Il Consiglio di Stato e le leggi razziali

di Claudio Contessa
Abstract

L’articolo esamina il ruolo della giurisprudenza del Consiglio di Stato nell’applicazione della legislazione razziale del periodo 1938-1943. Nella prima parte del contributo viene descritto il ruolo attivo di molti Magistrati del Consiglio di Stato (e di altri importanti settori della Magistratura italiana) nell’affermazione teorica e pratica della legislazione razziale. Nella seconda parte viene invece descritta la giurisprudenza (in particolare della quarta sezione) che, nonostante il rispetto formale della legislazione razziale, giunse in numerose e importanti occasioni a negarne in concreto qualunque applicazione e a ribadire l’importanza della tutela giurisdizionale come «diritto fondamentale della personalità» di ogni essere umano. Viene quindi ricordato che, nel corso dei lavori delle due Commissioni Forti (1944-1945) e poi della stessa Assemblea Costituente, il senso di indipendenza dimostrato dal Consiglio di Stato nel corso dell’intero periodo fascista rappresentò una delle ragioni che indussero i padri costituenti a confermare l’esistenza dell’istituto (articoli 100 e 103, Cost.) e a superare le proposte volte ad introdurre in Costituzione il modello della giurisdizione unica.