“Orizzonti”: gli Editoriali dell’OSD – Numero 15, luglio 2025 – Consolidamento del mercato delle telecomunicazioni, concorrenza e digitalizzazione: un nuovo modello antitrust europeo?

L’argomento proposto pone l’attenzione sui seguenti aspetti: in primo luogo, si prenderà in considerazione il pluriennale ‘desiderio’ di consolidamento del settore; in secondo, si scorrerà in rapida rassegna la situazione nazionale, per soffermarsi, poi, su un nuovo possibile modello di valutazione antitrust che ha spinto la Commissione europea ad avviare un processo di revisione delle “Merger Guidelines”; in terzo, saranno svolte alcune riflessioni in materia di centralità strategica della industry rispetto al tema della digitalizzazione.

Il settore delle telecomunicazioni è in una fase di continua e progressiva evoluzione, stretto tra dinamiche di consolidamento, necessità di investire ingenti somme di danaro per la realizzazione di grandi opere infrastrutturali e sfide tecnologiche complesse.

Dopo anni di sfrenata e parossistica concorrenzialità, riverberatasi sui prezzi dei servizi offerti agli utenti finali, si assiste, oggi, ad un tentativo di razionalizzazione e di stabilizzazione dell’industria a livello europeo.

L’intento dei principali attori è creare uno scenario non più costituito da un’ampia moltitudine di soggetti in serrata competizione tra loro, bensì di far germogliare un “ecosistema” popolato da pochi operatori di notevoli dimensioni (c.d. e già noti “campioni” di settore), tanto nell’ambito della rete fissa, quanto nell’ambito dei servizi mobili.

Tale via non appare, però, semplice da percorrere: con riferimento al mercato italiano, acquisizioni e scorpori denotano un certo grado di frammentazione, considerando che gli operatori che offrono servizi di telefonia fissa e mobile sono ben cinquantaquattro (seppure molti siano virtuali).

Nell’ultimo decennio si è assistito a una drastica riduzione delle tariffe, di cui hanno evidentemente beneficiato i consumatori; ora, e quasi di conseguenza, gli operatori cercano di diversificare il loro business, puntando su servizi a valore aggiunto quali il cloud computing, la cybersecurity e l’IoT.

Nell’ambito di tale contesto generale, comprendere lo stato dell’arte del mercato delle telecomunicazioni richiede di porre l’accento sul tema infrastrutturale, che al primo è indissolubilmente connesso.

Sul tale versante, l’Italia si sta impegnando a colmare il gap creatosi rispetto agli altri Paesi europei nello sviluppo della rete in fibra ottica; ad esempio, il piano “Italia a 1 Giga”, cofinanziato dall’Unione Europea, ha l’obiettivo di fornire connessioni di rete veloci in tutte le aree nazionali, comprese quelle più isolate (“aree bianche”).

A livello operativo, Open Fiber, il principale operatore wholesale in ambito FTTH, ha esteso la copertura di rete a oltre quattordici milioni di unità immobiliari; nonostante ciò, permane l’esiziale problema delle aree grigie e bianche. Per ciò che concerne la tecnologia 5G, la situazione si presenta del tutto differente, in quanto la copertura ha, ormai, raggiunto ben il 90% delle aree di insediamento urbano; nondimeno, solamente il 30% degli utenti mobili utilizza effettivamente connessioni 5G, segno che il mercato è ancora in fase di assestamento. Pertanto, gli operatori stanno puntando, soprattutto, sul 5G in versione standalone, e sulle soluzioni FWA (Fixed Wireless Access), particolarmente utili per collegare efficacemente le zone più remote.

Un altro elemento dalla portata innovativa è costituito dal ricorso ai sistemi satellitari; a tal riguardo, il Parlamento ha recentemente approvato una serie di norme (i.e. la legge 13 giugno 2025, n. 189) la cui ratio è – inter alia – quella di favorire l’ingresso nel settore anche di operatori extraeuropei, al fine di poter utilizzare la loro tecnologia trasmissiva.

