Spid: quota venti milioni e ancora qualche imperfezione

Incremento decisivo del numero dello Spid registrato a fine aprile. Le ragioni sono da scoprire. La facilità d’installazione per amministrazioni e imprese anche. Manca ancora una visione d’insieme e una coerenza complessiva nella convivenza con gli altri sistemi di identificazione digitale, che teoricamente dovrebbe essere già superata.

 

 

Il 2021 fa registrare un buon balzo in avanti in quanto a numero di identità Spid. Come comunicato dall’Agid, infatti, il 30 aprile sono state raggiunge venti milioni di utenze. Rispetto ad aprile 2020, l’incremento è stato di quasi quattordici milioni di utenze (divenute sette milioni a giugno). Il tasso di crescita settimanale dall’inizio dell’anno, dunque, è stato di 200 mila unità.

Quali le cause? Una è sicuramente normativa: come già illustrato per l’Osservatorio (qui), l’articolo 24, comma 2, lett. e), n. 6) del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (cd. decreto semplificazioni) ha imposto l’utilizzo dello Spid (o della CIE) per l’accesso ai servizi online delle pubbliche amministrazioni. Bandendo, quindi, i sistemi di credenziali autonomi e isolati, e a favore di un sistema unico e centralizzato.

La ragione, però, sembra risiedere anche altrove. Le norme, è cosa nota, non vivono sempre di vita felice. L’effettività della disposizione va quindi associata ad altri fattori. Il principale è la pandemia, che ha portato all’erompere delle tecnologie a distanza. In questo contesto, vanno ricordate le finalità e le utilità per in singolo correlate allo Spid, come la necessità di chiedere i contributi disposti durante i primi mesi della pandemia e subordinati all’uso di tale strumento (oggi lo si può vedere in relazione alla richiesta del bonus vacanze). L’uso sembrerebbe confermare questa ipotesi: come riporta l’Agid, il sistema è stato utilizzato cento milioni di volte nei primi quattro mesi del 2021.

Accanto, potrebbe ragionarsi anche su una facilità di uso maggiore: l’Agid fornisce istruzioni tecniche (su GitHub) alle Amministrazioni, nonché le istruzioni necessarie (qui). Questo vale anche per le Aziende. C’è anche una pagina dedicata al supporto con le informazioni di rilievo. La facilità tecnica di installazione, tuttavia, non è certa e andrebbe verificata con analisi statistiche e indagini concrete su tutto il territorio nazionale (a quanto consta, i passaggi non sono elementari sul piano tecnico e l’Amministrazione deve tendenzialmente rivolgersi a un fornitore per riuscire a compiere le operazioni necessarie).

Visto nell’insieme, ossia dalla sua introduzione (art. 17-ter, d.l. 21 giugno 2013, n. 69; disciplina attuativa di funzionamento dettata con d.P.C.M. 24 ottobre 2014, n. 285; determinazione Agid n. 44/2015, che ha recato quattro regolamenti tecnici; impulso generale fornito con la riforma del Cad del 2016, in attuazione della legge n. 124/2015), lo Spid aveva mostrato un “tasso di crescita” non troppo elevato: a dicembre 2016 le utenze erano 838 mila, diventate due milioni a fine 2017, per poi passare, rispettivamente, a tre milioni (2018), 5,4 milioni (2019) e 15,4 milioni (2020). Lo si vede dal grafico seguente, tratto dalla pagina dedicata all’avanzamento dei progetti digitali:

Il vero “stacco”, dunque, si è avuto proprio nel 2020, quasi a conferma dell’impatto della pandemia e degli strumenti concepiti in tale fase.

Accanto alle ragioni dell’incremento, resta il nodo insoluto della frammentazione: la convivenza con altri sistemi. La CIE è comunque ancora essenziale sul piano normativo, probabilmente per la sua genesi e per la sua connessione con le funzioni di sicurezza (è legata al Ministero dell’Interno). Ma anche qui una futura convergenza sarebbe auspicabile, lasciando da parte le divergenze settoriali e la paternità dei progetti, per giungere a un sistema effettivamente nazionale.

Ad ogni modo, ciò che al momento lascia davvero perplessi è la coesistenza con il CNS che, teoricamente, dovrebbe essere superata in base al richiamato d.l. “semplificazioni”. La richiamata disposizione, infatti, aveva indicato solo Spid e Cie.

Eppure, le Amministrazioni continuano a farne uso. Di seguito, ad esempio, sono riportate le modalità di accesso all’Area riservata del Comune di Roma:

 

Stessa cosa per l’Inps:

 

Anche l’Agenzia delle entrate, infine, prevede ancora il CNS. Non solo: in questo caso vi è addirittura un riferimento alle credenziali personali – vale a dire quelle che il decreto semplificazioni aver inteso superare.

 

Su un piano forse meno appariscente, ma da tenere in considerazione quanto a efficienza complessiva del sistema, si sottolinea che, a oggi, non è realizzata la federazione tra gli Identity provider. Questa è la ragione per cui, quando l’utente accede, deve specificare con quale fornitore ha attivato la propria identità digitale (per essere più chiari: con la federazione, il riconoscimento del fornitore dello Spid cui si è affidato l’utente sarebbe automatico).

In conclusione, la strada sembra andare nella direzione giusta, in cui una spinta notevole l’ha avuta la “grande migrazione online” causata dalla pandemia. Non mancano aspetti perfezionabili, su cui dovrebbe riflettersi anche in vista della possibile introduzione di uno Spid per i minori, di cui sono state pubblicate le linee guida (che sarà fonte di enormi problemi in materia di tutela della riservatezza). Se si tiene a mente il preambolo del d.P.C.M. 285/2014, per si mira a “favorire la diffusione di  servizi in rete e agevolare l’accesso agli stessi da parte di cittadini e imprese, anche in mobilità”, si può essere concordi nell’affermare che, nel generale miglioramento della situazione, allo Spid manchi ancora una ‘fine sostanza’.

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