Lo stato digitale nel PNRR: la digitalizzazione come necessità trasversale

Il 27% delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono dedicate alla transizione digitale, sviluppata lungo due assi principali: la banda ultra-larga e la trasformazione della PA in chiave digitale. Altri interventi sono destinati dal Piano all’innovazione digitale di infrastrutture, il fisco, la sicurezza, la sanità pubblica, il turismo e la cultura, il sistema scolastico e la ricerca universitaria. L’Osservatorio avvia con questo post una nuova serie di interventi in cui propone una prima ricognizione dei principali interventi di digitalizzazione del PNRR, del loro impatto sulle amministrazioni, dei tempi di realizzazione e – quando possibile –  del confronto con misure analoghe adottate da altri paesi europei. In questo post presentiamo il ruolo della digitalizzazione nell’ambito del Piano.

La digitalizzazione dei processi, prodotti e servizi caratterizza molte delle politiche e degli interventi di riforma del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e costituisce uno dei tre assi strategici, condivisi a livello europeo, intorno al quale si sviluppa l’intero PNRRLe ragioni di tale scelta sembrano fondarsi sulla considerazione che solo recuperando il considerevole ritardo accumulato nelle competenze digitali dei cittadini, nella digitalizzazione del sistema produttivo e dei servizi pubblici, nonché negli investimenti infrastrutturali e tecnologici, certificato dal quartultimo posto assegnatoci nell’indice DESI 2020 (ne abbiamo scritto qui), il nostro Paese potrà migliorare la competitività e la produttività. L’indice DESI, giova ricordarlo, nel 2020 colloca l’Italia in 25° posizione su 28 Stati membri dell’UE. Il punteggio complessivo italiano è di 43,6 – ossia 9 punti percentuali in meno della media UE di 52,6. Siamo davanti solo a Romania, Grecia e Bulgaria.

Ci sono in particolare tre fattori che hanno inciso più di altri sul ritardo del nostro paese all’appuntamento con il digitale: (1) lo stato dell’infrastrutturazione digitale; (2) l’erogazione dei servizi pubblici digitali; (3) le competenze e la formazione nelle materie tecnologiche. La transizione digitale rappresenta dunque una necessità trasversale che caratterizza ogni aspetto del più importante atto di pianificazione che ha interessato il nostro paese negli ultimi decenni.

Atto di pianificazione che tuttavia deve essere integrato al fine di delineare le amministrazioni competenti a individuare e realizzare i progetti, le modalità e i tempi di attuazione, l’effettiva allocazione delle risorse ai singoli interventi.

Del resto, il raggiungimento degli obiettivi del PNRR sembra dipendere anche dall’effettiva realizzazione di una semplificazione normativa e organizzativa.

Da una rapida analisi trasversale dei contenuti del Piano emerge immediatamente che ogni missione e riforma è interessata da interventi di digitalizzazione.

La digitalizzazione in quanto asse strategico del Piano rappresenta una specifica missione, la prima intitolata Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo, ma non si esaurisce con quest’ultima.

La digitalizzazione, nell’ambito del PNRR, non costituisce, infatti, soltanto un obiettivo, ma anche uno strumento funzionale alla realizzazione delle ulteriori cinque missioni che costituiscono il Piano.

Nella prima missione l’obiettivo è la riduzione dei divari strutturali di competitività, produttiva e digitalizzazione attraverso l’allocazione di oltre 40 miliardi di euro, ripartiti nelle tre componenti progettuali Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA (9,75 miliardi di euro), Digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo (23,89 miliardi di euro), nonché Turismo e cultura 4.0 (6,68 miliardi di euro).

Tra i progetti della Missione 2 Rivoluzione verde e transizione ecologica sono individuati la digitalizzazione della logistica, della filiera agricolo-alimentare, della rete di distribuzione di energia elettrica, dei parchi nazionali, delle reti di distribuzione dell’acqua, nonché la realizzazione di un sistema di monitoraggio da remoto dei rischi sul territorio e di una piattaforma aperta accessibile a tutti sulle tematiche ambientali.

Nell’ambito della Missione 3 Infrastrutture per una mobilità sostenibile è prevista la digitalizzazione dei servizi di trasporto passeggeri e merci delle Autorità di sistema portuale, dei documenti di trasporto delle merci e dell’informazione aeronautica, nonché la realizzazione di un sistema digitale interoperabile per il trasporto merci e l’implementazione di piattaforme e servizi di aerei senza pilota.

La Missione 4 Istruzione e ricerca annovera numerosi interventi volti ad aumentare le competenze digitali del personale scolastico, dei lavoratori e degli studenti, a implementare l’erogazione della formazione da remoto, a realizzare piattaforme digitali per le offerte di lavoro rivolte agli studenti in possesso di qualifiche professionali, alla digitalizzazione delle procedure di reclutamento, alla realizzazione di scuole innovative e aule didattiche, nonché alla creazione di campioni nazionali ricerca su alcune Key Enabling Technologies.

