Gli AirTag della Apple sotto accusa: da trova-oggetti a strumento preferito degli stalker

La società statunitense Apple, Inc. è sotto accusa per aver immesso sul mercato gli AirTag, dei dispositivi ideati per localizzare gli oggetti ed evitare di smarrirli. Nella causa intentata da due cittadine californiane, le ricorrenti sostengono che gli AirTag permettono di rintracciare non solo effetti personali ma anche di risalire alla posizione delle persone senza il loro consenso, violando in tal modo la privacy degli individui. Le misure “antistalking” adottate dalla società in fase di progettazione non sarebbero state infatti sufficienti a evitare i numerosi episodi di violenza e persecuzione riportati alle forze dell’ordine statunitensi.
Negli ultimi anni, l’evoluzione tecnologica non ha solo rivoluzionato il panorama industriale e sociale ma ha anche aperto nuove frontiere nel campo della criminalità. I dispositivi tecnologici vengono recentemente sempre più utilizzati per scopi malevoli. È ciò che sostengono anche due ricorrenti californiane che, nel dicembre 2022, hanno querelato la società multinazionale statunitense Apple Inc. per aver immesso sul mercato il dispositivo di localizzazione AirTag.
L’AirTag è un accessorio lanciato da Apple nel 2021, a forma di disco e delle dimensioni di una moneta, che può essere attaccato alle chiavi di casa, infilato nel portafoglio, nello zaino, in valigia o attaccato alla bicicletta. C’è addirittura chi lo aggancia al collare del proprio animale domestico.

Utilizzando la tecnologia bluetooth per essere associato agli apparecchi Apple (come iPhone, iPad e Mac), il dispositivo permette agli utenti di rintracciare gli oggetti tramite l’invio di una notifica con la posizione dell’AirTag all’app “Dov’è” installata negli apparecchi.
L’app “Dov’è” utilizza infatti un sistema di chiavi crittografiche pubbliche e private per identificare i singoli dispositivi AirTag.
Al costo di 39 euro (29 dollari statunitensi), l’Airtag permette anche di attivare la modalità “Smarrito”.
In questo modo, se il dispositivo viene rilevato da un altro dispositivo della rete, l’utente riceve una notifica in automatico con indicazione dell’ultima posizione rilevata.
La questione sollevata dalle ricorrenti dinanzi alla Corte Distrettuale Federale degli Stati Uniti (United States District Court, Northern District of California) è che il dispositivo permetterebbe di rilevare la localizzazione delle persone senza il loro consenso.

Tra le querelanti, in particolare, una donna ha riportato di aver trovato un AirTag nello zaino del figlio, inserito dal marito durante un divorzio gravemente conflittuale per tenere traccia dei movimenti della moglie.
Un’altra donna ha accusato l’ex fidanzato di aver posizionato un AirTag nella sua macchina per localizzarne ogni spostamento.
Ma sono in realtà molti di più i casi segnalati alla polizia di vittime di veri e propri episodi di stalking.
Solo nel 2022 sarebbero state almeno 150 le denunce sporte dalle vittime di atti persecutori negli Stati Uniti e, in due casi, gli AirTag sarebbero stati addirittura utilizzati in episodi di omicidio.
Al momento del lancio degli AirTag nel 2021, il colosso statunitense, ben consapevole della possibilità per il dispositivo di ricostruire la posizione delle persone, aveva rassicurato gli utenti di aver implementato delle misure “antistalking” e che gli AirTag sarebbero stati in grado di assicurare di più elevati standard di privacy. In particolare, gli AirTag avrebbero inviato avvisi sonori al dispositivo della persona tracciata quando quest’ultima si trovava nella vicinanza di un AirTag per un periodo di tempo prolungato.
Sin dal lancio sul mercato, Apple ha infatti sempre precisato che gli AirTag sono stati ideati per rintracciare oggetti, non persone.
Le misure di sicurezza sarebbero state ulteriormente rafforzate da Apple in seguito alla causa intentata dalle vittime.
Nel comunicato stampa emesso dalla società il 10 febbraio 2022 si legge che Apple condanna nel modo più assoluto possibile qualsiasi uso illecito dei propri prodotti e che, riconoscendo che i tracciamenti indesiderati sono ormai un problema della nostra società, la stessa ha prestato particolarmente attenzione a questo aspetto durante la progettazione del dispositivo.
A seguito degli episodi illeciti registrati, la società avrebbe inoltre implementato una serie di misure rafforzate per impedirne ogni uso improprio, tra cui la ridefinizione della logica di avviso dei tracciamenti indesiderati per far sì che l’utente venga immediatamente avvertito da una notifica
quando un AirTag sta seguendo il suo percorso.

Per Apple, dunque, le misure adottate nella progettazione del dispositivo sarebbero in grado di tutelare la privacy degli utenti: l’AirTag non memorizza i dati della persona rintracciata e la cronologia di localizzazione viene trasmessa in forma anonima e criptata.
Nemmeno il produttore è quindi in grado di risalire all’identità della persona tracciata.
Nonostante ciò, nella guida all’utilizzo degli AirTag sul
sito Apple, è la stessa società che detta indicazioni nel caso in cui l’utente riceva una notifica sulla presenza di un dispositivo non desiderato nelle vicinanze: “Se visualizzi il messaggio mostrato sopra sul tuo dispositivo, significa che un AirTag
o un altro accessorio di Dov’è si è allontanato dalla persona che lo ha registrato e adesso è in movimento con te. È possibile che l’AirTag sia applicato a un oggetto che hai preso in prestito. Oppure, è possibile che la persona che lo possiede ti stia tracciando a tua insaputa.”

È dunque la stessa società che, nonostante difenda le misure adottate a tutela della privacy degli utenti, rileva la possibilità che i dispositivi vengano utilizzati per scopi diversi da quelli per cui sono stati ideati. Apple, infatti, avvisa sul proprio
sito che se l’utente ritiene che la propria sicurezza sia a rischio, può contattare le forze dell’ordine locali che potranno collaborare con la società.
Tali misure, tuttavia, non sarebbero state sufficienti per evitare gli episodi di violenza e stalking subiti dalle vittime. Il costo e le dimensioni ridotte dei dispositivi, nonché la loro facilità di utilizzo, avrebbero trasformato l’AirTag da dispositivo per rintracciare gli oggetti smarriti o rubati allo
strumento perfetto per gli stalker.

Anche il giudice distrettuale di San Francisco ha ritenuto che il tema fosse meritevole di ulteriore indagine e, dunque, non ha archiviato la causa per possibile negligenza e responsabilità oggettiva della società.

La questione giuridica sottesa non riguarda solo la tutela della privacy degli utenti ma anche e soprattutto se Apple possa essere considerata responsabile oggettivamente per i danni causati alle vittime. Se così fosse, sarebbe responsabilità dell’azienda evitare che le persone possano utilizzare i dispositivi AirTag per scopi criminosi.

Non ci resta dunque che attendere l’esito del processo per capire come il giudice federale affronterà la questione legata a questi dispositivi controversi.

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