La nuova dimensione cibernetica della guerra

Quest’anno si sta assistendo in Ucraina non solo al primo grande conflitto del XXI secolo combattuto sul suolo europeo, ma altresì alle inedite declinazioni cyber della guerra. Si pensi alla diffusione di disinformazione e fake news o al sabotaggio da remoto di infrastrutture civili. Il tema, come evidente, è estremamente complesso e ampio; tuttavia, ne vanno evidenziati alcuni dei profili più rilevanti. In particolare, verrà di seguito posta l’attenzione su: a) le misure adottate dall’Unione Europea per contrastare la disinformazione; b) la creazione in Italia dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale; c) il ruolo esercitato dai privati, come Elon Musk, nei conflitti tra Stati; d) la difficoltà per il diritto internazionale di dare un’adeguata cornice giuridica alla guerra cibernetica.

La tragedia della guerra in Ucraina ha inevitabilmente monopolizzato l’attenzione di media e osservatori occidentali, non solo sotto il profilo umanitario ed economico, ma anche sotto uno più propriamente bellico. Il ripresentarsi di un conflitto sul territorio europeo ha così condotto l’opinione pubblica ad interessarsi anche di quegli aspetti militari che nei decenni precedenti potevamo con sollievo lasciare all’attenzione degli addetti del settore o dei migliori autori del genere distopico.

Non sorprende quindi che in questi mesi siano sempre più frequenti analisi militari e geopolitiche sull’attuale crisi internazionale, specie rispetto alla nuova dimensione cyber del conflitto ucraino (si veda ad esempio qui). Invero, se purtroppo le atrocità della guerra si ripetono sempre uguali nel corso della storia umana, basti ricordare che la prima grande opera della letteratura occidentale canta dei lutti inflitti durante un assedio, sono invece inedite le declinazioni cibernetiche della guerra.

A questo riguardo vi sono almeno quattro aspetti che offrono degli interessanti spunti di riflessione.

In primo luogo, una parte rilevante delle strategie cyber è costituita dalle azioni di propaganda e disinformazione online. Queste, a differenza che in passato, non vengono però promosse dagli Stati nei confronti della propria popolazione per rafforzare la presa del Governo, ma nei confronti dei cittadini di paesi rivali ai fini di una loro destabilizzazione. Basti pensare alla diffusione negli ultimi anni di fake news nel dibattito pubblico europeo da parte di diverse piattaforme russe, quali ad esempio Sputnik e RT, in passato nota come Russia Today.

La rilevanza del fenomeno è poi tale che l’Unione Europea ha già assunto alcune prime iniziative per porvi rimedio. Ad esempio, per contrastare la disinformazione russa, quest’estate è stato modificato il testo della proposta di regolamento sul Digital service act, di cui abbiamo già parlato qui. In particolare, è stato introdotto un meccanismo di reazione in caso di crisi che può essere attivato su iniziativa della Commissione per adottare misure proporzionati nei confronti delle piattaforme online che contribuiscono alla diffusione di fake news.

In secondo luogo, tutti gli Stati stanno acquisendo maggiore consapevolezza dei possibili usi militari delle nuove tecnologie digitali. Invero, da un lato, a seguito dell’invasione dell’Ucraina tutti gli Stati hanno cominciato a destinare in armamenti una parte sempre più rilevante dei lori bilanci, si veda la Germania che ha recentemente approvato la sua prima politica di riarmo dopo la caduta di Hitler. Dall’altro, già prima dello scoppio del conflitto, ogni paese ha cominciato ad attrezzarsi per tutelare le proprie infrastrutture ed amministrazioni dagli attacchi cyber, come ad esempio avvenuto in Italia.

Nel 2021, difatti, sotto il precedente Governo Draghi è stata creata l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) istituita dal d.l. 14 giugno 2021, n. 82, conv. con mod. dalla l. 4 agosto 2021, n. 109. In seguito, nel 2022, l’ACN ha poi predisposto e sottoposto all’approvazione del Presidente del Consiglio dei ministri la Strategia nazionale di cybersicurezza 2022-2026, da noi già esaminata qui e che mira a conseguire una serie di obiettivi per creare un efficiente sistema di difesa da attacchi cyber e fake news.

In terzo luogo, all’interno di conflitti condotti da popoli organizzati sin dall’età moderna in forme statuali un ruolo sempre maggiore è esercitato da singoli attori privati che, in quanto tali, agiscono in via del tutto autonoma e al di fuori da ogni logica di appartenenza statuale. In altre parole, sullo scacchiere internazionale si rinvengono dei pezzi indipendenti che non rispondono o agiscono per conto di nessuno dei principali contendenti statali o federali in gioco. Rispetto al conflitto ucraino va, ad esempio, richiamato il ruolo esercitato dall’uomo più ricco del mondo, il carismatico Elon Musk.

Dapprima, Musk ha messo gratuitamente a diposizione dell’Ucraina il proprio sistema Starlink, ossia un sistema satellitare per la connessione internet che ha consentito all’esercito e alla popolazione ucraina di rimanere connessi nonostante i tentativi di sabotaggio dell’armata russa. In seguito, tuttavia, Musk ha cominciato su Twitter, il social network da lui recentemente acquistato, a promuovere delle trattative di pace sulla base di alcune condizioni apprezzate dall’enclave russo ma chiaramente invise al governo ucraino e, forse, anche a quello statunitense.

In quarto ed ultimo luogo, gli attacchi cyber sono oggi al centro di un contrasto diplomatico prima ancora che giuridico in merito alla loro qualificazione e alla possibilità o meno di sanzionarli secondo il diritto bellico e umanitario. A titolo esemplificativo non è ancora chiaro quando gli attacchi cyber, per la loro intensità, possono essere equiparati ad attacchi militari o quando attacchi condotti da hacker privati possano essere attribuiti ad un determinato Stato. Ancora, non è neppure chiaro quando uno Stato può ritenersi entrato in quello stato di “conflitto” che legittimerebbe l’adozione di offensive cibernetiche.

In conclusione, appare chiaro che l’inedita dimensione cibernetica del conflitto ucraino abbia indotto i singoli Stati e l’Unione Europea ad attrezzarsi di conseguenza, anche sotto il profilo giuridico e amministrativo. Si vedano al riguardo le recenti misure introdotte per contrastare la disinformazione russa o l’adozione della nuova Strategia italiana in materia di cybersicurezza.

Ben maggiori sono invece le difficoltà incontrate dal diritto internazionale nel reagire alla nuova dimensione cibernetica della guerra e, di conseguenza, nel garantire un’adeguata tutela alla popolazione civile di tutto il mondo. D’altronde se, con buona pace di Fukuyama, la storia sembra aver ripreso il proprio corso, è evidente che l’attuale scontro tra imperi lasci sempre meno spazio alla cooperazione internazionale, come peraltro ben dimostrato dalla minore attenzione oggi dedicata all’emergenza climatica.

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