Tra gli interventi rientranti nella Missione 5 Inclusione e Coesione sono previsti il potenziamento dei centri di trasferimento tecnologico per segmenti di industria, la realizzazione dell’interoperabilità dei sistemi informativi dei Centri per l’impiego, la creazione di una piattaforma per il Sistema nazionale di certificazione della parità di genere e la valorizzazione delle competenze digitali nel Servizio Civile Universale.

La digitalizzazione assume, poi, rilievo centrale nell’ambito della Missione 6 Salute, che si articola in due componenti: la prima dedicata alle Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale e la seconda relativa alla Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale. In particolare, per il finanziamento dei progetti di telemedicina è previsto un investimento pari a un miliardo di euro, mentre per l’ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero oltre quattro miliardi. Al fine di rafforzare la raccolta, l’elaborazione, l’analisi dei dati e la simulazione è allocato oltre un miliardo e mezzo di euro (circa 810 milioni di euro per il potenziamento del Fascicolo Sanitario Elettronico (ne abbiamo parlato qui e qui), circa 570 milioni di euro per la Tessera Sanitaria Elettronica e circa 290 milioni di euro del Nuovo Sistema Informativo Sanitario – NSIS, con l’introduzione di una piattaforma nazionale della telemedicina e lo sviluppo di strumenti di analisi avanzata per studiare fenomeni complessi e scenari predittivi). Sono previsti poi investimenti per lo sviluppo delle competenze digitali del personale del sistema sanitario personale.

La digitalizzazione, in quanto fattore determinante per trasformare il paese e recuperare la produttività, è al centro anche delle riforme – trasversali, di sistema e settoriali – di accompagnamento al Piano.

La riforma della pubblica amministrazione si basa sulla necessità di digitalizzare i processi di acquisizione delle risorse, dei procedimenti e dei servizi erogati, nonché un rafforzamento delle competenze digitali del personale. In tale prospettiva è prevista la realizzazione di una piattaforma unica per il reclutamento nelle amministrazioni centrali, l’eliminazione degli adempimenti amministrativi che non utilizzano le nuove tecnologie, la reingegnerizzazione di 200 procedure critiche, la definizione di standard tecnici comuni di interoperabilità (back to end) per attuare il principio “once-only”, la realizzazione di nuove architetture delle basi dati e delle applicazioni.

La riforma della giustizia prevede il potenziamento del processo telematico (civile e penale) anche attraverso strumenti evoluti di conoscenza, il recupero del patrimonio documentale, il potenziamento dei software e delle dotazioni tecnologiche, nonché l’aumento delle risorse con specifiche competenze tecnologiche nell’ambito degli uffici giudiziari.

Nell’ambito delle riforme di semplificazione, poi, particolare attenzione è attribuita alla materia della digitalizzazione dei contratti pubblici (ne abbiamo parlato qui e qui), nell’ambito della quale è previsto il potenziamento del database di tutti i contratti tenuto dall’ANAC, la digitalizzazione dei centri di committenza e l’interoperabilità dei relativi dati, nonché l’adozione di decreti legislativi volti a disciplinare sia le specifiche tecniche delle gare per l’acquisizione di beni e strumenti informatici e componenti tecnologiche, sia la realizzazione di una e-platform ai fini della valutazione della procurement capacity, oltre alla Recovery Procurement platform mediante la digitalizzazione end-to-end dei processi di approvvigionamento pubblico.

Da tale sintetica disamina emerge che la digitalizzazione rappresenta una necessità trasversale dell’intero piano che si rinviene nell’ambito di tutte le missioni e delle riforme che compongono e accompagnano il PNRR. Del resto, come era stato già evidenziato in questo Osservatorio (ne abbiamo scritto qui), la pandemia ha comportato, da un lato, l’emersione di una nuova sensibilità circa la necessità di una maggiore digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche e delle imprese, da un altro lato, il superamento di una ritrosia culturale che fino ad ora è stato un freno alla transizione digitale del paese.

Il Piano sembra rappresentare, dunque, lo strumento per un’accelerazione significativa della transizione digitale del paese essendo previsto in un unico articolato atto di pianificazione molteplici iniziative e progetti, significative riforme legislative, l’allocazione di enormi investimenti e il reclutamento straordinario di risorse con nuove competenze digitali.

Il piano, differentemente dal passato, sembra porsi in continuità con le recenti politiche in materia di transizione digitale, potenziando molteplici iniziative già adottate con il decreto legge n. 76/2020, Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale (ne abbiamo parlato qui) e i precedenti interventi normativi.

Ad esempio, è previsto un potenziamento delle “infrastrutture digitali”, l’aumento della migrazione al cloud delle amministrazioni, l’accelerazione dell’interoperabilità tra gli enti pubblici, lo snellimento delle procedure secondo il principio “once only”, nonché il rafforzamento di strumenti già individuati come la Spid (ne abbiamo parlato qui, qui e qui), il punto di accesso telematico e il domicilio digitale (ne abbiamo parlato qui).

