Mario Bracci, «l’ape maestra della Corte costituzionale». Il ricordo commosso dell’amico Pietro Nenni

Il 16 maggio 1959 morì a Pontignano (Siena) il giurista e giudice costituzionale Mario Bracci. Nato nel 1900 a Siena era tra i maestri del diritto amministrativo in Italia, autore di opere di grande rilevanza nel progresso di quegli studi. Antifascista coerente, era entrato nel 1944 nel Partito d’Azione, era poi stato membro della Consulta nazionale e del primo governo De Gasperi come ministro del commercio con l’estero. Nel 1947, scioltosi il Pd’A, aveva aderito al Partito socialista. Nel 1955 era stato eletto dal Parlamento membro della prima Corte costituzionale. Con Nenni, che qui ne rievoca la scomparsa, aveva da molti anni  stretto una saldissima amicizia.

Siena, 16 maggio. È morto Mario Bracci. Un secondo infarto l’ha ucciso ieri sera tra le ventidue e trenta e le ventitré. Non l’ho saputo che stamattina sul tardi. La famiglia vuole infatti rispettare, nei limiti del possibile, la disposizione del defunto che della morte sia data notizia a sepoltura avvenuta.

È una perdita grave per la nazione. Lo è in particolare per me, che avevo in lui un amico e un consigliere impareggiabile. Era l’ape maestra della Corte costituzionale. Senza mettersi in mostra esercitava una notevolissima influenza sulla vita pubblica. Gronchi si avvaleva molto del suo consiglio. Segni lo ascoltava. In tutti gli ambienti politici era tenuto in gran conto. (…)

Siena, 17 maggio. In pochi amici, per rispettare la sua estrema volontà, abbiamo accompagnato stamani Mario Bracci al cimitero di Pontignano, presso la sua cara Abbazia. C’erano i membri della Corte costituzionale col loro presidente Azzariti; le autorità locali e universitarie, qualche compagno, i suoi contadini. Gronchi, venuto ieri, non si era potuto trattenere. C’è stata una funzione religiosa a Siena, voluta dalla famiglia. Il breve percorso fino a Pontignano è stato angoscioso. È la strada che parecchie volte avevamo fatto assieme con pensieri di vita. Non ho osato entrare nell’Abbazia. Era, per me, un porto di salvezza. Ci andavo di rado, ma sapevo che mi era aperta e che avevo la mia “cella” dove curare nel silenzio le ferite della battaglia politica. Tornando Perassi mi ha detto: “La Corte non è più quella di prima”. Mi pare che molte cose, nell’ambito e nella sfera di un piccolo gruppo di amici, non siano più quelle di prima.

Pietro Nenni, Gli anni del centrosinistra. Diari 1957-1966, a cura di Giuliana Nenni e Domenico Zucàro, Milano, Sugarco, 1982, p. 58.