La guerra elettronica russa in Ucraina

Secondo un’analisi di fine luglio, la guerra elettronica della Russia non avrebbe svolto un ruolo decisivo durante la prima fase dell’invasione in Ucraina e avrebbe cominciato a produrre effetti più significativi solo in un secondo momento.

 

La guerra elettronica (EW –Electronic Warfare), che si basa sul ‘dominio’ dello spettro elettromagnetico, costituisce una parte fondamentale, per quanto invisibile, delle azioni militari moderne. Secondo la dottrina militare statunitense, si articola in tre macro tipologie di attività: l’attacco, il supporto e la protezione.

L’attacco elettronico è diretto a compromettere comunicazioni, radar, GPS o altri segnali nemici, colpendone cosi sistemi di guida, l’artiglieria, i caccia, i droni o i missili. A seguito di forme di attacco elettronico, i piccoli droni mandati in ricognizione cadono, le immagini dei loro video sono «torbide».  Le comunicazioni radio non funzionano; diventa difficile impartire ordini e riceverli, e i soldati appaiono “ciechi” e “sordi”. Strumento chiave dell’attacco elettronico è il jamming, diretto a emettere “rumore” in un segnale avversario per sovraccaricare i ricevitori del nemico, disturbare il segnale che il sistema ricevente cerca di rilevare e interrompere le comunicazioni. Oltre che delle interruzioni delle comunicazioni, l’attacco elettronico è spesso responsabile della loro alterazione: si pensi all’invio di falsi ordini a truppe e civili per confondere e ingannare il nemico.

Il supporto elettronico, invece, ha carattere passivo: è diretto a individuare e analizzare le trasmissioni avversarie, per esempio per identificare la presenza delle truppe del nemico o ottenere informazioni sui suoi strumenti di comunicazione, così da individuarne fragilità.

La protezione elettronica è infine adoperata per proteggere i propri segnali e le proprie comunicazioni dalle azioni di supporto e attacco elettronico nemiche. Si tratta dell’attività probabilmente più importante della EW moderna: i jammer e i sensori adoperati da Cina e Russia sono sempre più sofisticati, ed è quindi sempre più complesso evitare la rilevazione, il blocco e l’alterazione delle proprie trasmissioni.

Spectrum, che raccoglie notizie prodotte dall’Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE), ha pubblicato a fine luglio un’analisi  (The Fall and Rise of Russian Electronic Warfare. The Ukraine invasion has become an old-fashioned slog, enabling Russia to unleash its electronic weapons) sulla guerra elettronica della Russia (ne abbiamo parlato qui). Afferma che per ragioni legate alla logistica militare russa la EW non avrebbe svolto un ruolo decisivo durante la prima fase dell’invasione in Ucraina; avrebbe iniziato a produrre effetti più significativi solo in un secondo momento.

Secondo l’autore, Bryan Clark, “Gli esperti hanno a lungo pubblicizzato la Russia come dotata di alcune delle unità EW più esperte e attrezzata al mondo. Nei primi giorni dell’invasione del 24 febbraio, gli analisti si aspettavano quindi che le forze russe avrebbero rapidamente ottenuto il controllo, e poi il dominio, dello spettro elettromagnetico”.

Eppure, la EW non avrebbe giocato fin da subito un ruolo decisivo. Le attività russe a riguardo si sarebbero rivelate, anzi, uno sconcertante fallimento nei primi mesi della guerra. Gli ucraini non hanno subito le forme di jamming che avevano dovuto affrontare nel Donbas e non sono stati presi di mira da forme di sorveglianza elettronica via terra o tramite droni. Sebbene le forze russe abbiano fatto esplodere alcune torri di trasmissione radiofonica e televisiva, i leader ucraini hanno continuato a raggiungere il mondo esterno senza ostacoli da parte degli strumenti di EW russi. La Russia avrebbe sopravvalutato le proprie capacità in EW, sottovalutato quelle Ucraine e, soprattutto, l’importanza del supporto statunitense.

Emblematico dell’insuccesso dell’EW di Putin il ritrovamento, a un mese dell’invasione, in un posto di comando russo abbandonato fuori Kiev, di una componente del Krasukha-4. Concepito per interferire su segnali satellitari e radar, costituisce uno degli strumenti EW più sofisticati della Russia. Gli Ucraini, e per estensione ai loro partner di intelligence nella NATO, hanno così potuto analizzarlo.

Secondo l’analisi, la situazione sarebbe cambiata una volta fallita la strategia di Mosca di prendere rapidamente Kiev e intrapresa la guerra di logoramento nel sud dell’Ucraina. Consolidato il controllo di alcune parti del paese e adottata una tattica di assedio intorno alle città, con linee di fronte più definite e un migliore supporto logistico dalla patria, l’utilizzo di forme di EW avrebbe iniziato a produrre i suoi effetti.  In questa fase, le forze di Putin avrebbero per esempio usato con successo sistemi di EW per rilevare e degradare le comunicazioni degli ucraini, abbatterne i droni e individuarne le posizioni.

In conclusione, l’autore afferma che se l’EW può cambiare il corso di una guerra, i fondamentali contano ancora. Per esempio, in mancanza di un adeguato supporto aereo e di droni a guida satellitare, l’esercito russo non ha potuto usare efficacemente sistemi di jamming nell’assalto a Kiev, non riuscendo a ‘degradare’ le comunicazioni e i radar ucraini prima dell’ingresso delle truppe russe nella città. Costretti a contare su velivoli senza pilota a corto raggio e su sistemi da terra, i russi esperti di EW hanno faticato a non interferire con le operazioni amiche e a distinguere le truppe ucraine dai civili. A complicare il tutto, la circostanza che i militari fossero in continuo movimento. Alcuni sistemi russi di EW sono infatti grandi e ingombranti, adatti a fasi della guerra caratterizzate da posizioni statiche e movimenti ridotti a breve raggio.

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