Ernesto Rossi e la burocrazia “neghittosa” del dopoguerra

Studioso di economia, antifascista perseguitato e incarcerato dal regime, personalità tra le più vivaci dello schieramento democratico e laico del dopoguerra, Ernesto Rossi (1897-1967) scrisse nel gennaio del 1949 un articolo come sua abitudine fitto di cifre e di dati: compulsando da par suo i primi documenti della Ragioneria generale dello Stato sulla situazione del personale pubblico, pose in rilievo gli aumenti vertiginosi verificatisi nelle tabelle del 1948 rispetto ai numeri degli addetti di dieci anni prima, ma soprattutto denunciò vigorosamente, dati alla mano, il crescente fenomeno dei fuori ruolo, “gli avventizi” come anche si chiamavano all’epoca, entrati senza concorso nei ranghi dello Stato e pervicacemente resistenti non solo a provvedimenti che li riportassero nello stato precedente ma anche a misure che almeno li selezionassero in base a concorsi appositi. Ad uno ad uno i vari settori della burocrazia vengono da Rossi posti sotto la lente d’ingrandimento: le burocrazie ministeriali, quelle delle aziende autonome (tra le quali – quasi sestuplicati – i postelegrafonici), gli insegnanti, i militari. Un atto d’accusa che non salva le responsabilità delle classi dirigenti ma anzi ne sottolinea l’inerzia e la connivenza ai danni dell’erario.

Cominciamo finalmente ad avere qualche seria informazione statistica sulla nostra burocrazia. In questi giorni la Ragioneria generale dello Stato ha pubblicato una tabella con la “Situazione numerica del personale in servizio presso le amministrazioni dello Stato al 1° luglio 1948, con raffronto alla situazione del 1° luglio 1938”, che per la prima volta ci fornisce dei dati molto interessanti.

Al 1° luglio 1948 il personale civile e militare, compreso quello delle aziende autonome, era composto di 1.078.334 persone, mentre era 783.805 persone al 1° luglio del 1933. Durante il decennio l’aumento è stato del 37,6 per cento. Grosso modo ogni persona occupata dallo Stato nel 1948 (comprendendovi i premi, gli oneri previdenziali, la tredicesima mensilità) in media è costata non meno di 50 mila lire al mese. Lo Stato ha quindi speso nel 1948, solo per il personale compreso nella tabella, circa 806 miliardi.

Anche più preoccupante dell’aumento quantitativo del personale è il suo peggioramento qualitativo, riconoscibile confrontando la percentuale del personale “non di ruolo” rispetto al personale complessivamente impiegato nei diversi servizi alle due date sopraindicate. Il personale non di ruolo è stato assunto senza concorsi – cioè senza dare alcuna prova di sapere esercitare le funzioni pubbliche che gli venivano affidate – perché raccomandato da uomini politici o da parenti e amici che avevano già un posto nell’amministrazione dello Stato, o perché si riteneva necessario trovare comunque una sistemazione a sfollati, ex-combattenti, partigiani, ed altre categorie della popolazione, indipendentemente dal possibile rendimento del loro lavoro. È il personale più impreparato, più neghittoso, più indisciplinato.

Porterò alcuni esempi che dimostrano la gravità del fenomeno:

  1. Gli “amministrativi e tecnici” di ruolo nelle amministrazioni (escluse le aziende autonome) sono aumentati da 59.939 quanti erano nel 1938, a 64.129: ma quelli della stessa categoria non di ruolo da 27.998 sono saliti a 91.224. Sul numero complessivo degli “amministrativi e tecnici” gli impiegati non di ruolo dal 31,8% sono saliti così al 58,7%. Buona parte del personale non di ruolo durante la guerra fu assunta per sostituire i richiamati sotto le armi e, dopo la guerra, per prendere provvisoriamente il posto di coloro che venivano esonerati perché andati al Nord col governo repubblichino o per altri motivi politici. Al ritorno in servizio degli smobilitati e degli esonerati (a poco a poco quasi tutti gli esonerati politici sono stati riammessi con pagamenti degli arretrati e relative promozioni) nessuno è più riuscito a smuovere i loro sostituti. E nessuno è riuscito neppure a smobilitare tutti quegli enti che, durante e subito dopo la guerra, erano stati creati per reperire materie prime, ammassare e distribuire i prodotti, calmierare i prezzi, razionare i consumi, assicurare i rifornimenti alle grandi città, ecc. Venute meno da anni le ragioni della loro esistenza, questi enti continuano a funzionare per distribuire agli impiegati i soldi dei contribuenti, anche nei casi in cui i bombardamenti hanno completamente distrutto le sedi dei loro uffici.
  2. Il “personale salariato” non di ruolo (escluso quello delle aziende autonome) è salito da 73.446 a 96.735 unità. Per la quasi totalità si tratta delle maestranze degli stabilimenti militari. Il ministro della Difesa, nell’ultimo suo discorso al Senato, ha dichiarato che in tali maestranze esiste un’eccedenza di circa 50 mila persone sul numero che potrebbe essere produttivamente occupato. Solo nelle paghe, a questi operai che non lavorano, lo Stato getta via circa 25 miliardi all’anno.
  3. Lo stesso fenomeno dell’aumento straordinario del personale fuori ruolo si verifica in tutte le aziende autonome, comprese le Ferrovie. Fra le aziende autonome però batte il record quella delle Poste e Telecomunicazioni. Il suo personale, durante il decennio, è passato da 59.733 unità a 98.911. La categoria indicata in tabella col titolo “ricevitori postali, supplenti, procacciatori, agenti rurali ecc.” –  nella quale si entra senza partecipare a concorso – è aumentata da 28.704 a 50.268 unità, ma quello non di ruolo è più che sestuplicato, essendo passato da 3.483 a 22.939 unità. In conseguenza la percentuale del personale “civile” non di ruolo sul personale “civile” complessivo è cresciuta da 13.1 a 48.2.

Quando il numero dei postelegrafonici sarà eguale a quello delle persone che scrivono lettere si potrà forse tornare al sistema del buon tempo antico, quando chi scriveva mandava ogni sua missiva per mezzo di un particolare corriere a cavallo.

Ernesto Rossi, La nostra burocrazia, in “Corriere della sera”, 29 gennaio 1949.