Il trasloco di Giolitti: lo spoglio dei documenti

Questo breve «stelloncino» (così si diceva allora) de «La Voce repubblicana» è scritto alla fine dell’ultimo governo Giolitti (16 giugno 1920-4 luglio 1921) e registra il trasloco delle sue carte (chissà quante dello Stato, ma da tenere riservate). Per quanto forse ispirato all’avversione verso il vecchio leader liberale, merita di essere letto, e non solo dagli archivisti. Di simili «traslochi» se ne erano già visti molti, e altrettanti se ne sarebbero visti nei periodi successivi.

 

Gli ufficiosi cronisti di Palazzo Viminale narrano che gli «esperti» al servizio di Giovanni Giolitti hanno un gran da fare, nel Palazzo che ospita il Ministero dell’interno e la Presidenza del Consiglio e più precisamente lo stato maggiore di tutte le guardie regie in divisa, in borghese, effettive e volontarie. Gli «esperti» fanno lo spoglio dei documenti: le carte inutili – fra questa vi sarà la lettera di dimissioni di Arturo Labriola e la bozza del discorso alla Corona – sono distrutte; le altre, le importanti, incassate con gran cura e mandate all’archivio privato di casa Giolitti, archivio che si arricchisce straordinariamente dopo l’episodio della Banca Romana. La vera forza motrice della carriera del vecchio è tutta in questa meticolosa raccolta di documenti, lettere, ricevute di giornali incorruttibili, atti sottratti alla competenza del Procuratore del Re e informazioni della Direzione generale di PS.

Spoglio di documenti, in «La Voce repubblicana», 6 luglio 1921 (prima pagina).