Per i due anni dall’avvio dell’Osservatorio, la presentazione del volume curato da Valerio Bontempi

In quali termini si sviluppa il rapporto tra la tecnologia e il diritto pubblico? E quali novità porta con sé il Piano nazionale di ripresa e resilienza? In particolare, cosa comporta il cambio di paradigma europeo, dall’austerity alla politica economica espansiva, per la progressiva formazione dello Stato digitale? Il 19 maggio 2022 alle ore 15.00 si è svolta, presso il Dipartimento di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Roma Tre, la presentazione del libro Lo Stato digitale nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ne hanno discusso insieme Barbara Marchetti, Alessandro Natalini, Giorgio Resta e Lorenzo Casini. Il volume, curato da Valerio Bontempi e con prefazione di Luisa Torchia, testimonia l’intenso lavoro dell’Osservatorio sullo Stato digitale nel corso dei primi due anni di attività.

Il 19 maggio 2022 alle ore 15.00 si è svolta, presso il Dipartimento di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Roma Tre, la presentazione del libro Lo Stato digitale nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il volume, curato da Valerio Bontempi, testimonia l’intenso lavoro svolto dall’Osservatorio sullo Stato digitale nel corso dei suoi primi due anni di attività. Il libro si articola in tre sezioni: le competenze digitali, l’istruzione e la ricerca scientifica; le infrastrutture digitali; la digitalizzazione dell’attività amministrativa. Lo scritto collettaneo coinvolge quindici autori, oltre il curatore.

 

L’incontro è stato introdotto da Luisa Torchia. In quali termini si sviluppa il rapporto tra la tecnologia e il diritto pubblico? E quali novità porta con sé il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)? In particolare, cosa comporta il cambio di paradigma europeo, dall’austerity alla politica economica espansiva, per la progressiva formazione dello Stato digitale?

Ne hanno discusso insieme Barbara Marchetti, Alessandro Natalini, Giorgio Resta e Lorenzo Casini.

Nonostante la diversità negli approcci, gli interventi hanno messo in luce un elemento comune che già emergeva nella prefazione allo scritto di Luisa Torchia. La digitalizzazione dell’amministrazione è annoverata tra le soluzioni ai problemi dell’arretratezza amministrativa, ma è sufficiente la «transizione» digitale o sarebbe più opportuno parlare di «trasformazione»?

L’intervento di Barbara Marchetti ha preso le mosse proprio da questa domanda. Il passaggio al digitale non deve limitarsi ad un cambiamento di forma ma deve comportare una reingegnerizzazione delle procedure amministrative e un cambio di paradigma nell’organizzazione nonché nell’approccio al e del diritto (amministrativo). È stato quindi osservato come la digitalizzazione, intesa nel suo significato più «trasformativo», venga sempre presentato in una chiave «positiva» nel volume, nonostante essa ricordi, anche e inevitabilmente, importanti elementi di debolezza del sistema paese, ad esempio il digital divide o il basso indice di digitalizzazione del capitale umano. La relatrice ha poi affrontato il tema degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale, riprendendo il contributo di Antonella Mascolo, e argomentando in loro favore: perché non temerli? Chiarite le differenze tra i sistemi esperti e quelli basati su algoritmi machine learning e deep learning, è stato proposto un approccio problematico. In base a quest’ultimo, il ricorso all’intelligenza artificiale nell’attività amministrativa non andrebbe escluso a priori ma valutato caso per caso, sfruttandone le potenzialità – soprattutto nelle fasi non decisorie. L’intervento si è concluso richiamando il contributo di Paolo Clarizia sulla fornitura: autoproduzione o ricorso al mercato? Di queste alternative sono state presentate le luci e le ombre osservando, nelle battute finali, che non si può prescindere, in ogni caso, dalle competenze informatiche e digitali interne alla pubblica amministrazione.

Alessandro Natalini ha esordito ricordando il valore aggiunto di un «osservatorio» che, cioè, vede quello che c’è. Ha quindi manifestato il desiderio di volersi ispirare a questo approccio per il suo intervento, aprendo su un tema trasversale, ovvero la trasparenza, alla luce però della digitalizzazione e dell’evoluzione che entrambe queste nozioni hanno vissuto nel diritto amministrativo. I più recenti istituti della trasparenza sono veramente digital? Sotto il profilo della raccolta e della pubblicazione di dati, Natalini ricorda come l’Italia faccia in realtà molto bene. Quanto però sono open questi dati? E se sono scaricabili, sono poi effettivamente scaricati? Inoltre, sono intellegibili e consultabili con l’ausilio di metadati? Sono confrontabili? Tengono conto dell’interoperabilità tra le banche dati? Il cittadino conosce le modalità di accesso e i canali di comunicazione sono chiari e accessibili? A tutte queste domande sembra si debba rispondere di no. Per il futuro è quindi necessario prendere atto che l’amministrazione aperta, come fino ad ora realizzata, non è sostenibile ed è necessario uno sforzo in più, anche grazie alla strategia per il cloud e i Big Data.

Sulle conclusioni di Natalini, si è inserito l’intervento di Giorgio Resta, il quale ha aperto il suo intervento chiedendosi cosa un giurista non pubblicista possa trarre dal libro. Il discorso si è quindi concentrato sugli aspetti del cloud, della condivisione e della titolarità dei dati. In particolare, per quanto attiene all’infrastruttura digitale alla luce del PNRR e richiamando i contributi di Bruno Carotti e Gianluca Buttarelli, il relatore ha affrontato il tema della dipendenza tecnologica europea dai Big stranieri. Si è domandato, provocatoriamente, se non si debba guardare con interesse alla Digital Silk Road della Cina, per arginare gli oligopolisti del libero mercato dei dati, e agire in modo coordinato a livello europeo. Ha quindi osservato come nel diritto europeo l’approccio rispetto ai dati stia cambiando, passando dal tradizionale e ancora recente paradigma della protezione a quello della condivisione. Di conseguenza, la nozione di titolarità è ancora attuale? Come spunto, è stato citato il secondo contributo di Paolo Clarizia, relativamente alle strategie digitali di accesso al patrimonio culturale e allo sfruttamento economico delle immagini da esso derivate.

In conclusione, l’intervento di Lorenzo Casini ha ricordato come i problemi relativi allo sviluppo di uno Stato digitale siano attuali e lo saranno anche dopo l’implementazione del PNRR, il quale si sviluppa su un orizzonte temporale relativamente breve. Ha poi offerto una lettura sintetica di quanto il piano di ripresa offra e non offra in materia di digitalizzazione. Ha adempiuto a questo compito rispondendo a due domande. Innanzitutto, il piano è articolato adeguatamente rispetto alla transizione digitale? L’orientamento appare parzialmente ottimista. Risorse ingenti sono state indirizzate alla digitalizzazione «forte», basata cioè sul potenziamento delle infrastrutture. Sembra invece mancare un disegno chiaro rispetto agli obiettivi di digitalizzazione più soft, ad esempio in termini di istruzione e capacità amministrativa. Occorrerebbe, per queste finalità, riforme di ampio respiro. La seconda domanda, invece, ha riguardato le risorse umane: saranno sufficienti per implementare il piano, soprattutto rispetto alla sfida digitale? È stato ricordato come sia stato previsto un piano di reclutamento per le esigenze più immediate ma il modello andrà ripensato in vista della sostenibilità futura.

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