Il Consiglio di Stato boccia lo schema di Regolamento in materia di e-procurement

Il Consiglio di Stato ha reso il parere sullo schema di regolamento del Ministro per la pubblica amministrazione, recante le modalità di digitalizzazione delle procedure dei contratti pubblici (e-procurement) ritenendo necessaria l’integrale riscrittura dei relativi articoli.

 

La semplificazione dei processi di procurement, ancor di più in questa fase di emergenza sanitaria da Covid-19 che ha fortemente rallentato l’attività economica e produttiva del Paese, è tema ormai attuale nel dibattito pubblico e al centro dell’attenzione degli operatori del settore.

La digitalizzazione degli appalti pubblici costituisce una delle principali direttrici delle politiche economiche della Commissione europea che, già alla fine del 2011, aveva proposto di rendere obbligatorie le fasi di pubblicazione elettronica (e-notification), di accesso elettronico ai documenti di gara (e-access) e di presentazione elettronica delle offerte (e-submission), ovvero della fatturazione (e-invoicing), al fine di sfruttare i vantaggi degli appalti elettronici e procedere alla modernizzazione del quadro giuridico degli appalti pubblici.

Da più parti è suggerita la digitalizzazione attraverso il ricorso a piattaforme di e-procurement, al fine di incoraggiare: i) l’efficienza, specie in termini di accelerazione delle procedure di gara e riduzione dei costi transattivi, anche in capo ai partecipanti; ii) la semplificazione e deflazione del contenzioso; iii) una più diretta (ma trasparente) interazione col mercato; iv) una maggiore capillarità nel monitoraggio delle performance e nella creazione degli indicatori.

Per raggiungere lo scopo della digitalizzazione dei contratti occorre, anzitutto, un complesso di interventi, anche attuativi, delle norme già esistenti, finalizzati a prevedere, incentivare e utilizzare piattaforme telematiche con determinati standard di qualità e interoperabilità (sullo stesso tema, si veda “ Eprocurement: il percorso verso la totale digitalizzazione nei contratti pubblici” su questo Osservatorio ).

Sul versante nazionale, gli obiettivi di digitalizzazione rientrano tra le azioni del Piano d’azione nazionale “Appalti pubblici”, allegato all’Accordo di partenariato italiano 2014-2020, “in ragione della centralità che il settore degli appalti pubblici riveste nel contesto dei fondi strutturali e d’investimento europei per il perseguimento di un pieno ed efficace coordinamento tra la politica del mercato interno e la politica di coesione territoriale”.

Lo stesso Codice dei contratti pubblici prevede, in linea con gli obiettivi di semplificazione ed efficacia del pacchetto delle direttive del 2014, l’introduzione di nuove tecnologie nei processi di acquisto della Pubblica Amministrazione. Da una lettura ragionata del Codice traspare un chiaro filo conduttore che lega gli artt. 29, 40, 44, 52, 58, 73, 81, 106 e 213, con la normativa sulla trasparenza e quella sulla tracciabilità verso l’obiettivo della progressiva e completa digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici.

In tale contesto, lo scorso novembre, il Consiglio di Stato ha reso il parere sullo schema di Decreto, richiesto dal il Ministro per la Pubblica Amministrazione, recante le modalità di digitalizzazione delle procedure dei contratti pubblici (e-procurement).

Lo schema di Decreto identifica i principi generali che sottendono alla digitalizzazione dei processi di acquisto della PA, effettuando in particolare la c.d. “reingegnerizzazione” in chiave digitale delle fasi di acquisto e negoziazione, individuando le caratteristiche tecniche generali dei sistemi c.d. telematici.

Tuttavia, la Commissione ha riscontrato, nel merito, criticità relative alle disposizioni inerenti all’apertura e valutazione delle offerte tecniche, nonché all’apertura e valutazione delle offerte economiche, suggerendone la totale riscrittura.

In particolare, il parere ha fermamente escluso che le stazioni appaltanti possano ricorrere a forme di automatizzazione delle procedure decisionali qualora adottino il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ritenendo del tutto inammissibile conferire al sistema “telematico” una qualche “autonomia decisionale” o uno spazio tecnico-discrezionale” che, a detta della Sezione, “devono invece essere riservati unicamente agli organi della stazione appaltante.

