Popolo è nozione eminentemente giuridica. A fronte della divisione e dei conflitti presenti nel sociale il concetto giuridico di popolo, nelle democrazie costituzionali, assume una funzione di superamento del conflitto e di unificazione del sociale, permettendo così la fondazione dell’ordine giuridico. Tale funzione emerge anche in prospettiva storica. Dopo il periodo rivoluzionario di fine Settecento sul popolo si scaricano le funzioni di unificazione che erano prima del monarca. Il popolo diventa così identità senza differenze. Proprio perché identità, sul popolo incombono limiti di azione. Il popolo-identità non può identificarsi né con lo Stato e i suoi organi né con il corpo elettorale. Dopo il momento costituente, il popolo non si esprime mai nella sua forma di identità, bensì attraverso quelle forme di cui ragiona l’art.1, comma 2, Cost. (corpo elettorale, organi statali e poi partiti, associazioni, esercizio dei diritti fondamentali). Il popolo è anche parametro di azione per lo svolgimento delle funzioni unificanti (qui spesso il popolo appare nelle forme della «nazione»). In quanto identità il popolo non può neppure essere rappresentato. La particolare natura del popolo esige, nelle democrazie costituzionali, una particolare strutturazione del potere, il quale deve essere e rimanere un luogo vuoto e sottratto ad appropriazione. La sovranità popolare diventa così, per un verso, aspirazione al superamento della divisione sociale e, per l’altro, volontà di non farsi dominare.
«Identità senza differenze»: sul concetto di popolo nelle democrazie costituzionali
di Raffaele Bifulco