Controllo delle frontiere: scende in campo l’Intelligenza Artificiale

Gli stanziamenti dell’U.E. per l’utilizzo di applicativi di I.A. nei controlli di frontiera dimostrano il crescente interesse delle istituzioni europee per l’impiego della tecnologia nella sorveglianza dei confini. Lontano dalle sedi delle istituzioni però i richiami all’etica e all’antropocentrismo nell’utilizzo dell’I.A. paiono tutt’al più mere affermazioni di principio.

 

 

Alla protezione dei confini e al controllo dei flussi migratori irregolari le istituzioni europee e gli Stati membri hanno dedicato, a partire dagli anni Duemila, un imponente sforzo organizzativo, culminato nella nascita di Frontex (2004), l’Agenzia europea che assiste gli Stati membri dell’U.E. e i paesi Schengen nella protezione delle frontiere esterne.

Successivamente alla crisi migratoria del 2015, gli Stati europei di confine, in alcuni casi supportati dai fondi europei, si sono dotati di tecnologie di origine militare per il controllo dei flussi dei migranti, come droni e telecamere termiche. Parallelamente, come riportato dalla organizzazione non-profit tedesca Algorithm Watch, sono aumentati esponenzialmente anche gli utilizzi di dispositivi di ADM (Automated Decision Making). Si tratta di tecnologie che, “esercitandosi” su ingenti flussi di dati, sono in grado di relazionarsi con l’ambiente e adottare autonomamente decisioni. Nel particolare campo dei controlli di frontiera, gli applicativi di Intelligenza Artificiale possono effettuare analisi biometriche, linguistiche e comportamentali, con il rischio di replicare bias e pregiudizi del programmatore (umano).

Così, mentre nelle sedi istituzionali si discute di antropocentrismo ed etica nell’uso dell’Intelligenza Artificiale (qui una disamina più dettagliata dei principi cardine della regolamentazione europea sul tema), i territori di confine dell’Europa sono divenuti il banco di prova ideale per sperimentare le più avanzate tecnologie di sorveglianza. Il programma di finanziamenti della Commissione Eu, Horizon 2020, ha sostenuto con 1,3 miliardi di euro numerosi progetti per il controllo dei confini. In Grecia, ad esempio, il progetto iBorderCtrl ha sviluppato tecnologie di riconoscimento facciale e “lie detection” con un supporto di quasi 5 milioni di euro, fomentando aspre polemiche sul rispetto dei diritti fondamentali. Ciononostante, la sua esperienza è stata trasfusa, con l’aggiunta di altri 8 milioni di euro di contributo, nel progetto TRESSPASS, che sarà attivo fino alla fine dell’anno corrente. Parallelamente è stato avviato FOLDOUT, un altro progetto pilota sostenuto con oltre 8 milioni di euro, che ha per obiettivo il contrasto dell’immigrazione irregolare “individuando persone attraverso il denso fogliame in climi estremi”, con una combinazione di sensori e piattaforme informatiche di analisi dei dati.

Sebbene dunque, a parole, la maggior parte degli Stati membri abbia spesso stigmatizzato la politica (anti) migratoria perpetrata dagli Stati del “Gruppo di Visegrád” e dell’Europa orientale, la generosità dei fondi europei per progetti come quelli descritti ne ha corroborato, nei fatti, l’approccio esasperatamente securitario.

L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale non ha risparmiato le frontiere marittime. Alla fine del gennaio scorso Frontex ha concluso un accordo per l’utilizzo di una piattaforma che impiega tecnologie di I.A. per analizzare il “rischio” e investigare su movimenti sospetti di imbarcazioni. La controparte contrattuale si chiama Windward, una società israeliana specializzata in attività di intelligence marittima e già nota alle cronache per aver fornito materiale per uno scoop del Financial Times sulla vulnerabilità dei porti europei (e italiani), criticato anche nel libro di Lilli Gruber “Prigionieri dell’Islam” (Rizzoli, 2017). Sui contenuti e sui costi del contratto con Windward, sebbene sia pendente un’interrogazione alla Commissione europea, non vi sono per ora informazioni ufficiali. Circa il funzionamento delle tecnologie di I.A. per la sorveglianza marittima, il tracciamento delle imbarcazioni avviene anche analizzando la scia di segnali A.I.S. (Authomatic Identification System), inviati ogni due secondi dalle navi per notificare la loro posizione alle autorità. Sarà però tutta da verificare l’efficacia del dispositivo di sicurezza contro i traffici illegali di merci e persone e, in particolare, contro il fenomeno dei c.d. sbarchi “fantasma”, che avvengono tramite piccoli natanti non dotati di trasmettitori A.I.S.. Tali sbarchi, secondo la Relazione annuale al Parlamento della nostra Agenzia di sicurezza, sono i più critici in un’ottica di sicurezza nazionale e sanitaria.

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