione della legge (con un ricorso crescente ad elementi elastici o a concetti giuridici indeterminati o, più in generale, a fattispecie a basso coefficiente di precisione descrittiva), un secondo elemento di rischio è connesso proprio alle possibili modalità con cui i giudici controllano quel segmento di attività amministrativa connotato, entro certi limiti, da un nucleo inevitabile di libertà o opinabilità: sono i casi frequentissimi e inevitabili in cui la legge assegna all’amministrazione il dovere e il compito di scegliere — tra più soluzioni, tutte legittime, perché logiche, ragionevoli e proporzionali — quella più opportuna o preferibile. Sono quindi esaminate talune prassi interpretative seguite dal giudice amministrativo e da quello penale in sede di controllo della discrezionalità dell’amministrazione per verificarne la coerenza con le esigenze di separazione e prevedibilità.