Giovanni Conti: il vecchio Stato autoritario e accentratore è ancora in piedi

Giovanni Conti (1882-1957), antifascista, repubblicano, già deputato nel 1921 e nel 1924 dichiarato decaduto, fu poi nel ventennio fascista sorvegliato dall’Ovra e perseguitato dal regime. Ripresa l’attività politica alla caduta del fascismo, fu membro autorevole della Assemblea costituente e senatore di diritto nella prima legislatura repubblicana. Esponente influente del Pri, di tendenza contraria però al leader di quel partito Pacciardi, si dimise dalla direzione del Pri in dissenso sulla adesione al Patto Atlantico. Tenace custode dei valori costituzionali, si distinse per alcuni interventi molto polemici al Senato e per la sua costante critica alle inadempienze costituzionali dei governi dell’immediato dopoguerra.

Questa lettera, rintracciata nelle carte della Segreteria particolare del presidente del Consiglio, si colloca all’inizio del 1950, proprio nei giorni delle dimissioni del governo De Gasperi V (14 gennaio 1950) e l’insediamento del De Gasperi VI (27 gennaio 1950). Concerne le regole per la composizione del governo, i ritardi nella attuazione della Costituzione (in particolare l’attuazione dell’art. 95) e in generale la mancata riforma (così la definisce con forti toni polemici Conti) dello Stato “accentratore, autoritario, monarchico”. Nel fascicolo della Segreteria particolare è conservato anche un documento intitolato “Appunti per la risposta all’interpellanza Conti”, con allegato, insieme alle linee per la risposta, un elenco di provvedimenti giacenti in Parlamento.

 

Roma, 15 gennaio 1950

Onorevole Presidente del Consiglio,

La notizia che si legge nei giornali, secondo la quale proprio Lei penserebbe di “dotare i ministeri di due e all’occorrenza tre sottosegretari” non può essere appresa senza un rilievo, che tradurrei al Senato in viva censura, come grave espressione di incostituzionalità e di noncuranza delle più importanti prescrizioni della Costituzione.

La ricomposizione del Ministero, che considero inopportuna, potrebbe essere giustificata di fronte ai disguidi e ai danni che potranno derivare dall’averla voluta, se alla base del programma del nuovo Ministeri fosse il proposito del lavoro legislativo per l’integrazione della Costituzione non ancora neppure iniziato a ben due anni dall’entrata in vigore. Essa comanda all’art. 95 l’emanazione di una legge per provvedere all’ordinamento della Presidenza del Consiglio e determinare il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei ministeri. Come si può pensare a sorpassare ancora il precetto costituzionale senza dimostrare che non si vuole procedere alla riforma della struttura del vecchio Stato accentratore, autoritario, cioè monarchico, funesti arbitro della vita politica, economia, sociale, morale della Nazione?

 

Archivio Centrale dello Stato, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Segreteria particolare del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, 1945-1953, b. 6, fasc. 29, “Lettera del sen. Giovanni Conti al presidente De Gasperi. Roma, 15 gennaio 1951”.