Pandemie, tecnologie digitali e sistemi democratici

Fino a che punto, e con quali effetti, un evento globale come una pandemia incide sui sistemi democratici? Le infrastrutture democratiche, costrette ai rapidi adattamenti imposti dall’obbligo di distanziamento sociale e dalle misure di contenimento dell’infezione, trovano nella tecnologia un alleato e, al tempo stesso, un ostacolo. Se infatti la pandemia accelera la transizione digitale dei sistemi decisionali (e delle interazioni politiche che alimentano questi ultimi) contribuisce anche ad acutizzare problemi già noti, e finora irrisolti: la sicurezza dei sistemi informatici, la trasparenza delle decisioni e l’inclusione delle decisioni prese.

Il Covid-19 Civic Freedom Tracker creato dalla collaborazione tra lo European e l’International Center for Not-For-Profit Law ci dice che, a due mesi dall’esplosione della pandemia Covid-19, 76 Paesi hanno approvato misure straordinarie per il contenimento dell’infezione. In 21 casi le misure adottate incidono, comprimendole, su alcune libertà essenziali dei cittadini, in particolare quella di spostamento. In 85 Paesi al mondo, inoltre, i provvedimenti normativi adottati dai Governi interessano direttamente le assemblee legislative, limitandone le prerogative o modificandone il modus operandi.

Un altro think-tank internazionale – l’Institute for Democracy and Electoral Assistance – ha provato invece a stimare l’impatto della pandemia sulle circa 70 tornate elettorali nazionali e sub-nazionali che, da qui a fine anno, si svolgeranno (o avrebbero dovuto svolgersi) nel mondo. Da inizio Marzo, spiega lo studio, 50 Paesi hanno scelto di posticipare la data delle elezioni; invece in 19 Paesi le consultazioni elettorali hanno avuto luogo nelle date indicate originariamente. In alcuni casi, invece, sono state modificate le procedure elettorali. La Polonia, ad esempio, ha deciso di consentire il voto esclusivamente postale per le importanti elezioni presidenziali del 10 Maggio.

Tra le tante “vittime” della pandemia scoppiata nei primi mesi del 2020 ci sono anche le infrastrutture che sostengono i sistemi democratici contemporanei. L’obbligo di distanziamento sociale e le misure straordinarie di contenimento dell’infezione producono conseguenze importanti sul funzionamento delle istituzioni dello Stato e delle organizzazioni sovranazionali – tra queste c’è l’avanzamento nell’uso delle tecnologie digitali da parte dei decisori pubblici. Si tratta però di un avanzamento incerto e non privo di incognite. In sintesi:

Primo, si è (ri-)aperto il dibattito sulla possibilità che le assemblee legislative operino da “remoto”, avvalendosi di strumenti digitali. Il caso più noto è quello del Parlamento europeo che, prima volta nella sua storia, a fine Marzo, decide di riunirsi in una seduta plenaria virtuale, con voto a distanza. Il dibattito sul tema era in corso da tempo, ma non aveva fatto registrare fino ad ora avanzamenti significativi. La scelta europea ha avuto il merito di spianare la strada alla possibilità che altre assemblee decisionali possano lavorare in modalità online, ma ha anche messo in evidenza in modo quasi grottesco il profondo gap culturale esistente sul tema. Agli eurodeputati, cui è stata inviata la documentazione relativa alle votazioni in formato elettronico, è stato chiesto anche di stamparla, compilarla e firmarla e, dopo aver scansionato i fogli, inviarla elettronicamente.

Secondo, la diffusione di piattaforme online al servizio delle istituzioni ha consentito di ridurre i costi (e, in parte, i tempi) dei processi decisionali, ma non ha risolto il problema della sicurezza. Una delle piattaforme più utilizzate allo scopo – Zoom – si è rivelata debole agli attacchi informatici e alla tutela della riservatezza delle conversazioni. Le conseguenze di una breccia nella riservatezza potrebbero essere disastrose nel caso in cui la riservatezza sia fondamentale a garantire il successo di delicate negoziazioni politiche. Si pensi, ad esempio, alle riunioni dell’Eurogruppo e del Consiglio europeo in merito alla definizione del piano di aiuti economici per gli Stati membri dell’Unione.

Terzo, rimanendo in tema di riduzione dei costi e dei tempi procedimentali, l’accelerazione sulla transizione digitale non può che giovare alle pubbliche amministrazioni, a condizione che si svolga in un contesto adeguato. Il caso, tragico, dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale valga da monito: a pochi minuti dall’apertura dei termini per la presentazione delle domande per l’erogazione del bonus fiscale il sito web dell’Istituto prima è andato in tilt, successivamente ha reso visibili i dati degli utenti.

Quarto, democrazie digitali impongono un’attenzione doppia per le categorie “a rischio” – ovvero degli analfabeti digitali e di coloro che non hanno accesso alle infrastrutture tecnologiche. Alcuni Paesi, tra cui l’Italia, hanno introdotto misure volte al potenziamento delle infrastrutture sul territorio nazionale. Le istituzioni europee hanno concesso ai propri funzionari un aumento in busta paga finalizzato al pagamento di utenze internet presso le abitazioni private. In altri Paesi, e tra questi gli Stati Uniti, il digital divide è emerso in modo evidente, contribuendo ad accrescere divari sociali e tasso di mortalità.

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