Il diritto alla disconnessione quale diritto fondamentale

Il Parlamento europeo, con una recente risoluzione, ha invitato la Commissione europea ad adottare una direttiva sul diritto alla disconnessione, al fine di assicurare una tutela da parte degli Stati membri nei confronti dei lavoratori che – soprattutto nel periodo attuale, caratterizzato dall’emergenza Covid-19 –corrono il rischio di dover vivere «sempre online». 

 

Il Parlamento europeo, con la risoluzione del 21 gennaio 2021, recante «raccomandazioni alla Commissione sul diritto alla disconnessione (2019/2181(INL))» ravvisa la necessità che la Commissione europea, valutati e affrontati i rischi della mancata tutela del diritto alla disconnessione, adotti una direttiva sul tema (di smart working e diritto alla disconnessione abbiamo parlato qui).

Il diritto alla disconnessione è definito nella risoluzione come «il diritto dei lavoratori di non svolgere mansioni o comunicazioni lavorative al di fuori dell’orario di lavoro per mezzo di strumenti digitali, come telefonate, email o altri messaggi […] senza correre il rischio di subire conseguenze negative, come il licenziamento e altre misure di ritorsione».

Per sostenere la necessità che una regolamentazione del diritto alla disconnessione venga approntata, il Parlamento parte da una serie nutrita di «considerando», il contenuto dei quali si concentra soprattutto sull’utilizzo delle ICT per scopi lavorativi, che è stato incrementato a causa della pandemia da Covid-19 (di smart working e pandemia abbiamo parlato qui). Per un verso, il Parlamento riconosce che la digitalizzazione ha comportato numerosi vantaggi economici e sociali ai datori e ai lavoratori, quali, per esempio: maggiore flessibilità e autonomia, migliore bilanciamento vita professionale-vita privata, riduzione dei tempi di spostamento. Per altro verso, l’impiego massivo di strumenti digitali a scopi lavorativi ha dato vita alla cultura del «“sempre connesso”, “sempre online” o “costantemente di guardia”» che ha, nella sostanza, vanificato i vantaggi correlati all’impiego delle nuove tecnologie, inducendo le persone a rimanere costantemente e ininterrottamente lavoratori. Il 27% degli intervistati da Eurofound, a titolo esemplificativo, ha infatti dichiarato di aver lavorato nel proprio tempo libero per soddisfare le esigenze lavorative a fronte del 5 % di coloro che lavorano in ufficio.

Tra i «considerando», il Parlamento Ue evidenzia anche i rischi per la salute – fisica e mentale – che l’utilizzo continuativo delle tecnologie digitali può alimentare (per esempio, riduzione della concentrazione, sovraccarico cognitivo ed emotivo, tensioni muscolari, effetti cancerogeni, esaurimento nervoso, ansia, depressione…).

Il diritto alla disconnessione, inoltre, è classificato dal Parlamento Ue come «un diritto fondamentale che costituisce una parte inseparabile dei nuovi modelli di lavoro della nuova era digitale», mentre «essere costantemente connessi, insieme alle forti sollecitazioni sul lavoro e alla crescente aspettativa che i lavoratori siano raggiungibili in qualsiasi momento, può influire negativamente sui diritti fondamentali dei lavoratori, sull’equilibrio tra la loro vita professionale e la loro vita privata, nonché sulla loro salute fisica e mentale e sul loro benessere».

Il testo della proposta legislativa si compone di quattordici articoli.

Nell’articolo 1 sono definiti l’oggetto e l’ambito di applicazione. La direttiva dovrebbe essere volta a stabilire le prescrizioni minime che permettano ai lavoratori di utilizzare strumenti digitali a scopi lavorativi e di esercitare il diritto alla disconnessione, che deve essere garantito da parte dei datori di lavoro. Essa si applica a tutti i settori, sia pubblici che privati, e a tutti i lavoratori, indipendentemente dal loro status e dalle loro modalità di lavoro.

Nell’articolo 2 vi sono le definizioni di «disconnessione» (mancato esercizio di attività o comunicazioni lavorative per mezzo di strumenti digitali, direttamente o indirettamente, al di fuori dell’orario di lavoro) e di «orario di lavoro» (quale definito all’articolo 2, punto 1, della direttiva 2003/88/CE).

Nell’articolo 3 è sancita la necessità che gli Stati membri garantiscano che i datori di lavoro adottino i provvedimenti necessari a fornire ai lavoratori i mezzi per esercitare il diritto alla disconnessione (in modo equo, lecito e trasparente), istituendo un sistema oggettivo, affidabile e accessibile che consenta la misurazione della durata dell’orario di lavoro giornaliero svolto da ciascun lavoratore, nel rispetto del diritto dei lavoratori alla vita privata e alla tutela dei dati personali.

Le misure di attuazione del diritto alla disconnessione sono riportate nell’articolo 4. Gli Stati membri sono tenuti a garantire che le modalità di esercizio di tale diritto siano stabilite in modo dettagliato – previa consultazione delle parti – e che i datori attuino il diritto in modo equo e trasparente. Segue un elenco di condizioni che gli Stati devono assicurare (tra cui modalità pratiche per scollegarsi dagli strumenti digitali, misurazione dell’orario di lavoro, valutazione della salute e della sicurezza…).

Nell’articolo 5 è dettata la disciplina della tutela contro i trattamenti sfavorevoli, la discriminazione o il licenziamento come «punizione» per l’esercizio del diritto alla disconnessione da parte dei lavoratori, incaricando gli Stati membri di proteggere questi ultimi, che hanno diritto a ricorrere per la tutela del loro diritto (articolo 6). In tutela del lavoratore è stabilito anche l’obbligo che i datori forniscano per iscritto ai lavoratori informazioni «chiare, sufficienti e adeguate» sul diritto alla disconnessione (articolo 7) e che gli Stati membri stabiliscano le sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in conformità della direttiva (articolo 8).

Nell’articolo 9 si sottolinea la necessità che la direttiva non costituisca motivo per ridurre il livello generale di protezione riconosciuto ai lavoratori negli Stati membri, mentre nell’articolo 10 è disposta la necessità che gli Stati inviino una relazione alla Commissione – ogni due anni – sull’attuazione e l’applicazione di quanto previsto nella direttiva.

Nell’articolo 11 sono riportate le modalità di recepimento della direttiva e nell’articolo 12 il trattamento dei dati personali da parte dei datori di lavoro è limitato solo ai fini della registrazione degli orari di lavoro dei singoli dipendenti.

Da ultimo, l’articolo 13 è relativo all’entrata in vigore della direttiva, mentre il 14 ai destinatari della stessa, individuati negli Stati membri.

 

Il diritto alla disconnessione dunque, tenuto conto delle trasformazioni digitali che stanno investendo gli Stati e dell’accelerazione dovuta alla pandemia da Covid-19, è valutato dal Parlamento europeo alla stregua di un diritto fondamentale pienamente meritevole di tutela (con buona pace dei datori di lavoro e con probabile sollievo soprattutto degli smart workers).

 

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