La continuità delle politiche pubbliche di transizione digitale, auspicata da tutti gli operatori del settore, rappresenta un’importante novità, in quanto le continue modifiche del quadro regolatorio e delle iniziative in materia, fino ad oggi, hanno rappresentato un freno al percorso di digitalizzazione della sfera pubblica.

Tuttavia, anche alcune delle criticità che in passato hanno caratterizzato le politiche di transizione digitale sembrano ripetersi.

L’ambizioso programma generale straordinario di reclutamento di risorse con specifiche skills digitali e di formazione in materia tecnologica del personale pubblico assume un ruolo fondamentale ai fini dell’attuazione del PNRR, stante la più volte certificata mancanza di adeguate competenze tecnologiche interne (ne abbiamo scritto qui). Tuuttavia, stride con l’esigenza di maggiori competenze interne in grado di gestire e orientare i processi e i servizi digitali pubblici, la previsione di task force esterne alle amministrazioni volte a supportare le amministrazioni nei processi di reingegnerizzazione dei procedimenti e dei servizi. L’esternalizzazione della gestione della transizione digitale, come rilevato dai Giudici contabili (ne abbiamo scritto qui), preclude alle amministrazioni di acquisire le necessarie competenze interne e di monitorare adeguatamente la transizione. È vero che la previsione delle task force sembra giustificata dall’esigenza di garantire governance e monitoraggi efficaci delle decisioni strategiche di attuazione del PNRR e che tale misura appare mitigata dalla possibilità di una successiva stabilizzazione dei componenti delle task force; tuttavia l’esternalizzazione delle competenze non sembra garantire la necessaria continuità nella gestione della transizione digitale di ciascuna amministrazione.

Parimenti il piano sembra prevedere un’accentuata centralizzazione e aggregazione degli investimenti. Centralizzazione, in quanto la maggior parte degli investimenti sembrano riguardare le amministrazioni centrali. Aggregazione, in quanto il Governo sembra voler concentrare le ingenti risorse finanziarie in un numero limitato di progetti.

Tale scelta sembra avere un duplice fondamento. La gestione accentrata di un numero limitato di interventi sembra, da un lato, consentire una gestione e un monitoraggio più semplice dello stato di attuazione degli interventi, da un altro lato, garantire un maggior effetto leva sulla produttività e un minor rischio di sprechi nell’attuazione.

Allo stato non appare, tuttavia, possibile effettuare una valutazione sull’impatto e sui contenuti del Piano. Manca nel PNRR – probabilmente le rigorose tempistiche per la presentazione alle Istituzioni europee non lo hanno consentito – un chiaro quadro delle tempistiche di attuazione degli interventi, degli specifici progetti attuativi, della suddivisione degli importi allocati e, soprattutto, del riparto di competenze nell’attuazione dei molteplici interventi tra amministrazioni e, soprattutto, tra livelli di amministrazione.

Per quanto concerne la governance del PNRR, è previsto che il punto di contatto unico con la Commissione europea, il coordinamento per l’attuazione del PNRR e il monitoraggio fisico, procedurale e finanziario delle iniziative siano centralizzati presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, mentre presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri sia istituita la Cabina di Regia con il compito di verificare l’avanzamento del Piano, monitorare l’efficacia delle iniziative, assicurare la cooperazione e attivare poteri sostitutivi in caso di criticità. Tuttavia, non sono specificate le articolazioni amministrative cui spetta la concreta realizzazione degli interventi, “cui provvedono, nelle rispettive competenze, le singole Amministrazioni centrali interessate (Ministeri), nonché le regioni e gli enti locali”.

Per comprendere meglio le azioni, i tempi, e l’impatto generato dagli interventi contenuti nel Piano, l’Osservatorio inaugura una serie dedicata al PNRR. Diversi autori si occuperanno di raccogliere e analizzare dati relativi alle misure contenuto nel Piano e alla loro implementazione. Da oggi, fino alla pausa estiva, guarderemo all’attuazione del Piano, interrogandoci criticamente delle possibilità di successo delle singole misure.

Il successo del Piano, per lo meno ai fini dell’effettiva transizione digitale è, dunque, condizionato, da un lato, dalla chiara identificazione delle amministrazioni competenti ad individuare e attuare gli specifici progetti rientranti nei diversi interventi previsti nelle diverse Missioni (oltre dall’individuazione delle modalità di realizzazione dei predetti interventi), da un altro lato, dai contenuti delle riforme orizzontali e abilitanti e, in particolare, dall’efficacia dell’intervento di semplificazione normativa e organizzativa.

Nel Piano, a onor del vero, alcun riferimento è effettuato alla necessità di centralizzare la governance delle politiche di digitalizzazione del paese e di ridurre la complessità, la frammentarietà e l’eterogeneità delle fonti in materia di digitalizzazione, attraverso una razionalizzazione delle norme primarie che dovrebbero limitarsi a definire i principi e gli obiettivi, demandando alle fonti secondarie la specificazione delle regole tecniche.

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