Le misure amministrative di controllo sugli investimenti stranieri e le possibili tutele giurisdizionali: il caso di TikTok

Il caso di TikTok, in cui il Governo USA ha provato con due provvedimenti ad impedire l’investimento di società straniere sul territorio nazionale, rappresenta un’ utile occasione per cogliere le differenze fra le tutele giurisdizionali fornite per questo tipo di provvedimenti in Europa e quelle statunitensi. Mentre nel primo caso queste sono possibili (almeno formalmente), negli Stati Uniti, invece, la teoria dell’atto politico limita radicalmente le forme di protezione per gli investitori stranieri. D’altro canto, la giurisprudenza nordamericana, lasciando aperta la possibilità di un sindacato relativo al rispetto della c.d. due process clause, non esclude del tutto la possibilità di ottenere tutela.

L’esercizio dei poteri volti a controllare ed eventualmente vietare gli investimenti stranieri, ormai diffusi in tutto il mondo, può essere qualificato sia come atto amministrativo, sindacabile da un giudice, sia come atto politico insindacabile. Mentre in Europa i sistemi giuridici propendono per una tutela almeno formale, come nel caso italiano che prevede addirittura la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, all’estero le forme di tutela possono essere molto più scarse. Il principale esempio di qualificazione come atto politico non sindacabile dei provvedimenti di screening è offerto dagli Stati Uniti e dalla giurisprudenza sull’attività del Committee on Foreign Investment in the United States – CFIUS. Nel caso Ralls v. CFIUS (2014), infatti, la possibilità di rivedere le decisioni presidenziali che vietano gli investimenti diretti esteri è stata esclusa dal giudice in ragione della teoria dell’atto politico. Il motivo principale della decisione è costituito dal fatto che il potere esercitato dal Presidente in seguito all’attività del comitato è considerato di contenuto politico e come tale non costituirebbe una mera attuazione amministrativa di finalità pubbliche. La misura adottata avrebbe carattere puramente politico: lo Stato, emanandola, fissa anche gli obiettivi pubblici da perseguire, descrivendo in dettaglio l’«interesse nazionale» che fonda tali decisioni e non si limita, quindi, a ponderare gli interessi coinvolti nel caso concreto. Pertanto, a causa della separazione tra potere esecutivo e potere giudiziario, l’investitore escluso non avrebbe alcuna possibilità di ottenere un riesame giudiziario della decisione presa, la quale non può essere considerata illegittima, poiché è compito dello stesso CFIUS definire cosa sia legittimo e ciò che non lo è nel campo degli investimenti esteri. Vista la notevole ampiezza dei criteri su cui fonda le sue decisioni, nonché degli interessi perseguiti, come la sicurezza nazionale intesa in senso lato, non sorprende, quindi, che in relazione alla tutela giurisdizionale il CFIUS sia stato chiamato, con un’espressione enfatica, una «chiesa senza una bibbia».

In realtà, pur in presenza di un atto tipicamente politico, la giustizia americana non esclude radicalmente qualsiasi forma di tutela. Resta ammissibile, infatti, l’impugnazione dei provvedimenti di screening per le sole ragioni relative ai profili procedimentali. Lo stesso caso Ralls ha sancito che laddove sussistano garanzie procedurali riconosciute dall’ordinamento queste debbano essere rispettate, pena l’annullamento del provvedimento. Sebbene, quindi, il contenuto del provvedimento non possa essere oggetto di riesame da parte del giudice, nemmeno per ragioni di legittimità, resta possibile tutelare gli investitori da violazioni di legge relative ad aspetti quali il mancato rispetto del contraddittorio procedimentale.

Questa interpretazione è confermata dal caso della azienda TikTok. Il 14 agosto 2020, infatti, un President’s Order, emanato sulla base delle disposizioni del Defense Production Act per come emendato dal FIRRMA e in ragione dell’istruttoria compiuta dal CFIUS, ha disposto il veto all’operazione societaria di ByteDance Ltd. volta ad unificare il social network Musical.ly con l’app TikTok. Ritenendo l’operazione della società cinese potenzialmente perniciosa, il Governo statunitensel’ha interrotta, al fine di evitare un potenziale controllo cinese sull’app. Nel dare esecuzione al connesso ordine di disinvestimento, però, Bytedance ha proposto al Governo una nuova operazione societaria, volta a vendere l’applicazione ad aziende statunitensi. Il termine di 90 giorni per l’esecuzione del disinvestimento, d’altro canto, si è rivelato eccessivamente breve, perché non sufficiente a garantire al Governo il tempo necessario per un’analisi approfondita del nuovo assetto societario: di conseguenza l’amministrazione è rimasta silente sulla nuova operazione proposta. Rischiando di raggiungere la scadenza del termine senza poter disinvestire vantaggiosamente e col rischio di subire una serie di sanzioni, nel mentre, la società cinese ha impugnato un altro provvedimento, l’Executive Order n. 13942 del 6 agosto 2020, che imponeva, sulla base di ragioni giuridiche diverse, un ban preliminare a qualsiasi rapporto fra cittadini statunitensi e ByteDance, impedendo di fatto il funzionamento dell’applicazione TikTok.

L’approccio governativo fondato su due provvedimenti di interdizione si è rivelato, nei fatti, inefficace. Ciò in quanto la Corte distrettuale per la Pennsylvania ha emanato, in sede cautelare, una decisione volta a sospendere l’efficacia del termine posto dall’Executive Order del 6 agosto, sulla base di considerazioni legate ad un mancato rispetto della due process clause da parte del Governo. Nonostante i provvedimenti del CFIUS siano immuni da un sindacato relativo al loro contenuto, l’amministrazione statunitense ha ritenuto opportuno prorogare il termine contenuto nel President’s Order del 14 agosto, che pure mostrava un contenuto differente rispetto all’Executive Order. Questa scelta si è verificata, probabilmente, per via di un particolare rischio. Il mancato rispetto della due process clause costituisce una delle poche censure possibili anche per il provvedimento di screening, vista la precedente giurisprudenza sul caso Ralls. Pertanto, essendo già stato suggerito questo vizio dagli organi del potere giudiziario per il provvedimento gemello, si è preferito evitare una potenziale sentenza di segno negativo concedendo la proroga.

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