
La diffusione delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale ha trasformato l’accesso all’informazione esacerbando i rischi di disinformazione, deepfake e manipolazione algoritmica. Le piattaforme digitali, con la loro capacità di influenzare l’opinione pubblica, sollevano questioni di trasparenza e responsabilità. Per contrastare tali fenomeni, un approccio integrato è indispensabile, combinando regolamentazione, strumenti tecnologici avanzati, cooperazione internazionale e alfabetizzazione digitale, al fine di garantire un ecosistema informativo sicuro, pluralista e democratico.
L’introduzione delle tecnologie digitali ha profondamente trasformato l’accesso all’informazione, rendendo dati e contenuti disponibili a una velocità e con una capillarità senza precedenti. Questo cambiamento ha permesso di ampliare le opportunità di condivisione globale delle conoscenze, ma al tempo stesso ha introdotto rischi significativi, legati alla manipolazione delle informazioni e alla disinformazione. Le piattaforme digitali operano con modelli di business basati sull’elaborazione di grandi quantità di dati personali, utilizzati per alimentare algoritmi che massimizzano il coinvolgimento degli utenti, spesso favorendo contenuti polarizzanti e sensazionalistici. Questo fenomeno, noto come echo chamber, rafforza i pregiudizi preesistenti e limita l’esposizione a punti di vista alternativi, compromettendo il pensiero critico.
Un fattore di rischio ancora più recente è rappresentato dai deepfake, una tecnologia che sfrutta l’intelligenza artificiale per generare contenuti audio e video falsi ma altamente realistici. Gli articoli pubblicati dall’Osservatorio sullo Stato digitale dell’IRPA evidenziano come i deepfake possano influenzare i processi politici ed elettorali, creando un pericoloso strumento di manipolazione capace di destabilizzare la fiducia pubblica. Ad esempio, l’utilizzo di deepfake nelle campagne elettorali e nelle campagne di disinformazione mirate ha dimostrato quanto sia facile diffondere notizie false su larga scala, specialmente in assenza di strumenti adeguati per il rilevamento di tali contenuti.
Durante la pandemia di Covid-19, le piattaforme digitali hanno affrontato una sfida cruciale nel tentativo di contrastare la diffusione massiccia di informazioni false, molte delle quali legate alla gestione della crisi sanitaria e alle elezioni statunitensi. Come sottolineato in un contributo IRPA, le iniziative messe in atto dalle piattaforme social non sono state sufficienti a contenere il fenomeno. Ciò ha dimostrato che il problema della disinformazione richiede soluzioni integrate a livello politico, tecnologico e sociale.
La governance dei sistemi di intelligenza artificiale è al centro del dibattito odierno.
Un post dell’Osservatorio, M. Cappai, Quale governance nazionale per l’Intelligenza Artificiale?, sottolinea la necessità di stabilire un quadro normativo nazionale che regoli in maniera chiara e trasparente l’uso degli algoritmi nei processi decisionali, per evitare che l’IA possa violare i diritti fondamentali dei cittadini.
Un pilastro fondamentale nella lotta contro la disinformazione è rappresentato dall’utilizzo corretto e trasparente dell’IA, Sistemi di rilevamento basati su algoritmi sono in grado di analizzare enormi quantità di dati in tempo reale, identificando modelli sospetti come la presenza di contenuti falsi o reti di account coordinati. Questi strumenti possono rilevare campagne di disinformazione mirate e segnalarle per ulteriori verifiche. Tuttavia, la loro efficacia dipende dalla qualità e dalla neutralità dei dati utilizzati per l’addestramento, nonché dalla capacità di adattarsi a strategie manipolative sempre più sofisticate.
Da un lato, i sostenitori dell’IA puntano sull’aumento di efficienza e precisione. Dall’altro lato, i critici mettono in guardia contro l’assenza di garanzie adeguate alla protezione dei dati personali e la responsabilità giuridica delle decisioni.
La regolamentazione gioca un ruolo cruciale nel contrastare la disinformazione, come dimostrano iniziative normative quali il DSA dell’Unione Europea. Questa normativa obbliga le piattaforme digitali a monitorare attivamente i contenuti pubblicati, implementando misure per la rimozione di contenuti falsi o fuorvianti. Inoltre, introduce requisiti di trasparenza per gli algoritmi che determinano la distribuzione dei contenuti, permettendo agli utenti di comprendere meglio come vengono esposti alle informazioni. Questi interventi mirano a responsabilizzare le piattaforme, trasformandole in attori attivi nella lotta alla disinformazione.
Per affrontare queste sfide la collaborazione internazionale è un aspetto imprescindibile per governare il fenomeno della disinformazione, che trascende i confini nazionali. Task force e partenariati multilaterali possono facilitare la condivisione di dati, strumenti e best practice. A tal fine, l’OCSE sta lavorando per individuare principi fondamentali e policy a livello globale, al fine di promuovere la trasparenza e la tutela dei diritti digitali.
Infine, un ruolo cruciale è svolto dall’educazione e dall’alfabetizzazione digitale. Rendere i cittadini consapevoli dei rischi connessi alla manipolazione informativa e fornire loro strumenti per valutare criticamente le informazioni ricevute è essenziale per ridurre l’impatto delle fake news. Programmi di alfabetizzazione digitale integrati nei curricula scolastici e campagne di sensibilizzazione possono contribuire a creare una popolazione più resiliente agli effetti della disinformazione. Solo attraverso un approccio coordinato e multidimensionale sarà possibile preservare i benefici dell’accesso globale ai dati e alle informazioni, mitigando al contempo i rischi per la coesione sociale e i valori democratici.
Osservatorio sullo Stato Digitale by Irpa is licensed under CC BY-NC-ND 4.0