Il ruolo della digitalizzazione nello sviluppo economico. Uno studio di Deloitte conferma la stretta relazione

Un recente studio di Deloitte, commissionato da Vodafone, si è posto l’obiettivo di verificare e quantificare quale sia il ruolo della digitalizzazione nel guidare la crescita economica e la produttività degli Stati. Il tema della relazione tra digitalizzazione e sviluppo dell’economia e della produttiva è di particolare rilevanza nell’attuale dibattito sulle nuove tecnologie come dimostra anche l’interesse mostrato da numerose istituzioni internazionali e sopranazionali. Le analisi tuttavia mostrano un divario tra ordinamenti che rischia di aggravarsi. L’Italia, in particolare è ancora agli ultimi posti per investimenti nella digitalizzazione.

 

Un recente studio di Deloitte, commissionato da Vodafone, si è posto l’obiettivo di verificare e quantificare quale sia il ruolo della digitalizzazione nel guidare la crescita economica e la produttività degli Stati.

Alla base dello studio, si pone la tesi che la digitalizzazione possa avere un impatto sull’economia sia direttamente, attraverso nuovi prodotti, sia indirettamente, incidendo nel complesso sulle attività economiche. L’idea da cui si sono mossi i ricercatori è che lo sviluppo di un “ecosistema digitale” portando ad una maggiore innovazione, migliori l’efficienza e l’efficacia dei fattori produttivi in tutti i settori dell’economia, contribuisca ad una crescita economica sostenibile, migliori la qualità della vita, la salute e la sicurezza delle persone.

L’analisi è stata condotta sui ventisette paesi dell’UE e sul Regno Unito, utilizzando i dati della Banca mondiale, dell’Eurostat e i punteggi DESI per gli Stati membri per il periodo 2014-2019. I ricercatori hanno evidenziato la forte correlazione tra i punteggi DESI e PIL pro capite, e la conseguente stretta relazione tra digitalizzazione e benessere economico in tutti i paesi. I risultati dell’analisi, secondo quanto affermato nello studio “forniscono la prova di un impatto causale di un aumento della digitalizzazione, come misurato da DESI, e crescita del PIL pro capite” (sull’indice DESI si veda, su questo Osservatorio, B. Carotti, Le confessioni dell’indice DESI – IRPA).

Secondo lo studio, le prove sull’impatto della digitalizzazione e gli aspetti positivi del collegamento trovato tra DESI e crescita economica e produttività, suggeriscono che l’UE può dare un contributo significativo alla sua economia di lungo periodo potenziale attraverso investimenti nella digitalizzazione negli Stati membri, come infrastrutture e miglioramento delle competenze. In particolare, dall’indagine svolta emerge che un incremento del 10% nel punteggio DESI è associato, a un aumento del PIL dello 0,65% pro capite. Si stima, inoltre, che l’impatto relativo degli investimenti sulla digitalizzazione sarà maggiore per i paesi con un più basso grado di sviluppo, con la conseguenza che tali investimenti possono svolgere anche un importante ruolo nel guidare la convergenza tra Paesi dell’UE.

Il tema della relazione tra digitalizzazione e sviluppo dell’economia e della produttiva è di particolare rilevanza nell’attuale dibattito sulle nuove tecnologie come dimostra, oltre allo studio appena richiamato, anche l’interesse mostrato da numerose istituzioni internazionali e sopranazionali. Da alcuni anni, ad esempio, l’OCSE è impegnato a potenziare gli strumenti statistici per monitorare l’andamento dell’economia digitale, attraverso un programma di misurazione basato su sei settori. La connessione tra sviluppo economico e investimenti nella digitalizzazione è sottointesa in diversi documenti europei, tra cui la Comunicazione della Commissione sugli aiuti di Stato del maggio 2020 (su cui, su questo Osservatorio si veda G. delle Cave, Aiuti di Stato per la ripresa post Covid-19: l’UE punta sul digitale? – IRPA).

Recentemente, anche la BCE si è occupata del tema e ha pubblicato di recente un rapporto “The digital economy and the euro area (europa.eu)” in cui si evidenzia come la diffusione delle tecnologie digitali che portano a un’economia digitale sia in grado di trasformare modelli di consumo e produzione, modelli di business, preferenze e prezzi relativi, e quindi intere economie. Alcuni degli effetti chiave della digitalizzazione, si legge nel rapporto, stanno influenzando variabili rilevanti per la politica monetaria come l’occupazione, la produttività e l’inflazione.

Dallo studio della Banca Centrale emergono molti altri dati interessanti. Nella comparazione tra ordinamenti si segnala come l’economia digitale in Europa sia più piccola rispetto agli Stati Uniti (dove la dimensione del settore manifatturiero è circa il doppio di quella dell’area dell’euro , maggiore anche che nei Paesi specializzati in attività manifatturiere, come la Germania, e dove il solo settore dei servizi digitali contribuisce tanto quanto l’intera economia digitale dell’area dell’euro); e che il divario negli ultimi anni è rimasto più o meno invariato, nonostante in Europa il digitale sia in costante aumento dal 2015.

In particolare, si legge nel Rapporto, “in Europa l’indice dell’economia e della società digitale è passato da meno di 40 nel 2015 a oltre 60 nel 2020”. In questo dato aggregato, tuttavia, i dati tra i singoli Paesi sono molto diversi. Sebbene la connettività (in particolare la banda larga) abbia raggiunto livelli comparabili nella maggior parte degli Stati, rimangono significative differenze per quanto riguarda ad esempio, i livelli di capitale umano e l’integrazione delle tecnologie digitali nel settore pubblico e delle imprese. Secondo gli autori del report la maggior parte dei Paesi europei, in termini di adozione di tecnologie digitali, si trova in una situazione di ritardo rispetto ai principali concorrenti; all’interno dell’Europa, peraltro, esistono differenze e solo pochi Paesi sono digitalizzati quanto i Paesi più digitali del mondo, come gli Stati Uniti. Questa notevole eterogeneità implica che gli impatti della digitalizzazione variano nell’area dell’euro e non è chiaro se la digitalizzazione allargherà le differenze tra i Paesi o le ridurrà.

Questi divari nell’adozione del digitale si traducono in differenze significative sulla diffusione della digitalizzazione tra i Paesi dell’UE. Il rischio allora è che gli investimenti sul digitale possano acuire il divario, già esistente, tra i diversi Paesi.

Una seconda questione problematica su cui riflettere riguarda l’attendibilità delle previsioni, e la validità stessa della tesi che individua un legame proporzionale tra aumento della digitalizzazione e aumento della produttività dei Paesi e dello sviluppo economico.

Un’ultima notazione, infine, riguarda l’ordinamento italiano. L’Italia nella classifica elaborata dalla Bce è poco oltre il quarantesimo posto ed è al quartultimo posto nella classifica europea, sebbene la connettività (in particolare la banda larga), abbia raggiunto livelli comparabili a quelli della maggior parte dei Paesi europei più avanzati. È quindi quanto mai nodale che l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNNR) consenta di recuperare questo ritardo, investo nella digitalizzazione e quindi stimolando per tale via, la crescita economica e la produttività del Paese (sull’audizione della Ministra Pisano sulle linee guida per la definizione del PNNR si veda su questo Osservatorio, V. Bontempi, La Ministra Pisano in audizione al Senato sulle “Linee guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” – IRPA).

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