Il Congresso statunitense in modalità remoto: una scelta a metà

Con il voto favorevole al proxy voting il Congresso statunitense si allinea alle numerose assemblee parlamentari che, in tutto il mondo, hanno adattato tempi e modalità di lavoro alle misure di distanziamento sociale decise dai rispettivi governi per evitare la diffusione del contagio da Covid-19. Il proxy voting consentirà l’esercizio del voto per delega, in Assemblea, e lo svolgimento in digitale di tutte le attività, incluse quelle di voto, per le Commissioni. È una scelta che ha pregi e difetti: difende l’operatività del Congresso, in una fase delicata per la politica e la società del Paese; così facendo, tuttavia, abdica rispetto all’idea che una democrazia parlamentare possa – seppure temporaneamente e in condizioni eccezionali – operare interamente in formato digitale.

Il 13 Maggio il Chairman della House Rules Committee del Congresso statunitense, Jim McGovern, ha depositato la proposta a sua firma per implementare il proxy voting nelle sedute assembleari. Ottenuto il voto favorevole in assemblea, la proposta McGovern allinea il Congresso statunitense alle numerose assemblee parlamentari che, in tutto il mondo, hanno adattato tempi e modalità di lavoro alle misure di distanziamento sociale decise dai rispettivi governi per evitare la diffusione del contagio da Covid-19. La scelta del Congresso, un ibrido tra le varie soluzioni sperimentate finora, ha pregi e difetti.

Come abbiamo documentato qui, le risposte degli organi legislativi hanno registrato differenze importanti. Alcune assemblee (il Parlamento spagnolo, ad esempio) hanno scelto di consentire l’esercizio dell’attività di voto online ai propri rappresentanti; altre, invece, hanno optato per una transizione digitale “moderata”, limitandola cioè ad alcune attività. È il caso, tra gli altri, dei parlamenti scozzese e della Nuova Zelanda. Altre assemblee, infine, hanno preferito preservare il funzionamento ordinario delle attività legislative, limitandosi ad adeguarne lo svolgimento alle regole di distanziamento sociale (da ultimo, il Parlamento inglese).

La soluzione statunitense combina questi diversi approcci. In cosa consiste esattamente il proxy voting? L’idea di fondo è che ciascun membro eletto possa votare legittimamente per conto di un altro collega, su delega; oppure possa fare il contrario: delegare cioè l’esercizio del voto. La delega ha una durata di 45 giorni, rinnovabili per altri 45 (originariamente erano 60). Per formalizzarla, è necessario depositare una lettera firmata dal designante, controfirmata dal designato, presso la House clerk. In ogni caso, non è possibile cumulare più di 10 deleghe per persona.

Attenzione, non tutte le votazioni possono essere effettuate in formato ‘proxy’. La delega, infatti, vale esclusivamente per le decisioni relative al contenimento della pandemia, quelle inerenti al cd. “quorum call” e quelle pertinenti al tema dei “privileges of the House” – ossia le votazioni relative alle prerogative dell’organo assembleare. Una scelta, quest’ultima, criticata perché non risolutiva del problema relativo al funzionamento della macchina legislativa. Se, infatti, lo scopo delle misure che introducono il voto di prossimità è contenere la diffusione del contagio da Covid-19, sarebbe stato più opportuno estenderne l’applicazione a tutta l’attività legislativa. Come comportarsi, insistono le voci critiche, per le votazioni relative a temi non legati all’emergenza pandemica?

Più innovativa la parte relativa al funzionamento delle commissioni. Per queste ultime è prevista la possibilità di transitare interamente alla modalità remoto, per tutte le attività, dalle audizioni fino alle votazioni (e con la sola esclusione delle closed ed executive sessions). È evidente, allora, la natura politica della decisione. Preservare le funzioni dell’assemblea, attraverso il voto in presenza, è un messaggio chiaro circa il ruolo del legislatore in una fase particolarmente delicata per il Paese, sia dal punto di vista politico che sociale.

Se, quindi, la scelta del Congresso statunitense appare plausibile sul piano politico, lo è meno dal punto di vista della funzionalità. Come è accaduto in altri Paesi, tra cui l’Italia, il dibattito sulla percorribilità della sospensione temporanea delle attività in aula ha diviso gli schieramenti politici, con i Democratici tendenzialmente a favore delle nuove misure e i Repubblicani invece contrari all’idea di trasferire l’attività parlamentare online. Il compromesso raggiunto dai due schieramenti si traduce in un’assemblea che, operando a ranghi ridotti solamente in alcuni casi, di fatto non contribuisce pienamente ai benefici del distanziamento sociale.

Altre preoccupazioni riguardano la trasparenza delle votazioni da remoto. Sul punto, le nuove regole sono molto chiare: il voto viene espresso in stretta osservanza alle indicazioni del delegante. Come regolarsi nell’ipotesi in cui il delegato ecceda il potere di delega che gli è dato? Ciò vale, a maggior ragione, per le scelte più delicate che il Congresso dovrà compiere in merito alla pandemia: le misure di stimolo all’economia, ad esempio.

Infine, per le Commissioni valgono le preoccupazioni espresse in merito alla sicurezza relativa allo svolgimento in rete di attività parlamentari. Come comportarsi nel caso di intrusione informatica durante le attività di voto? Sul punto va detto però che le aziende che offrono servizi di teleconferenza hanno incentivato gli sforzi in direzione della sicurezza, promettendo di garantire la massima protezione dalla possibilità di intrusione.

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