Vi è ancora una solida struttura tecnica nella amministrazione pubblica italiana? Essa, qualora vi sia, rappresenta una minaccia democratica secondo l’idea per la quale vi sarebbero dei «mandarini» che decidono a dispetto della volontà popolare, nel chiuso di reti di potere relazionale, specie sovranazionali, oppure costituisce un’opportunità, meglio, un’àncora senza la quale lo Stato finirebbe per essere travolto dalle numerose e complesse difficoltà nelle quali si dibatte? Il presente contributo mette in evidenza come tanto nell’amministra- zione ministeriale quanto tra le autorità amministrative indipendenti vi sono esempi di strutture tecniche, come il Dipartimento del Tesoro, la Ragioneria generale dello Stato, che efficacemente hanno affrontato problemi complessi (le crisi bancarie, la collocazione del debito pubblico, la tenuta dei conti pubblici, ecc.). Per altro verso, l’analisi mostra esempi di segno opposto. Ministeri tecnici svuotati di competenze professionali, come il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, oppure authority che negli anni della crisi hanno subito uno «spiazzamento», come l’Autorità garante della concorrenza e del mercato rispetto alla funzione antitrust. La tesi sostenuta è che delle strutture tecniche, attesa la complessità dei problemi affrontati dalle democrazie contemporanee, sono indispensabili e debbano essere difese. Svuotarne la professionalità e l’autonomia per riaffermare il primato della politica sulla tecnica è un errore da evitare.
Che resta delle strutture tecniche nell’amministrazione pubblica italiana?
di Lorenzo Saltari
Abstract