In viaggio tra piani vaccinali, prenotazioni online e decentramento amministrativo

 

 

Le idee ci sono, mancano le competenze

 

 

 Cos’è che non sta funzionando nel piano vaccinale italiano? Dei molti problemi emersi nelle ultime settimane due sono di pertinenza dell’amministrazione digitale. Il primo riguarda la differenziazione dei sistemi regionali. Portali online funzionanti a singhiozzo, attivati con ritardo e farraginosi: non si può certo ire che l’azione digitale regionale abbia mostrato il suo lato migliore. Di qui un secondo problema: vale la pena percorrere la strada di un centro nazionale? Probabilmente per le realtà più inefficienti potrebbe essere una soluzione; ma necessita di risorse, sviluppo, controllo e test. E, soprattutto, di personale qualificato. Che sia l’occasione giusta per ripensare, più in generale, il paradigma dell’informatica nello Stato?

Di Bruno Carotti e Gianluca Sgueo

 

 

Pandemia, anno secondo. Mentre l’Est Asiatico torna quasi alla normalità, complici soprattutto le misure draconiane di confinamento e monitoraggio imposte alla popolazione per impedire la diffusione dei contagi, l’Occidente fatica ancora a orientarsi nella giusta direzione. A distanza di dodici mesi dal riconoscimento ufficiale dello stato pandemico da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, i governi nazionali e le istituzioni sovranazionali cercano, senza trovarle, soluzioni praticabili per l’acquisto, la distribuzione e la somministrazione di vaccini. Indubbiamente alcuni fanno meglio di altri. Il governo israeliano, ad esempio. Oppure quello del Regno Unito, che in tempi record è riuscito a somministrare la prima dose di vaccino a circa la metà della popolazione interessata (per un aggiornamento in tempo reale delle vaccinazioni c’è l’ottimo sito curato da Reuters). Gli Stati Uniti, nel passaggio del testimone alla guida del Paese, recuperano rapidamente. Altri invece restano indietro, aumentando un divario drammatico tra Paesi di prima e seconda categoria. È certamente il caso africano.

Anche l’Unione europea mostra punti debolissimi. L’Italia è tra i Paesi che ancora fanno molta fatica ad attuare una campagna vaccinale completa: superate le polemiche di fine 2020 e inizio 2021, e conclusa la successiva fase di auto-celebrazione (con i paragoni con altri Paesi, ancora prematuri a gennaio, come oggi si può facilmente comprendere), i ritardi sono stati evidenti e lo sono tuttora.

Come ci ricorda il sito del Governo, “il 27 dicembre 2020, dopo l’approvazione da parte dell’EMA (European Medicines Agency), è partita in Italia e in Europa la campagna di vaccinazione anti Covid-19”. Il Piano vaccinale è stato dapprima definito dal Governo ‘Conte II’ e poi riscritto, sotto il governo Draghi, dal Generale Francesco Paolo Figliuolo, succeduto a Domenico Arcuri nella guida del piano vaccinale nazionale, che ha varato il Piano straordinario per “l’esecuzione della campagna vaccinale nazionale”.

A fronte del cambio di passo cui stiamo assistendo con il Governo Draghi, è ormai evidente (per tutti) che il “vaccination day” era solo uno slogan politico, ideato sulla scorta del carico emozionale che ha accompagnato un Paese stanco e diviso dopo mesi di chiusure, allarmi ingiustificati, allarmismo diffuso e disfunzioni clamorose nella gestione della macchina burocratica La realtà dei fatti, con punte di cinquecento morti al giorno, va in tutt’altra direzione; lo si è capito subito, quando sono emerse le carenze del piano iniziale, in cui mancavano anche passaggi certi in ordine all’approvvigionamento degli strumenti per effettuare le vaccinazioni.

 

 

Stato delle vaccinazioni in Italia al 28 marzo 2021. Fonte: Governo italiano, Report Vaccini Anti-Covid-19

 

In tale scenario, con questo post dell’Osservatorio intendiamo concentrarci su un aspetto che più di altri ha inciso su tale ritardo (a valle della carenza di forniture): la differenziazione dei sistemi regionali. Iniziamo dalla gestione dei tempi. Le Regioni hanno attivato le rispettive piattaforme digitali tra gennaio e febbraio del 2021. Ultima in ordine temporale è stata la regione Lombardia, che ha attivato il portale a partire dal 15 febbraio. Le possibilità di iscriversi per ricevere la dose di vaccino sono state adeguate alla normativa vigente, secondo le fasce di cittadinanza stabilite (over 80, professori e docenti, persone con disabilità e fragilità, ecc.).

