Courteline: la tristezza nera della Direzione generale

Ritratto memorabile di una direzione generale nella Parigi dell’Ottocento. Lo si trova in uno dei capolavori della letteratura francese sulla burocrazia, il volumetto di Georges Courteline Quelli delle mezze maniche (in francese Messieurs les rond-de-cuir, 1893; qui si cita l’edizione italiana nella Bur di Rizzoli, 1949). Courteline, pseudonimo di Georges Victor Marcel Moinaux, Tours 1858-Parigi 1929, fu un importante scrittore e drammaturgo francese, la cui vena satirica si era già rivelata in una sapida serie di bozzetti  sulla vita di caserma (Les gaietés de l’escandron, 1886). In questo vero e proprio romanzo egli seppe raffigurare in modo indelebile i tanti tic caratteriali, e anche i vizi, della burocrazia del suo tempo, colta come in una istantanea nella miseria della vita quotidiana degli uffici, tra piccole ambizioni di carriera, pigrizie congenite, inutili cerimoniali gerarchici, umiliazioni e disperazione umana. Il brano racconta però la cornice entro la quale vive e si muove questa piccola umanità dolente che sono gli impiegati: il palazzo fatiscente e cupo della loro direzione generale.

Alla grigia tristezza della via Vaneau, la Direzione Generale Donazioni e Lasciti aggiunge la tristezza nera della sua facciata piatta senza un rilievo, e della sua frusta bandiera ridotta ormai a uno straccio stinto. Quella facciata sta a cavalcioni, un po’ di sghembo, sopra un atrio colossale, specie di volta profonda in cui perpetue correnti d’aria galoppano attraverso la penombra; e si adorna di tre file di funebri finestre, così strette e così alte da sembrare strizzate fra i legni spessi e rinforzati delle loro imposte. Ancora più in alto, su basi tarlate e sotto una grondaia formidabile, da cui d’estate piove un’ombra spessa, d’inverno vien giù lo scolaticcio lento delle nevi accumulate, sei abbaini si allineano di fronte, alti nel cielo a guisa di merli. Vista da lontano, dalla Direzione dei culti, lì presso, essa sembra un crepaccio scuro nei muri biancastri del palazzo Capricciani e del palazzo Lamazère-Saint-Gratien, che la fiancheggiano, l’uno a destra, l’altro a sinistra. Da vicino, essa ha tutta la penetrante malinconia delle cose, e dà un senso di tenerezza grottesca, come una povera zitella invecchiata e senza seno, con la pelle color fango tagliuzzata da rughe e screpolature. E dai suoi vetri esigui, eternamente chiusi sul buio interno, diffonde una desolazione di casa abbandonata, o da poco visitata da un improvviso attacco di colera. Sembra che, attraverso le sue spesse muraglie, passi, trasudi, si evapori, per infestarne il quartiere, la solitudine glaciale dei suoi corridoi interminabili, col pavimento di piastrelle smosse, lambite dalla mattina alla sera dalla luce agonizzante di una mezza fiammella a gas.

Georges Courteline, Quelli delle mezze maniche. Romanzo in sei quadri della vita d’ufficio, Milano, Bur, 1949, pp. 13-14.