Alle origini della nazione: l’italiano dei burocrati postunitari nella Storia linguistica di Tullio De Mauro

Da un classico della storia linguistica italiana (il fondamentale studio del 1963, più volte riedito) è tratto questo breve ma significativo brano sulla lingua della burocrazia. Tullio De Mauro (Torre Annunziata, 1932-Roma, 2017), linguista in origine allievo di Antonino Pagliaro, lessicografo insigne, storico della lingua, è stato un intellettuale di spicco per tutto il dopoguerra e oltre: infaticabile organizzatore culturale, protagonista di memorabili battaglie per la diffusione popolare della cultura (e della lettura in particolare), ha rivestito anche ruoli pubblici di rilievo nelle istituzioni, come quello di ministro della Pubblica istruzione nel governo Amato del 2000-2001.

 

Oltre la scuola, anche altri organi del nuovo stato unitario, nati insieme con la formazione di questo, hanno agito al fine della diffusione della lingua comune. (…). La creazione di un corpo di burocrati ha avuto effetti linguistici anzitutto sui burocrati stessi, che dai trasferimenti sono stati costretti ad abbandonare spesso, almeno in pubblico, il dialetto d’origine e ad usare e diffondere un tipo linguistico unitario. Si tratta di un tipo linguistico con le sue caratteristiche stilistiche abbastanza omogenee. L’influenza dei dialetti, soprattutto meridionali, non è trascurabile: proviene dall’uso di burocrati meridionali incartamento, dallo spagnolo encartamiento; similmente lo spagnolo descuido “trascuratezza”, passato nel Seicento in napoletano, attecchì verso il 1875 nel linguaggio burocratico sotto la forma disguido (dovuta ad una etimologia popolare che legava erroneamente, ma con efficacia semantica, la parola a guidare) e, col significato di “smarrimento”, dal linguaggio burocratico passò poi nella lingua comune. Gli arcaismi e le innovazioni più audaci si mescolano sotto la penna degli amministratori. Un tipo di formazione nominale assai antico in italiano è quello dei cosiddetti deverbali a suffisso zero: si tratta cioè di quei nomi derivati da vecchi preesistenti senza l’aggiunta dei suffissi. Il tipo è antico, ma serve per creazioni lessicali nuove e impreviste: così da ripartire si crea riparto, da rivendicare rivendica, da reintegrare reintegra.

 

Tullio De Mauro, Storia linguistica dell’Italia unita, Bari, Laterza, 1a ed. 1963 (Qui si cita però l’edizione 1965, p. 89).