La protezione dei diritti fondamentali nell’era digitale: overview, sfide e stato dell’arte alla luce dell’Annual Report UE 2021

Con comunicazione COM(2021) 819 final del 10 dicembre 2021, la Commissione Europea ha pubblicato il rapporto annuale sull’applicazione della Carta dei Diritti Fondamentali UE. Ai fini del rafforzamento delle misure applicative della Carta sopra richiamata, il rapporto 2021 si concentra, in particolare, sulle prossime sfide – e opportunità – della tutela dei diritti de qua, sia nelle interazioni online che offline. La priorità della Commissione è quella di plasmare la transizione digitale “in melius”, vale a dire a beneficio di tutti i cittadini, pure contenendo tutte quelle forme di incitamento all’odio tipiche dell’interazione online e superando, con incisività, il c.d. “digital divide”.

 

Come noto, la Carta dei diritti fondamentali dell’UE è un potente strumento giuridico utilizzato per proteggere, promuovere e rafforzare i diritti – legati alla dignità umana, alla libertà, all’uguaglianza e alla solidarietà – degli individui nell’Unione europea. Tali diritti fondamentali, in sintesi, non solo proteggono i cittadini da interferenze indebite (come la censura o la sorveglianza di massa), ma consentono a questi ultimi di sfruttare al massimo, con le dovute tutele, tutte le opportunità e le facoltà offerte dal contesto sociale nelle interazioni quotidiane all’interno dello spazio comunitario.

Per aumentarne la portata applicativa (ma soprattutto conoscitiva), la Commissione europea pubblica – con cadenza annuale – rapporti specifici sullo stato di attuazione e implementazione dei diritti e della Carta de qua. Più nel dettaglio, con il Rapporto del 2021, la Commissione ha proposto un quid novi all’interno di tale attività “ricognitiva”: esso, infatti, non solo fotografa lo status e il livello di protezione attuale dei diritti fondamentali (per come tutelati dagli Stati membri), ma offre anche diversi spunti di riflessione, in termini di best practices e prossime sfide, affinché i Paesi UE rafforzino – in maniera crescente – le misure volte alla vigilanza della corretta esecuzione dei principi cristallizzati nella Carta.

A tal proposito, il tema specifico su cui si sofferma maggiormente il Rapporto 2021 è la protezione dei diritti fondamentali nella digital age, in linea con il focus strategico della Commissione sulla transizione digitale (si veda qui, qui, qui, qui, qui e qui).

Data ormai l’inevitabile (indistinguibile e drastica) fusione del mondo “offline” con quello “online”, la difesa dei diritti fondamentali rappresenta, de facto, una priorità assoluta: se da un lato, infatti, la tecnologia indubbiamente costituisce un elemento prezioso per l’evoluzione dell’individuo-cittadino (pure nei rapporti con la pubblica amministrazione), dall’altro è pur vero che le insidie del digitale sono molte e delicate. Basti pensare alla diffusione – spesso incontrollata – di contenuti digitali illegali (come discorsi d’odio ecc.) che minacciano tout court il diritto alla dignità dell’individuo, alla disinformazione (che sfida apertamente il principio di democraticità della stessa e il relativo diritto di accesso) oppure ai processi e alle decisioni automatizzate, nei casi in cui non sia possibile assicurare trasparenza e pieno controllo dei risultati.

Ebbene, al fine di meglio esaminare la declinazione della tutela dei diritti fondamentali all’interno dell’era digitale, la Commissione, innanzitutto, offre al lettore-cittadino quattro chiavi di analisi/priorità, enucleate come segue: (i) sostegno e monitoraggio sull’effettiva applicazione della Carta negli Stati membri (a tal proposito, per quanto di interesse, la Commissione riconosce alle città – sul piano locale – un ruolo fondamentale nella promozione e protezione dei diritti fondamentali; non a caso, la rete delle c.d. “Città dei diritti umani” concentra la propria attenzione proprio sull’individuazione di nuovi strumenti per l’incorporazione dei diritti fondamentali nei processi decisionali delle amministrazioni locali); (ii) rafforzamento delle organizzazioni della società civile e degli operatori di giustizia; (iii) implementazione della Carta dei diritti fondamentali nel processo decisionale dell’UE; (iv) rafforzamento della consapevolezza (“awarness”) degli individui.

