I Ministri del futuro

Da qualche tempo, la parola ‘futuro’ è tornata a popolare il lessico politico e istituzionale, a livello nazionale, europeo e globale. In realtà di futuro la classe politica non ha mai smesso di parlare. Negli ultimi mesi però il lavoro istituzionale e politico intorno alla costruzione di un futuro collettivo (e migliore) si è dotato di strumenti nuovi e di un approccio più “tecnico” alla materia. Ciò accade a causa della crisi pandemica, che ha imposto un cambio di passo non solo narrativo, ma anche metodologico, nella elaborazione delle politiche pubbliche. La domanda è: quale ruolo spetta alla tecnologia digitale in questo futuro? Il digitale, declinato in prospettiva, è più uno strumento o una sfida per le democrazie?

 

 

Il 17 maggio 2021 i Ministri degli affari europei dell’Unione si sono incontrati a Coimbra, in Portogallo, per parlare di futuro. Non di futuro in senso generico, ma di tecniche utili a comprendere la possibilità che eventi futuri possano realizzarsi, e l’incidenza di questi eventi sui sistemi politici ed economici di un paese. L’obiettivo dell’incontro era condividere un metodo di lavoro nuovo rispetto all’elaborazione di politiche pubbliche, incentrato sull’analisi predittiva (tema di cui ci siamo già occupati, QUI).

I punti all’ordine del giorno erano due. Primo, la presentazione dello EU-wide Foresight Network – che è al tempo stesso un metodo di lavoro (condiviso, almeno negli auspici) relativo all’elaborazione delle politiche pubbliche, oltre che un’alleanza informale tra istituzioni dell’Unione e stati membri che aderiscono a quel metodo di lavoro. Secondo, la presentazione delle resilience dashboards – un set di indicatori per la valutazione dell’azione di governo lungo tre aree di transizione: sociale, economica e digitale.

Il tema discusso a Coimbra, peraltro, non rimane isolato nel quadro europeo e internazionale. La parola ‘futuro’, negli ultimi mesi, è tornata prepotentemente nel lessico politico e istituzionale. Un altro esempio: la Conferenza sul Futuro dell’Europa, che proverà da qui al 2022 a coinvolgere i cittadini nella riflessione sull’Unione europea dei prossimi anni (ne abbiamo scritto QUI). Che si parli insistentemente di futuro è certamente conseguenza della crisi pandemica, che ha imposto un cambio di passo non solo narrativo, ma anche metodologico, all’elaborazione delle politiche pubbliche. Ne è derivata la necessità per gli attori istituzionali di dotarsi di strumenti nuovi, utili a comprendere, e anticipare quando possibile, gli eventi futuri. Strumenti la cui natura tecnologica apre una domanda cruciale: quale ruolo spetta esattamente al digitale nel contesto delle politiche pubbliche future? È più strumento o sfida per le democrazie?

Entrambe le cose, probabilmente. Di certo la tecnologia digitale è già uno strumento indispensabile a sostegno delle pubbliche amministrazioni. L’idea stessa in base alla quale un governo possa arrivare a comprendere meglio eventi non ancora realizzati, e poi assecondarli alle proprie esigenze, è praticabile solamente grazie alla tecnologia digitale che ha reso possibile raccogliere, elaborare e analizzare ampi flussi di dati. La Commissione europea stima che globalmente nei prossimi tre anni il volume complessivo dei dati crescerà di un 530 punti percentuali (generando peraltro un valore di superiore agli 800 miliardi di Euro). È sempre grazie alla tecnologia che durante le fasi più acute dell’emergenza pandemica i governi di tutto il mondo hanno potuto continuare a erogare servizi pubblici ai cittadini e alimentare il processo decisionale.

Più tecnologia significa però anche maggiori e nuove sfide per la funzione pubblica. Tre su tutte: una sfida sul fronte competenze (come rendere la popolazione digitalmente abile e ridurre i divari digitali?); una sul fronte riservatezza (fino a che punto è lecito per il potere pubblico acquisire informazioni sui cittadini, per restituire decisioni più mirate? Si pensi al riconoscimento facciale – di cui abbiamo parlato QUI, QUI e QUI) e una sfida di natura etica (c’è un limite oltre il quale l’algoritmo che raccoglie informazioni che consentono di prevedere eventi futuri non può spingersi, per evitare decisioni discriminatorie o parziali?).

I ministri del futuro saranno più digitali, e per questo motivo potenzialmente più preparati ad affrontare eventi critici, ma al tempo stesso più vulnerabili alle lacune del digitale.

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