Con riferimento al mercato delle telecomunicazioni nazionale, un significativo step di consolidamento, recentemente verificatosi, è offerto dalla conclusione del deal, di innegabile impatto, che ha prodotto l’acquisizione di Vodafone Italia da parte del gruppo elvetico Swisscom, destinata a sfociare nella fusione tra Vodafone e Fastweb.

Il nuovo soggetto (Fastweb + Vodafone) rappresenta senz’altro uno dei protagonisti più rilevanti del mercato italiano, e sarà necessario osservare le ricadute della sua struttura e della sua presenza sulla concorrenza nazionale, nel rapporto con gli altri operatori.

Ma vi è di più: in questa serie di operazioni di M&A occorre senz’altro sottolineare l’ingresso di Poste Italiane come primo azionista, nel capitale sociale di TIM (a seguito del disimpegno di Vivendi).

Parallelamente, in materia di infrastrutture va richiamato lo scorporo della rete dell’incumbent (TIM) e la creazione di FiberCop: questa operazione ha modificato radicalmente gli equilibri del settore, comportando un ridimensionamento della posizione di TIM, grazie alla nascita di un nuovo fornitore di servizi wholesale.

Il panorama futuro potrebbe, tuttavia, cambiare ulteriormente se si concretizzasse l’ipotesi (tutt’altro che remota) di una fusione tra FiberCop e Open Fiber per creare una rete unica nazionale.

Gli aspetti sinora evidenziati pongono, nel complesso, una evidente serie di problemi concorrenziali e sfide regolatorie. In tale quadro, occorre volgere lo sguardo alla dimensione europea (il secondo argomento indicato in apertura).

L’attenzione va posta su una recente operazione societaria e sulle relative conseguenze: in particolare, nel Regno Unito –arena di mercato in cui insistono quattro operatori di rete mobile, come avviene in Italia, Francia, Romania e Polonia – è stata realizzata la fusione tra Vodafone e Three, che ha delineato scenari antitrust inediti e di portata eurounitaria.

La Competition and Markets Autority (CMA) – l’equivalente, nel Regno Unito, dell’AGCM – nel rilasciare il proprio placet a tale fusione, ha fissato solamente una serie di obblighi comportamentali, che vertono, soprattutto, sulla realizzazione di investimenti futuri, ma senza imporre alcuna condizione ostativa. La CMA, infatti, dopo aver attentamente analizzato lo scenario di mercato, pur non escludendo possibili rischi anticoncorrenziali, ha ritenuto che il settore delle telco, in base alla sua conformazione, sarebbe rimasto sarebbe rimasto concorrenziale anche post-fusione, e che i rimanenti tre operatori di rete mobile sarebbero stati indotti a investire ingenti somme di danaro.

Guardando a fondo la vicenda, però, non può non far riflettere un rischio generale: è stato definito un potenziale leading case europeo, il cui esito potrebbe contribuire a ridefinire i tradizionali modelli antitrust, proprio per seguire quella linea, già indicata, di nuove e significative opportunità di consolidamento. Qualora il nuovo operatore rispettasse gli impegni assunti, ci si potrebbe trovare di fronti a un provvedimento inedito in materia di concorrenza. È troppo presto per affermare che tale decisione diventi un paradigma, ma presenta i tratti per costituire un precedente di grande rilievo. Ulteriori fusioni concernenti la telefonia mobile e di scala europea, infatti, potrebbero essere valutate con questo nuovo approccio: in questo senso, il nuovo canone ermeneutico, utilizzato dalla Direzione Generale per la Concorrenza della Commissione europea (DG COM), avrebbe l’effetto di raggiungere simili risultati senza modificare le disposizioni antitrust europee.