Al netto delle competenze proprie delle amministrazioni regionali, e quindi del fatto che plausibilmente alcune tra queste sarebbero state più veloci di altre nell’allestire portali online per l’attuazione del piano pandemico, c’è un dato che emerge in modo chiaro dai ritardi, ed è quello del disallineamento tra la funzione amministrativa tradizionale e quella digitale. Ne abbiamo parlato più volte (QUI, QUI e QUI). La narrazione diffusa e la percezione collettiva dello Stato digitale si scontra in continuazione con la realtà, che inevitabilmente è più lenta, complessa o addirittura farraginosa. Lo è per ragioni più o meno legittime (la complessità che precede l’azione amministrativa, che l’immagine digitale restituisce capovolta: come semplificazione e immediatezza, ma anche le lacune di competenze e saperi che segnano le amministrazioni pubbliche).

La conferma di questo disallineamento viene osservando il secondo punto, e cioè il funzionamento dei sistemi digitali di ticketing e assegnazione degli slot a disposizione. Anche in questo caso i sistemi digitali regionali hanno funzionato in modo alterno e, soprattutto, differenziato. Benché si sia saggiamente evitato di ricorrere ai (purtroppo) famigerati click day (ne abbiamo parlato QUI), in alcuni giorni i sistemi sono andati comunque in blocco (soprattutto all’inizio). La Puglia ad esempio ha sperimentato qualche problema nella prenotazione online. In Toscana si sono avute risorse contingentate.

Altre differenze sono emerse sul piano delle modalità di accesso e prenotazione. In alcuni casi è sufficiente prenotarsi con il Codice fiscale, in altri occorre anche il numero della tessera sanitaria, in altri ancora all’utente si richiede l’autenticazione tramite Spid, CIE (Carta d’identità elettronica) e CNS (sulla interazione tra i tre sistemi abbiamo scritto QUI). In altri casi ancora, i cittadini over 80 sono stati contattati personalmente dal medico di famiglia. Altrove è stata invece necessaria la previa trasmissione degli elenchi complessivi da parte delle strutture competenti, come per il personale della scuola (caso Campania). Sui tempi, la Regione Lazio è stata tra le più celeri e, dopo gli over 80, ha coperto anche il personale scolastico e universitario, docente e non docente, fino agli over 70 che sono in corso di prenotazione. Nel Lazio, come in qualche altra Regione, si può scegliere il luogo di vaccinazione.

Merita una menzione a parte il caso della Lombardia, la Regione più popolosa, tra le prime a essere colpite dalla diffusione dei contagi e dalle conseguenti ospedalizzazioni e decessi. Qui vi sono state intense attività e qualche disagio che ha comportato file notevoli “di tipo digitale” (già in precedenza la Regione era salita alle cronache per l’errata trasmissione dei contagi a livello centrale).

Emblematico il caso della Agenzia regionale per l’innovazione e gli acquisti (Aria), una società a capitale interamente pubblico fondata nel 2019; comprende l’Azienda regionale centrale acquisti Spa (Arca), nonché la Lombardia informatica spa (Lispa) e Infrastrutture Lombarde Spa (Ilspa). La Società è stata concepita per accentrare e semplificare le procedure, contenendo i costi, secondo il modello della centrale di committenza. Il caos è stato evidente: i servizi informatici sono andati in tilt, con avvisi tramite messaggi di testo (SMS) non recapitati e appuntamenti fissati a notevole distanza dalla propria abitazione (anche per gli over 80), con disagi, quindi, anche logistici e personali. Tanto che ci si è affidati, nonostante la piattaforma, alla compilazione di file excel non integrati al suo interno.

Il malfunzionamento dei sistemi digitali regionali (a partire da quello lombardo) trova molte possibili spiegazioni. Due però sembrano più importanti. La prima è di natura strutturale. Chi ha la responsabilità dell’azione amministrativa digitale? Il vertice politico, certamente. Ma per la realizzazione pratica delle competenze manca ancora (nonostante gli sforzi ripetuti in tal senso, ne abbiamo scritto QUI) una gestione ordinata e lineare. La seconda spiegazione risiede invece negli aspetti progettuali. Al di là della gestione, in molti casi i malfunzionamenti sono stati causati da errori nel design delle piattaforme digitali. Una condizione inaccettabile se consideriamo la sovrabbondanza di indicazioni e linee guida prodotte in tal senso da AGID.

