Una proposta per integrare l’Europa della difesa: il Trattato della Comunità europea di difesa e la fattibilità giuridica del suo rilancio oggi

di Federico Fabbrini

La rielezione di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti e l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia pongono sfide senza precedenti alle relazioni transatlantiche e alla sicurezza europea. L’Ue, nella sua configurazione attuale, non è preparata a farsi carico autonomamente della propria difesa. Questo articolo esplora un percorso alternativo per promuovere l’integrazione della difesa in Europa e propone, a tal fine, di ridare vita al Trattato della Comunità europea di difesa (Ced) del 1952. In particolare, l’articolo spiega che, da un punto di vista giuridico, per rendere operativa la Ced oggi sarebbe sufficiente la ratifica da parte di due stati: Francia e Italia, sostenendo una serie di dettagliati argomenti basati sul diritto internazionale pubblico, sul diritto comparato e sul diritto costituzionale interno. Ovviamente, la fattibilità giuridica di ridare vita alla Ced non coincide con quella politica, e l’articolo menziona diversi ostacoli e sfide. Tuttavia, far luce sulla Ced ha due vantaggi: da un lato, sottolinea come essa, attraverso l’istituzione di un esercito comune, finanziato da un bilancio comune e governato da istituzioni sovranazionali, costituisse una risposta più adeguata al problema della sicurezza europea dell’attuale quadro della Pesc; dall’altro, identifica un percorso differenziato per integrare la difesa europea più praticabile rispetto alla modifica dei trattati Ue, che richiederebbe l’accordo dei ventisette Stati membri.