Meccanismo unico di vigilanza: la parola fine sul caso LBW.

Con la sentenza dello scorso 8 maggio, nella causa C-450/17 P, avente a oggetto l’impugnazione proposta da Landeskreditbank Baden-Württemberg– Förderbank (LBW) per l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 maggio 2017 (Landeskreditbank Baden-Württemberg/BCE, nella causa T‑122/15), con la quale il Tribunale aveva respinto il ricorso diretto all’annullamento della decisione ECB/SSM/15/1 della Banca centrale europea (BCE), del 5 gennaio 2015, la Corte di giustizia ha posto fine a una vicenda che aveva sollecitato l’attenzione degli interpreti date le sue implicazioni per il riparto di competenze tra BCE e autorità nazionali nell’ambito dell’Unione bancaria e, in particolare, del Meccanismo di vigilanza unico.

La vicenda che aveva condotto alla controversia è nota.

Una banca tedesca aveva lamentato sotto vari profili l’illegittimità della decisione della BCE che ne aveva sancito l’inclusione tra gli “enti significativi” ai sensi dell’articolo 6(4) del Regolamento istitutivo del Mvu (Regolamento 1024/2013). La decisione comportava l’assoggettamento della banca in questione alla vigilanza diretta di Francoforte nei termini di cui all’articolo 6(5) del Regolamento istitutivo del Mvu, ed era fondata sul superamento della nota soglia quantitativa dell’attivo patrimoniale (30 miliardi di euro) da parte dell’ente.

L’impugnazione avverso la sentenza del Tribunale era fondata su tre motivi. Con il primo motivo, LBW deduceva una violazione del diritto dell’Unione nell’ambito dell’interpretazione e dell’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 4, secondo comma, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 70 del regolamento n. 468/2014 – Regolamento che definisce l’applicazione del Mvu. Con il secondo motivo, LBW rilevava uno snaturamento della decisione controversa e un’erronea valutazione dei requisiti di motivazione relativi alla stessa. Con il terzo motivo, infine, LBW riteneva che la sentenza impugnata era inficiata da un errore procedurale in quanto comprensiva di aspetti che non erano stati oggetto del procedimento, con conseguente violazione del diritto di essere ascoltati e del principio del contraddittorio.

Nessuna delle tesi difensive della banca ricorrente ha trovato accoglimento innanzi alla Corte.

Con riguardo all’ambito della competenza della BCE in materia di vigilanza prudenziale diretta degli enti creditizi, la Corte ha rimarcato che la BCE dispone di una competenza esclusiva per esercitare i compiti elencati dall’articolo 4(1) nei confronti di «tutti» gli enti creditizi stabiliti negli Stati membri partecipanti senza distinzione tra gli enti significativi e gli enti meno significativi; se è vero che, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1024/2013, la BCE assolve i suoi compiti nel quadro del meccanismo unico di vigilanza, composto dalla stessa e dalle autorità nazionali competenti ed è responsabile del funzionamento efficace e coerente dello stesso, la Corte ha sottolineato che le autorità nazionali assistono la BCE nell’esercizio dei compiti che il regolamento n. 1024/2013 le conferisce, mediante un’attuazione decentralizzata di alcuni compiti nei confronti di enti creditizi meno significativi, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, primo comma, di tale regolamento. L’argomento della competenza esclusiva, in breve, ha condotto la Corte a rilevare che non vi sono ragioni nel Regolamento istitutivo del Mvu che possano indurre la BCE a vagliare la necessità o meno di una sua vigilanza diretta su un ente.

In secondo luogo, la Corte ha riconosciuto che il Tribunale non era incorso in errore di diritto nel rilevare che il parere della commissione amministrativa del riesame faceva parte del contesto nel quale si iscriveva la decisione controversa e poteva, pertanto, essere preso in considerazione al fine di valutare se detta decisione contenesse una motivazione sufficiente. Il Tribunale aveva quindi effettuato correttamente un’interpretazione combinata della decisione della BCE e del parere della commissione amministrativa del riesame, statuendo in proposito che risultava che, da un lato, la BCE aveva considerato che potevano esistere circostanze particolari alla sola condizione che gli obiettivi del regolamento n. 1024/2013 fossero garantiti meglio da una vigilanza prudenziale diretta da parte delle autorità nazionali e che, dall’altro, la LBW non aveva dimostrato che tale requisito fosse soddisfatto nei suoi confronti.

Con riguardo all’ultimo motivo di impugnazione, la Corte non ha accolto l’argomento della LBW secondo il quale il criterio che consente di concludere per l’esistenza di circostanze particolari, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, secondo comma, del regolamento n. 1024/2013 e dell’articolo 70, paragrafo 1, del regolamento n. 468/2014, vale a dire che la realizzazione degli obiettivi del regolamento n. 1024/2013 sarebbe assicurata meglio da una vigilanza prudenziale diretta delle autorità nazionali rispetto a una vigilanza prudenziale diretta da parte della BCE, non era stato dedotto durante il procedimento. Pertanto, il diritto di LBW ad essere ascoltata e il principio del contraddittorio non erano stati violati dal Tribunale.