Come accade spesso, la soluzione proposta ha rischiato di aggravare la situazione. Il tentativo suggerito è quello di passare al sistema di Poste: è stato pensato di creare un sistema di prenotazione online diverso (già attuato in cinque regioni e pronto anche per la sesta, la citata Lombardia). Si tratta di una struttura logistica (voluta anche dall’attuale Commissario per l’emergenza), che sviluppa la piattaforma nazionale di prenotazione per i vaccini tramite Poste, che dovrebbe operare anche sugli sportelli ATM (bancomat), con tessera sanitaria. Del resto, in alcuni casi, come le Marche, si utilizzava già la piattaforma nazionale (indicando, oltre al codice fiscale, la tessera sanitaria e il numero di cellulare).

È una situazione che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe condurre a risultati migliori. Ma saranno comunque da verificare problemi di sovraccarico e blocco dei sistemi.

Non aveva più senso creare una piattaforma nazionale, con server decentrati sulle Regioni ma connessi in una “rete unica”, invece di sviluppare sistemi autonomi che hanno mostrato diverse carenze? È troppo rischioso perché i sistemi locali e decentrati potrebbero funzionare meglio? La decisione sul livello ottimale è seria e l’apertura a sviluppi autonomi “locali” va considerata attentamente, ma il caso di specie potrebbe indicare il contrario.

Un sistema nazionale, infatti, potrebbe ovviare alle eccessive discrasie regionali – che non creano solo un disagio o un rallentamento burocratico, ma minano il diritto alla salute. Come fare? Forse con l’accesso al GARR, una grande realtà creata per la ricerca (vedi QUI); questa soluzione non è scontata, ma sarebbe forse possibile in chiave evolutiva (andando, cioè, oltre le finalità di connessione dei centri di ricerca propri del consorzio). Difatti, come si legge nella pagina di riferimento sulle regole di accesso (QUI), mediante specifici convenzioni o accordi le istituzioni della Pubblica Amministrazione possono accedere al GARR “per sperimentazione e sviluppo di tecnologie informatiche e telematiche avanzate”. Il Prof. Enrico Nardelli (che l’Osservatorio ha avuto il piacere di intervistare sul tema del cloud computing, QUI) ha fatto una simile proposta per le scuole e università – e, in particolare, per le piattaforme della didattica a distanza, quindi ad altri fini rispetto a quelli qui in discussione (si veda questo recente articolo). Occorrerebbe stimare i costi, ma l’investimento potrebbe essere coerente in un piano di rilancio complessivo del Paese.

Nel Piano vaccinale anti-Covid (QUI) a pagina 23, si legge quanto che le procedure devono essere basate sui seguenti elementi: 1) pianificazione a tutti i livelli; 2) controllo accentrato; 3) esecuzione decentrata; 4) collegamenti diretti; 5) tavolo permanente. Inoltre, a pagina 24 del medesimo Piano, si legge del “Potenziamento Infologistica”: “[s]ono allo studio soluzioni informatiche, da attuare in tempi brevi, che integrino appieno le funzionalità dei sistemi, coinvolgendo i sistemi informativi regionali, Poste Italiane e il sistema Tessera Sanitaria, al fine di ampliare le funzionalità relative alla prenotazione e alla somministrazione dei vaccini nell’ottica di incrementare progressivamente i punti vaccinali garantendo la circolarità delle informazioni”.

La strada di un centro di prenotazione unico sembrerebbe, dunque, quella ipotizzabile; potrebbe assumere, se ritenuto migliore (servirebbe un serio e serrato tavolo di confronto), le vesti di un sistema unico solo quanto a funzionamento architetturale, da articolare poi su scala locale (soluzione preferita in ambito tecnico, in omaggio alle architetture decentrate e alle possibilità di sviluppo locali). Tuttavia, se il ricorso a Poste possa essere dettato da ragioni di celerità, sarebbe il caso di pensare un po più in grande e realizzare una piattaforma pubblica, chiamando i migliori sviluppatori a progettarla, testarla (facendo ogni genere di prova in via “preventiva” per evitare ulteriori flop, che a livello centrale sarebbero ancor più amplificati) e realizzarla in via diretta. Magari, per il momento, con contratti a termine dei migliori programmatori, per poi ipotizzare la creazione di un “nucleo” stabile di personale addetto a tale sistema. Così si garantirebbe anche un’architettura informatica consona per uno Stato moderno.

Una prenotazione funzionante su tutto il territorio potrebbe essere considerata come un livello essenziale di assistenza (Lea), definibile a livello nazionale nel rispetto delle attuali competenze delle Regioni in materia sanitaria. Inoltre, una soluzione efficiente potrebbe essere di ausilio non solo nell’attuale crisi pandemica, ma anche in futuro, per dotare il Paese di risorse idonee ad affrontare altre sfide.

Ricordiamo che in gioco vi è un diritto fondamentale di immediata percezione: la salute, la cui protezione è imposta dall’art. 32 della Costituzione.

 

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