Da ciò consegue che, nelle procedure di affidamento aggiudicate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la commissione giudicatrice deve rimanere, ai sensi dell’art. 77 del Codice, il solo organo deputato alla valutazione delle offerte tecniche ed economiche ed all’assegnazione dei relativi punteggi, potendosi demandare al sistema telematico unicamente lo svolgimento di compiti “prettamente aritmetici” (come, ad esempio, il calcolo del punteggio totale assegnato al singolo partecipante), “rimanendo sempre fermamente escluso che quest’ultimo possa sostituirsi nella verifica delle offerte sospettate di anomalia”.

Le potenzialità dei sistemi “telematici” – sottolinea il Parere – potranno essere meglio sfruttate nelle sole procedure di affidamento aggiudicate secondo il criterio del prezzo più basso. Tuttavia, ciò sarebbe possibile solo ove tali procedure possano essere eseguite in modo automatizzato, “senza esercizio di potere discrezionale”, sia per quanto riguarda la determinazione della soglia di anomalia dell’offerta economica sia per l’elencazione dei ribassi d’asta, rimanendo sempre fermamente escluso che il sistema telematico possa sostituirsi all’amministrazione nella verifica delle offerte sospettate di anomalia.

Dunque, da un lato la digitalizzazione dei contratti, dalla fase di programmazione fino a quella di collaudo e liquidazione delle somme dovute, consente evidenti semplificazioni delle procedure, standardizzazione delle stesse, risparmi in termini di tempi e costi, nonché il continuo monitoraggio dell’evoluzione dei contratti; ma anche l’agevolazione dell’attuazione della trasparenza, tanto nello svolgimento di ciascuna procedura di affidamento quanto nel soddisfacimento degli obblighi di pubblicazione sui siti istituzionali e più in generale della accessibilità delle informazioni ai cittadini; dall’altro, tuttavia, è necessario garantire espressamente che l’utilizzo del sistema telematico: i) non comprometta o pregiudichi la normativa primaria di svolgimento della procedura di evidenza pubblica; ii) non si appropri di spazi di discrezionalità tecnica riconosciuti agli organi della stazione appaltante e iii) assicuri il rispetto delle regole di riservatezza delle sedute non pubbliche della commissione giudicatrice e l’osservanza di quelle relative all’accesso agli atti di gara, ai sensi dell’articolo 53 del codice dei contratti pubblici.

A quanto sopra si deve aggiungere che, se è vero che attraverso il ricorso all’ e-procurement, le stazioni appaltanti più professionalizzate riescono a realizzare affidamenti efficienti, nonostante le possibili limitazioni del Codice, è ancor più vero che le stesse soffrono maggiormente le continue modifiche del quadro normativo e regolatorio.

Il progresso digitale di per sé solo non è, quindi, sufficiente. L’implementazione delle procedure telematiche di evidenza pubblica deve essere accompagnata e supportata anche da un quadro di certezza giuridica in merito alle regole generali del “gioco”. Le continue modifiche al Codice dei contratti pubblici (spesso tramite decreto-legge), il sovrapporsi di regimi transitori, deroghe e proroghe, anche se volte alla semplificazione delle procedure, abbinate alla mancata adozione di molti degli atti attuativi, la difficoltà di una generale e strutturata capacità amministrativa a strutturare operazioni di gara, provocano un’instabilità normativa ed interpretativa, che genera sfiducia nei soggetti privati potenzialmente interessati a partecipare, fa aumentare il contenzioso e i costi amministrativi per le imprese, contribuendo a rallentare e, quindi, a frustrare del tutto tutti i benefici che la digitalizzazione delle procedure portano con sé.

Al fine di digitalizzare e semplificare gli appalti risulta, quindi, necessaria l’attuazione e la corretta applicazione delle disposizioni normative già presenti, soprattutto attraverso un efficace coordinamento dei soggetti preposti, mentre la razionalizzazione di talune norme può essere intrapresa in un’ottica più di breve periodo. Appare evidente che questa strategia deve anche tenere conto della disponibilità di diversi soggetti istituzionali coinvolti e della necessità di rivedere il quadro normativo, organizzativo e delle competenze nella gestione dei dati e delle piattaforme. La stessa Anac auspica che, dall’attività regolatoria da essa stessa svolta in materia di contratti pubblici, possa seguire un vero e proprio programma di politica pubblica in grado di implementare la digitalizzazione dei contratti pubblici, assicurando così al sistema maggiore semplicità, efficienza, affidabilità, trasparenza e accessibilità.

 

 

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