Stop del Garante privacy ai progetti di videosorveglianza smart di Lecce e di Arezzo

Il ricorso a sistemi di videosorveglianza intelligente è oggi diffuso tanto tra enti pubblici che soggetti privati. Oltre che vantaggi, queste tecnologie possono comportare diversi rischi, come l’introduzione di forme di sorveglianza di massa, violazioni della privacy e di altri diritti e libertà fondamentali. Il Garante Italiano per la protezione dei dati personali (GPDP) è intervenuto più volte in materia;  recentemente, ha avviato istruttorie per verificare la legittimità di due progetti, promossi dai Comuni di Lecce e di Arezzo.

Strumenti di videosorveglianza intelligente, come il riconoscimento facciale, sono ormai ampiamente usati tanto da privati che da soggetti pubblici (si veda qui e qui). Com’è noto, si tratta di tecnologie dibattute: da un lato, sono suscettibili di produrre benefici e opportunità, dall’altro rischiano di ledere diversi diritti e libertà fondamentali (ne abbiamo discusso qui, qui, qui, qui, qui, qui e qui). Tanto più che diversi studi hanno evidenziato che questi strumenti non sono (ancora) del tutto affidabili: rischiano per esempio di generare casi di ‘falsi positivi’, che impattano maggiormente sulle minoranze etniche (si veda qui, qui, qui e qui). È evidente la gravità delle conseguenze che possono derivarne, soprattutto nel caso di utilizzi per fini di sicurezza e ordine pubblico (ne abbiamo parlato qui). Ad oggi, all’ampio ricorso a queste tecnologie non è corrisposto un parallelo sforzo di regolamentazione. Tanto a livello nazionale che globale, manca un adeguato quadro normativo che, senza ostacolare gli sviluppi delle nuove tecnologie, protegga tutti i diritti coinvolti (sul punto, si veda qui, qui, qui, qui e qui).

 

Il Garante italiano per la protezione dei dati personali (GPDP) è intervenuto più volte in materia di operazioni di videosorveglianza intelligente. Si è trattato tanto di iniziative di pubblici poteri che di soggetti privati, considerate suscettibili di ledere, tra gli altri, il diritto alla privacy, dando luogo a massive raccolte di dati personali spesso senza il consenso degli interessati. L’anno scorso, per esempio, il Garante espresse parere negativo rispetto all’implementazione del dispositivo S.A.R.I. Real Time da parte delle Forze di Polizia (ne abbiamo parlato qui e qui). Pochi mesi fa arrivò invece una multa nei confronti di Clearview AI, che con le sue operazioni di ‘scansione’ della società aveva violato molteplici disposizioni del General Data Protection Regulation  (ne abbiamo parlato qui). A novembre 2021, era finito nel mirino del Garante il progetto di videosorveglianza Argo del comune di Torino (ne abbiamo parlato qui); in precedenza, l’Autorità aveva bloccato il sistema di riconoscimento facciale di quello di Como. Da ultimo, è intervenuta di nuovo in relazione a operazioni comunali: con un comunicato del 14 novembre 2022, ha reso noto di aver aperto due istruttorie rispetto a progetti pubblici locali.

 

Un’istruttoria riguarda il Comune di Lecce, che aveva annunciato l’avvio di un sistema di sorveglianza a tutela della sicurezza urbana tramite la dislocazione in 18 punti della città di video camere a riconoscimento facciale.   Come evidenziato nel comunicato dell’Autorità, in base alla normativa europea e nazionale “il trattamento di dati personali realizzato da soggetti pubblici, mediante dispositivi video, è generalmente ammesso se necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri. Tuttavia, nel caso dei Comuni, il ricorso a  impianti di videosorveglianza è possibile solo a condizione che venga stipulato il “patto per la sicurezza urbana tra Sindaco e Prefettura“.

L’Autorità ha inoltre ricordato come “fino all’entrata in vigore di una specifica legge in materia, e comunque fino al 31 dicembre 2023, in Italia non sono consentiti l’installazione e l’uso di sistemi di riconoscimento facciale tramite dati biometrici, a meno che il trattamento non sia effettuato per indagini della magistratura o prevenzione e repressione dei reati” (cfr. d.l. 8 ottobre 2021, n. 139, convertito con modificazioni dalla l. 3 dicembre 2021, n. 205).  Occorre, infatti, che il Parlamento definisca requisiti di ammissibilità, condizioni e garanzie, stabilendo quali usi di queste tecnologie sono desiderabili e in che termini sia possibile limitare i diritti in gioco in ragione di superiori esigenze pubblicistiche.

La seconda istruttoria riguarda invece il Comune di Arezzo, finito nel mirino del GPDP a seguito delle notizie di stampa secondo cui avrebbe dotato la Polizia Municipale di “super-occhiali infrarossiper il rilevamento delle infrazioni al codice della strada. Si tratterebbe di strumenti capaci di riconoscere e leggere automaticamente le targhe dei veicoli e, tramite il collegamento a banche dati nazionali, di acquisire in tempo reale e riportare sui visori le informazioni richieste – come la validità dei documenti del guidatore.

Il Garante ha espresso riserve nei confronti della sperimentazione sia a tutela dei soggetti sottoposti ai controlli che degli agenti. Difatti, “ha messo in guardia dall’uso di dispositivi video che possano comportare – anche indirettamente – un controllo a distanza sulle attività del lavoratore e ha invitato al rispetto delle garanzie previste dalla disciplina privacy e dallo Statuto dei lavoratori”.   Il rischio è che il sistema diventi un modo per il Comune di controllare l’operato della polizia in mancanza di tutele in materia di trattamento dei dati e delle immagini personali.

Per verificare la legittimità dei due progetti, il Garante ha chiesto diversi chiarimenti. Il comune di Lecce dovrà fornirgli “una descrizione dei sistemi adottati, le finalità e le basi giuridiche dei trattamenti, un elenco delle banche dati consultate dai dispositivi e la valutazione d’impatto sul trattamento dati”. Ad Arezzo il GPDP ha chiesto invece “copia dell’informativa che sarà resa agli interessati, sia cittadini a cui si riferiscono i veicoli e sia personale che indosserà i dispositivi, e la valutazione d’impatto sul trattamento dei dati che li riguarda”.

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