Si può regolare l’innovazione tecnologica determinista e non-neutrale?

Quante e quali sono le tendenze che guidano il dibattito relativo al tema del ‘law and technology’? Un contributo a firma di Thibault Schrepel dell’Università di Utrecht, pubblicato sul Computational Law Report del MIT, ne individua due. La prima tendenza riguarda il determinismo tecnologico – l’innovazione tecnologica definisce anche quella della società. La seconda, invece, è relativa al tema della neutralità delle tecnologie (l’impatto della tecnologia dipende dal contesto sociale in cui si applica?).

 

Benché le definizioni del tema ‘Law & Technology’(o Legal Tech) divergano nella definizione del perimetro di argomenti cui fare riferimento, nello stilare un ordine di priorità tra questi, oltre che sugli approcci preferibili per comprendere i problemi che a quegli argomenti fanno capo – quasi tutte convergono su un punto importante: il legame tra tecnologia e società. Gli autori, sul punto, concordano. Sia che si occupino del tema della regolazione delle aziende del settore, oppure guardino al processo di transizione digitale delle funzioni pubbliche di regolazione, ritengono cruciale l’impatto di questi processi sugli individui e sulle relazioni umane che li legano.

Thibault Schrepel dell’Università di Utrecht è partito da questa premessa e ha provato, in un contributo recente apparso sul Computational Law Report del MIT, a individuare le principali tendenze del settore Legal Tech. Schrepel scrive di due tendenze principali. La prima riguarda il cd. “determinismo tecnologico”. Possiamo sintetizzarlo con un dilemma: l’innovazione tecnologica definisce anche quella della società, oppure accade il contrario? È cioè la società che influenza l’avanzamento delle tecnologie? Delle due posizioni, la prima è quella più diffusamente accolta tra gli studiosi.

C’è poi una seconda tendenza, relativa al tema della neutralità delle tecnologie. Anche qui le opinioni divergono. L’impatto della tecnologia dipende dal contesto sociale cui si applica? Oppure è legittimo sostenere che la tecnologia è, in qualche modo, ‘inevitabile’ – prescinde cioè dal contesto sociale cui fa riferimento? Delle due posizioni, è la prima ad avere il seguito maggiore tra coloro che si occupano dell’argomento.

È chiaro che, a seconda della posizione che si assume su questi temi, le conseguenze che ne discendono sono importanti. Proviamo a seguire l’orientamento prevalente. Validiamo cioè l’ipotesi secondo cui la tecnologia è determinista e non neutrale. Se questa ipotesi è corretta, ne consegue inevitabilmente un ridimensionamento del ruolo dei regolatori pubblici. La regolazione pubblica della tecnologia, in altre parole, non può realmente incidere sugli effetti di questa. Può al massimo garantire un palliativo alle trasformazioni che le tecnologie impongono alla società. Per cui, ad esempio, Nick Bostrom dell’università di Oxford ci dice che la super-intelligenza delle macchine nuoce, in ultima istanza, al progresso civile; Frank Pasquale della Brooklyn Law School raffigura la società come una scatola nera, vincolata al codice binario degli algoritmi; mentre Eugeny Morozov racconta di come l’impegno civico sul web si disperda in azioni frivole e civicamente insignificanti.

Schrepel non contraddice questa lettura negativa e pessimista, ma aggiunge: non possiamo escludere che, nonostante la natura determinista e non neutrale della tecnologia, ne conseguano comunque effetti positivi per le società contemporanee. In che modo, esattamente? Nella narrazione offerta da un classico nel suo genere – Exit, Voice and Loyalty di Albert Hirschman – ciascun individuo dispone di due strumenti per difendere i propri interessi.

Può abbandonare il gruppo cui appartiene (exit) in dissenso dall’opinione maggioritaria all’interno di questo; oppure può rimanere nel gruppo, protestando (voice) a difesa del suo punto di vista. Il principio di Hirschman, peraltro, si applica anche al rapporto tra consumatori e produttori all’interno di un’economia di mercato.

C’è un problema, prosegue nel suo ragionamento Schrepel: la exit ha perso incisività rispetto al passato – e la responsabilità di ciò è da attribuirsi al progresso tecnologico. Nel momento in cui al consumatore vengono offerti più servizi gratuitamente, quest’ultimo esprime il suo gradimento attivando e disattivando tali servizi, riducendo però l’incisività che potrebbe avere l’abbandono degli stessi. In compenso, il valore del voice rimane intatto, ed è anzi rafforzato. Il cittadino può sfruttare alcune tecnologie, in particolare quella blockchain, per protestare nei confronti di parte, non l’insieme, degli effetti prodotti dalla tecnologia.

Per questo motivo – conclude Schrepel – è opportuno, per i decisori pubblici, approcciarsi alla tecnologia in modo diverso rispetto al passato. Anzitutto, ricorda l’autore, provando a considerare i rischi assieme ai benefici offerti dalle tecnologie. Questa valutazione dovrebbe basarsi sul bilanciamento tra i primi e i secondi, e sulla mappatura delle correlazioni che li legano. A tal fine, è oltremodo opportuno sviluppare approcci inclusivi, che raccolgano e facciano tesoro delle opinioni delle comunità di esperti e addetti ai lavori.

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