La camicia stretta delle Regioni e la burocrazia dello Stato

Il momento cruciale del passaggio delle competenze e del personale dallo Stato alle neo-istituite Regioni a statuto ordinario è colto con accenti fortemente critici in questo breve ma denso articolo di Luigi Anderlini (1921-2001), deputato del Psi dal 1963 al 1966, sottosegretario  al Tesoro nel primo governo Moro di centro-sinistra nel 1963-64. Contrario all’unificazione socialista, nel novembre Anderlini aveva  aderito al Movimento dei socialisti autonomi. Sarebbe stato successivamente tra i fondatori della Sinistra indipendente, contiguo al Pci, e sotto quella bandiera sarebbe stato eletto più volte senatore.  Fondatore con Ferruccio Parri del battagliero mensile “L’Astrolabio”, firma qui una delle prime analisi delle modalità – a suo avviso contraddittorie – con le quali stava avvenendo la transizione verso quello che avrebbe dovuto diventare lo Stato regionalista.

 

 

È rimasta soprattutto in piedi la vecchia struttura burocratica romana o meglio si è mancata l’occasione – non ripetibile – di una riforma reale della pubblica amministrazione che proprio dalla nascita delle regioni poteva e doveva trarre motivo per diventare, non so se col 19mo o 20mo ministro della riforma, qualcosa di realmente operante. (…). Su questo problema della riforma della burocrazia e del passaggio di personale statale alle regioni vale la pena di soffermarsi un po’ più diffusamente. Col primo aprile sono passati alle dipendenze delle regioni circa 14 mila dipendenti dello Stato. La cifra può apparire esigua e di fatto lo è se paragonata alla elefantiasi del nostro apparato statale. Ma entrando in qualche dettaglio si scoprono fatti ancor più allarmanti. Dei 14 mila trasferiti solo un decimo appartiene all’apparato centrale dello Stato (e si tratta in massima parte di personale esecutivo e ausiliario); il resto è costituito dagli apparati degli uffici periferici dello Stato (genio civile ad esempio, o ispettorato dell’agricoltura, o motorizzazione civile). La burocrazia romana è di fatto restata al suo posto e si è avuto il caso limite del Ministero dell’Interno che all’indomani del trasferimento alle regioni delle sue competenze in materia di beneficenza ha aumentato invece di diminuire il numero delle sue direzioni generali. Ma il meccanismo di trasferimento escogitato ha creato anche una serie di altri problemi o – se si preferisce una diversa espressione – ha messo in evidenza una realtà che non tutti conoscevamo. Abbiamo così il caso di regioni come l’Abruzzo, la Campania, la Calabria, il Lazio e il Veneto che si sono viste assegnare dagli 850 ai 1550 dipendenti, mentre la Lombardia ne ha avuti 808 e il Piemonte 542. Quanto clientelismo si annidava in certi uffici periferici dei Lavori pubblici o dell’Agricoltura?

Luigi Anderlini , Il punto sulle regioni. Una camicia troppo stretta, in “L’Astrolabio”, X, 30 prile-31 maggio 1972, pp. 35-38 (la cit. a p. 36).