Oltre le criptovalute: la blockchain come strumento per la salute globale

La tecnologia blockchain, che nasce inizialmente con e per la gestione delle criptovalute, si è velocemente trasformata in uno strumento trasversale per conseguire il miglioramento prestazionale nei diversi settori economici di applicazione, compreso quello sanitario, che per deprecabile tradizione risulta inciso, tra le altre, dalle inefficienze connesse alla difficoltà di gestire grandi volumi informativi e ai connessi pericoli legati sia alle frodi sui dati e sulle prescrizioni mediche che  alle dinamiche corruttive.

La tematica sanitaria, che per via dell’emergenza Covid-19 da circa 3 mesi catalizza l’attenzione di tutto il mondo e ne alimenta i giustificati timori, è in realtà un argomento da tempo già caro alle istituzioni globali.

Le Nazioni Unite, infatti, con la risoluzione “Transforming our world: the 2030 agenda for sustainable development” del 2015 hanno incluso tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) da attuare entro il 2030 quello di assicurare uno stile di vita salutare e di promuoverne il conseguimento per i cittadini di tutte le età.

Nel 2018, invece, la WHA – World Health Assembly ha dedicato una intera risoluzione alla Digital health, stimolando i membri ONU verso l’adozione di soluzioni digitali in ambito sanitario.

A marzo 2020, infine, la WHO – World Health Organization ha pubblicato un draft dal titolo “Global strategy on digital health”, con cui individua nella reciproca integrazione tra risorse finanziarie, organizzative, umane e tecnologiche un modello globale per il miglioramento del livello di benessere della popolazione.

Si tratta, quindi, di chiari indicatori da cui ricavare la tendenza generale verso l’implementazione di sistemi integrati di sanità digitalizzata (eHealth), in grado di realizzare l’informatizzazione delle strutture sanitarie e della documentazione medica individuale.

Anche le recenti iniziative tecnologiche in materia di applicazioni digitali per il tracciamento dell’infezione da Coronavirus, in fondo, rientrano nel ben più ampio processo di digitalizzazione sanitaria avviato da tempo a livello globale e nazionale (in Italia, il progetto ha assunto la denominazione di “Sanità in rete” ed è gestito a livello centrale dal Ministero della Salute).

In questo contesto, la tecnologia blockchain appare come uno strumento in grado di supportare e agevolare il raggiungimento di quegli obiettivi di efficienza che sono alla base delle linee guida diffusamente indicate dalle istituzioni globali, grazie ai vantaggi in termini di sicurezza, stabilità, tracciabilità e autenticità dei sistemi informatici e dei relativi processi.

Da un ambito di applicazione iniziale ben più ristretto quale è quello delle criptovalute, la blockchain ha quindi visto estendere in via sperimentale i suoi utilizzi nei campi più disparati, non ultimo quello sanitario.

E’ del 2018 il progetto pilota denominato Hyperledger Fabric condotto dalla Change Healthcare, un colosso sanitario USA in grado di gestire i servizi di 900.000 medici e 5.500 ospedali per un controvalore di 1 trilione di dollari, che ha dimostrato la capacità della tecnologia blockchain di gestire più di 50 milioni di transazioni al giorno con un risparmio stimato di circa 450 miliardi di dollari all’anno per il sistema sanitario statunitense, dovuto in buona parte alla riduzione delle frodi da contraffazione farmaceutica (ciascun farmaco, una volta dotato di una marca temporale riversata su una rete blockchain, risulta tracciabile e non falsificabile), del fenomeno corruttivo collegato e dei costi connessi.

Dal punto di vista, invece, della gestione dei dati sanitari individuali, la digitalizzazione di questi e la possibilità di farli viaggiare su una rete blockchain comporterebbe diversi vantaggi sia in termini di riservatezza, securizzazione e autenticità che a livello economico. Secondo uno studio del 2018 condotto a livello globale da IBM e Ponemon Institute sulle conseguenze economiche del data breach, infatti, il costo medio di ogni violazione riferibile a dati sanitari è stato pari a 408 dollari (circa 3 volte in più del costo medio calcolato in relazione alle attività economiche in genere), mentre lo stesso studio, aggiornato al 2019, ha rilevato come il settore healthcare – con 6,45 milioni di dollari di costi – rappresenti ancora il comparto economico maggiormente danneggiato dalla scarsa securizzazione delle informazioni sanitarie.

L’esperienza condotta dal 2016 in Estonia, e oggi entrata a pieno regime, conferma, del resto, come l’implementazione di un sistema di EHR – Electronic Health Records basato su blockchain sia già una realtà operativa, nell’ambito della quale l’utente può consultare il proprio profilo digitale sanitario (completo di referti medici e storia sanitaria), ottenere prescrizioni mediche digitali e beneficiare di interventi sanitari mirati in base alla propria personale storia clinica (ad esempio, in caso di intervento di una ambulanza, il medico può consultare le informazioni critiche del cittadino – gruppo sanguigno, allergie, terapie in corso – in modo da agevolare una tempestiva diagnosi e calibrare al meglio le successive cure).

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