Proprio alla luce di tale episodio, peraltro, la Commissione europea ha recentemente avviato un processo di consultazione pubblica per la revisione delle c.d. Merger Guidelines, contenenti una serie di indicazioni per valutare l’impatto concreto di eventuali fusioni sul mercato unico. Il processo di consultazione, avviato a giugno, presenta l’obiettivo di ridefinire i criteri posti alla base degli assesment preventivi svolti dalla Commissione, tenendo debitamente in considerazione nuove priorità strategiche, tra le quali spiccano l’innovazione, la resilienza, l’intensità di investimento, l’efficienza, gli orizzonti temporali considerati, la sostenibilità, la digitalizzazione e i cambiamenti nelle condizioni di difesa e sicurezza dell’Unione.

L’iter di raccolta dei contributi, con la possibilità per gli stakeholder di trasmettere le proprie osservazioni, si concluderà il 3 settembre 2025; i risultati saranno analizzati e pubblicati sia sul portale europeo “Dite la vostra”, sia sulla pagina dedicata del sito della DG COMP. Costituiranno, a giudizio di chi scrive, una ineludibile e fondamentale base di partenza per la definizione della nuova versione delle linee guida sulle fusioni.

In questo hummus, l’Italia si caratterizza, come anticipato, per la presenza di quattro operatori mobili e si presenta come un serio candidato per una prossima opera di consolidamento. Nell’ipotesi di una eventuale fusione all’interno del mercato nazionale, un aumento delle tariffe (fortemente auspicato da tutti i player) appare molto verosimile. In ogni caso, a fini di valutazione concorrenziale, condicio sine qua non sarebbe la capacità delle parti di dimostrare gli effetti verosimilmente benefici per il settore.

Un consolidamento calibrato è necessario ma non sufficiente a dotare l’Europa di operatori telco in grado di competere globalmente e finanziare le infrastrutture –  dinamica sottolineata, peraltro, anche nel rapporto Much more than a market” di Enrico Letta. La condizione perché ciò si avveri è che le autorità antitrust nazionali e la Commissione europea garantiscano adeguati livelli di concorrenzialità del mercato e di tutela dei consumatori. Specialmente a livello nazionale, una riduzione sapiente ed equilibrata degli operatori potrebbe donare nuova linfa a una industry sempre più in crisi, tanto finanziariamente, quanto a livello tecnologico-infrastrutturale; un’operazione che potrebbe essere di ausilio nel completare la posa di  fibra ottica, estendere e potenziare il 5G standalone, sperimentare efficaci soluzioni di copertura satellitare nelle aree più isolate del Paese.

Il vero volano della trasformazione digitale, del resto, non è rappresentato solo dalla concentrazione di risorse economiche, ma anche dalla capacità di attuare e utilizzare infrastrutture moderne e veloci in servizi che abilitino il cloud computing, sistemi di intelligenza artificiale, Internet of Things e smart cities.

Solamente per mezzo di reti e infrastrutture adeguate diviene realmente possibile creare un sistema economico imperniato su una “Industria 4.0”, su una pubblica amministrazione di prossimità, efficiente e marcatamente digitalizzata, su un ambiente ben regolato e funzionante – fattori essenziali per consentire agli operatori di proseguire on modo proficuo le attività e per far germogliare startup innovative, introducendo misure di promozione ed eliminando le barriere regolamentari.

In conclusione, il processo di revisione delle Merger Guidelines potrebbe rappresentare una grande opportunità per creare un differente modello e, forse, un nuovo paradigma (nonostante sia decisamente troppo presto per dimostrarlo). Questo percorso dovrebbe essere costellato da nuovi interrogativi, concernenti i modi in cui tradurre i criteri di innovazione, resilienza e sostenibilità in impegni vincolanti per i campioni del settore telco. Il fine è quello di dare, finalmente, un nuovo e deciso slancio al fondamentale processo di transizione digitale del continente europeo.

Osservatorio sullo Stato Digitale by Irpa is licensed under CC BY-NC-ND 4.0