Soluzioni comuni a problemi globali: l’intelligenza collettiva nell’Unione europea

È possibile sfruttare le competenze diffuse all’interno di comunità allargate di cittadini per affrontare sfide globali? In che misura, e con quali limiti, i regolatori pubblici possono sfruttare il surplus di conoscenza della società civile per elaborare decisioni pubbliche efficaci? Un report del centro studi del Parlamento europeo si interroga sulle potenzialità che l’intelligenza collettiva può offrire alle politiche europee, in chiave di innovazione sociale e partecipazione democratica.

Cos’è l’intelligenza collettiva? Le scienze sociali ne riassumono così il concetto: un numero sufficientemente ampio e diversificato di cittadini può, collettivamente, assumere decisioni migliori rispetto a quelle che i componenti del gruppo prenderebbero individualmente. È possibile, ad esempio, coinvolgere comunità di cittadini nella raccolta e analisi di dati scientifici per aiutare la comunità scientifica a progredire più rapidamente nella validazione delle ipotesi di ricerca. Un caso su tutti: la raccolta di dati relativi alla diffusione geografica di un virus in caso di pandemie.

Uno studio recente pubblicato dal think-tank del Parlamento europeo discute delle potenzialità che l’intelligenza collettiva può offrire alle costruzione delle politiche pubbliche dell’Unione, sia in chiave di innovazione sociale che di partecipazione democratica. Come spiegano gli autori, il dibattito sulla possibilità di coinvolgere comunità ampie di cittadini nella raccolta o elaborazione di informazioni, per costruire decisioni complesse, è resa possibile dalla tecnologia. Lo sviluppo di piattaforme digitali per il cui tramite convogliare le informazioni e la conoscenza diffusa tra i cittadini permette di accelerare i tempi di raccolta delle stesse. Alcuni studi propongono già tassonomie tra strumenti di crowdsourcing complementari all’intelligenza collettiva.

Il briefing conclude con quattro raccomandazioni utili a incentivare lo sviluppo dell’intelligenza collettiva nelle politiche UE. Primo, ripensare i percorsi di partecipazione pubblica al sistema decisionale europeo. Secondo, investire sulla formazione delle competenze digitali utili tanto alle istituzioni dell’Unione quanto alla collettività di cittadini. Terzo, incentivare la creazione di “think-breakers”, ovvero di competenze specializzate a supporto dei decisori pubblici, che sappiano gestire processi complessi di raccolta informazioni per conto delle istituzioni presso cui operano. Quarto, garantire adeguati strumenti finanziari per favorire ricerca e sviluppo delle tecnologie a supporto dell’intelligenza collettiva.

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