Lo Stato digitale nel PNRR – La transizione digitale dei procedimenti amministrativi

Il 27% delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono dedicate alla transizione digitale, sviluppata lungo due assi: la banda ultra-larga e la trasformazione della PA in chiave digitale. Altri fondi sono destinati dal Piano all’innovazione digitale di infrastrutture, il fisco, sicurezza, sanità pubblica, turismo e cultura, sistema scolastico e ricerca universitaria. L’Osservatorio propone una ricognizione dei principali interventi di digitalizzazione del PNRR, del loro impatto sulle amministrazioni, dei tempi di realizzazione e del confronto con misure analoghe adottate da altri paesi europei. In questo post presentiamo le misure relative alla transizione digitale dei procedimenti amministrativi. Il PNRR prevede lo stanziamento di 42,55 miliardi di euro, per realizzare interventi di digitalizzazione della PA, che spaziano dai dati, le infrastrutture digitali, la cybersicurezza e le competenze digitali di base

 

 

Nell’indice DESI l’Italia occupa il 19° posto per quanto riguarda i “Servizi pubblici digitali” (ne abbiamo parlato QUI). Il dato restituisce un quadro a due tinte: brillanti, da una parte, in ragione di molti aspetti positivi e da valorizzare (il numero di identità digitali, ad esempio); fosche, dall’altra, in ragione degli ampi margini di miglioramento dal punto di vista della digitalizzazione.

Tra i motivi del ritardo italiano nella digitalizzazione del servizio pubblico troviamo lo scarso livello di innovazione nell’azione delle pubbliche amministrazioni, le interazioni online carenti tra amministrazioni e il pubblico, oltre che numerose lacune nelle competenze digitali e nella formazione dei dipendenti pubblici.

A proposito di lacune digitali. Gli ultimi dati diffusi da ISTAT ci dicono che nel 2020 appena il 36,3% degli italiani ha interagito online con la PA. La media UE è del 64%. Il 29% degli italiani online ha eseguito il download di moduli dai siti della PA (nel 2019 erano il 21%). Il 27% (rispetto al 24% del 2019) ha cercato informazioni sui siti delle PA; Il 21% (dal 18% del 2019) invece ha inviato documentazione.

La crisi sanitaria globale esplosa nel 2020 ha impresso una straordinaria accelerazione al processo di transizione digitale delle aziende e dei servizi pubblici. Gli analisti stimano che la pandemia abbia prodotto un “salto in avanti” di 7 anni nel percorso di digitalizzazione delle aziende a livello globale. Nel pubblico gli investimenti per la digitalizzazione sono aumentati, nel 2021, del 3,3% rispetto all’anno precedente, superando i 452 miliardi di dollari a livello globale.

Il PNRR assegna al capitolo relativo alla digitalizzazione della PA 42,55 miliardi di euro. È un ‘pacchetto’ corposo, che comprende un ampio numero di interventi, che spaziano dai dati pubblici, passano per le infrastrutture digitali, e arrivano alla cybersicurezza e alla definizione delle competenze digitali di base.

La transizione digitale dei procedimenti amministrativi ha natura trasversale rispetto all’azione di digitalizzazione della pubblica amministrazione. Comprende cioè un ampio numero di interventi la cui finalità è trasporre in formato digitale i servizi pubblici. Per cui la transizione digitale dei procedimenti è influenzata da (e a sua volta influenza) tutte le aree di intervento della digitalizzazione del settore pubblico.

Per semplificare, possiamo dire che nel lungo periodo il governo persegue due obiettivi principali:

  1. Il primo è quello dell’interoperabilità fra le banche dati delle PA. L’obiettivo è affermare il principio “once only” per evitare che le amministrazioni debbano chiedere ogni volta a persone e imprese informazioni che già posseggono, garantendo così un servizio più semplice e rapido.

Il percorso è lungo. Nell’ultima rilevazione della spesa ICT in Italia condotta da AGID nel 2020, la spesa complessiva delle pubbliche amministrazioni sul macro-ambito interoperabilità era pari solo al 2% del totale – appena 25 progetti di interoperabilità su un totale di 629 progetti ICT censiti.

 

  1. Il secondo fronte è quello relativo alla realizzazione di una piattaforma unica per le notifiche PA-cittadini. In questo caso l’obiettivo è collassare il domicilio digitale su un’unica piattaforma per le notifiche tra cittadino e amministrazione.

Nell’immediato, tuttavia, si compiono passi importanti in direzione della digitalizzazione dei servizi pubblici. Il decreto semplificazioni approvato dal Governo a maggio 2021 ha introdotto due importanti novità:

  1. Ha eliminato il bollo sui certificati anagrafici digitali sancendo il principio che il digitale semplifica e conviene
  1. Introduce anche la possibilità a chi vuole di delegare un altro soggetto con identità digitale (SPID o CIE) a operare per proprio conto. Lo scopo in questo caso è dare accesso ai servizi online anche ai più vulnerabili o a coloro che hanno difficoltà di accesso al digitale.

È utile ricordare, sempre sul fronte dell’erogazione dei servizi digitali, i buoni risultati che sta ottenendo l’APP IO. A poco più di un anno dal lancio, nella primavera del 2020, ci sono oltre 5 mila Enti pubblici che hanno portato più di 12 mila servizi su questo nuovo canale digitale. I dati rilasciati dagli sviluppatori dell’app ci dicono che ogni giorno fanno il loro ingresso in app quasi 30 enti pubblici, che rendono disponibili circa 50 nuovi servizi. Il numero dei download dell’app, a maggio 2021, ha superato gli 11,3 milioni, con 3,4 milioni di utenti che la usano quotidianamente.

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