Successivamente, il Rapporto 2021 si sofferma, poi, sulle singole sfide e sulle opportunità più rilevanti ai fini della salvaguardia e promozione dei diritti fondamentali degli individui nel contesto della transizione digitale. Più in particolare, l’analisi della Commissione muove su cinque complessi piani specifici, diversi ma convergenti:

1) “affrontare le sfide della moderazione online”: in sintesi, la key policy in esame si concentra sul contrasto alla diffusione di contenuti illegali in rete, attraverso l’analisi congiunta delle misure adottate negli Stati membri per affrontare detta problematicità (si veda qui, qui e qui). A tal proposito, rileva senza dubbio, inter alia, la proposta di regolamento sui servizi digitali, adottata dalla Commissione nel dicembre 2020 e attualmente in discussione, avente ad oggetto finanche le responsabilità degli intermediari online (come i social media). Fatte salve le norme settoriali specifiche dell’UE – come quelle sul diritto d’autore – detta proposta fornisce un unico e utile strumento di difesa orizzontale all’interno del panorama normativo UE, ciò per favorire anche una governance equilibrata della moderazione dei contenuti online. La proposta, nello specifico, prevede un’alta protezione di tutti i diritti fondamentali, tra cui la libertà di espressione degli utenti e il diritto alla vita privata (oltre alla tutela della dignità umana anche con riferimento ai gruppi di individui più vulnerabili), in connubio ponderato con la libertà d’impresa delle piattaforme digitali, la libertà contrattuale e i diritti di proprietà intellettuale;

2) “difesa dei diritti fondamentali nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale”: come noto, i sistemi di AI possono certamente portare grandi benefici, anche sul piano delle connessioni e interazioni con le P.A. Tali applicazioni e intersezioni, tuttavia, spesso risultano complesse e macchinose, poco chiare all’occhio del cittadino (e, spesso del giurista). Sul punto, molti Stati membri hanno sviluppato plurime strategie e normative ad hoc per un sano e corretto utilizzo dell’AI (si veda qui, qui, qui e qui) proprio per garantire trasparenza, tracciabilità e sicurezza del metodo (e della metodologia) informatica, tutelando – in maniera più o meno efficace – i diritti fondamentali. Di rilevante importanza, sul punto, è la proposta della Commissione, del 2021, sui sistemi di intelligenza artificiale c.d. “ad alto rischio”, volta a garantire non solo i diritti fondamentali ma anche il corretto test documentale delle AI utilizzate;

3) “affrontare il divario digitale”: la pandemia Covid-19 ha evidenziato la netta difficoltà per gli individui privi delle necessarie conoscenze digitali – e degli strumenti informatici all’uopo necessari – per l’accesso ai servizi pubblici online (si veda qui, qui, qui e qui). Sul punto, il Rapporto 2021 mostra, in estrema sintesi, una certa vivacità da parte degli Stati membri e della Commissione nella ricerca, normativa e regolatoria, di soluzioni idonee al superamento del digital divide, tutte ispirate, di fatto, dal principio di solidarietà (principio di estrema rilevanza nella materia in discussione);

4) “protezione degli individui che lavorano attraverso e sulle piattaforme online”: le piattaforme digitali hanno generato nuove opportunità economiche per individui, imprese e consumatori (si veda qui e qui). Tuttavia, detta modalità d’impiego sfida, a ben vedere, pure i diritti e gli obblighi esistenti relativi al diritto del lavoro e alla protezione sociale. Sul punto, la Commissione ha adottato, nel 2020, una proposta di regolazione per migliorare le condizioni di lavoro delle persone che esercitano la propria attività attraverso le piattaforme digitali nell’UE, sostenendo e favorendo, al contempo, una crescita sostenibile di tali strumenti lavorativi;

5) “supervisione della sorveglianza digitale”: secondo la Commissione, la sorveglianza digitale può essere considerata legittima, per esempio, per garantire la sicurezza e combattere il crimine, sebbene non tutte le formule di controllo in chiave digital siano giustificate. In tale contesto, infatti, la vera sfida evidenziata dalla Commissione riguarda, in concreto, la protezione dei dati personali e la privacy degli individui (si veda qui, qui, qui e qui) che rappresentano non solo diritti fondamentali chiave ma anche diritti “abilitanti”, cioè che rilevano pure per la protezione di altri diritti fondamentali, che possono essere parimenti colpiti dalla sorveglianza digitale (si veda qui).

Alla luce di quanto sopra esposto, guardando alle sfide e alle misure elencate puntualmente nel Rapporto 2021, non c’è dubbio che l’UE e i suoi Stati membri sono concretamente impegnati a proteggere e promuovere i diritti fondamentali nell’era digitale, identificando le maggiori problematicità e modellando i cambiamenti della transizione digitale affinché non impattino sui diritti fondamentali sopra menzionati. Come evidenziato dalla Commissione, tuttavia, la vera sfida alle porte degli Stati membri e delle istituzioni europee è costituita dall’impegno, dagli sforzi congiunti, di tali soggetti per la realizzazione di un confronto dialettico serio, mirato e concreto sulle opportunità e le complessità – anche alla luce della relazione annuale in esame – dell’applicazione della Carta dei diritti fondamentali nel cruciale passaggio verso una digitalizzazione sempre più inglobante (e invasiva); “scambi” che potrebbero aiutare a inquadrare, con certosina attenzione, gli sviluppi politici sui punti sopra evidenziati in modo costruttivo e vantaggioso per tutta la comunità europea.

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