Complicazioni burocratiche durante il fascismo: la denuncia di De’ Stefani

Un passaggio da un articolo (poi raccolto in volume) di Alberto De’Stefani, l’ex ministro (dal 1923 al 1925) promotore della vasta riforma dell’amministrazione voluta dal fascismo appena andato al governo. Vi trapela la delusione per i risultati, la critica per gli eccessi di burocratismo, l’ansia di semplificazione.

Di lì a poco (lo scritto è del 1928) De’ Stefani sarebbe stato messo da Mussolini in persona a capo di un Comitato per il perfezionamento dei metodi di lavoro e di controllo delle pubbliche amministrazioni (1929). La relazione finale del Comitato, portata in anteprima al duce, sarebbe stata da questi archiviata senza darvi alcuna realizzazione (De’Stefani raccontò poi, caduto il fascismo, che sarebbe stata bruciata nei forni del Poligrafico: Una riforma al rogo, s’intitola il libro che egli pubblicò nel 1960, anche se in realtà gli storici hanno messo in dubbio tale colorita versione).

Il perché era presto detto: qualunque riforma sia pur piccola (come ad esempio l’unificazione in un unico concorso annuale dei tanti che si bandivano nell’ambito di ogni Ministero) contrastava con la onnipotente, eterna burocrazia, fosse essa o no in camicia nera.

 

Vi sono atti ragionevoli, innocui, da sbrigarsi alla svelta, che esigono l’intervento di quattro o cinque Ministeri. Ci si mettono tutti per produrre il topolino. Dove basterebbe una telefonata nasce l’«incartamento»; e l’attimo diventa mese e il mese diventa anno. La stessa struttura gerarchica è, per i troppi gradi intermedi, favorevole a queste dispersioni. Ed ecco che, accanto ai collegi orizzontali, ci sono nella nostra stessa struttura amministrativa, i collegi che potrebbero dirsi verticali. Talvolta tali remore sono utili, perché molti sono i pazzi, i fantastici e i birboni. E il pubblico funzionario ha il compito di renderli inoffensivi. Ma non col metodo della diffidenza sistematica, metodica, generalizzata, ma con quello dell’intuizione, caso per caso. Perché altrimenti le dispersioni di energia provocate dalle remore e dalle strutture superflue sono maggiori di quelle provocate dai pazzi, fantastici e birboni, non tempestivamente identificati.

 

Alberto De’ Stefani, L’oro e l’aratro, Milano, Fratelli Treves Editori, 1929, pp. 6161-162 (da un articolo uscito il 19 giugno 1928).