La posizione italiana sul diritto internazionale e lo spazio cibernetico

Lo spazio cibernetico ha assunto un ruolo centrale come dominio trasversale in cui gli Stati operano e si confrontano, rendendo necessaria una riflessione sugli elementi del diritto internazionale applicabili nella condotta di attività già in corso e in vista di sviluppi futuri che gli avanzamenti tecnologici impongono. Con la pubblicazione da parte del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale della posizione italiana sul diritto internazionale e lo spazio cibernetico, l’Italia si inserisce in un ampio dibattito internazionale con un documento in grado di dare delle risposte interpretative ad alcuni dei punti su cui non vi è una convergenza internazionale.

 

 Lo scorso 3 novembre, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Italiana, dopo un esteso lavoro di concerto con il Ministero della Difesa e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha pubblicato l’Italian Position Paper on ‘International Law and Cyberspace’. In assenza di una regolamentazione univoca internazionale, il documento fornisce la posizione dell’Italia sul diritto internazionale applicabile nello spazio cibernetico andando a colmare un gap rispetto ad altri paesi europei – Francia, Germania, Olanda – che avevano già assunto una posizione sul tema.

L’Italia ha ribadito la centralità e l’applicabilità del diritto internazionale allo spazio cibernetico per uno sviluppo sicuro, accessibile e pacifico di Internet, sebbene essa sia consapevole della difficoltà, da parte della comunità internazionale, di fornire una cornice giuridica ad un dominio in costante sviluppo dal punto di vista tecnologico. Proprio per questo motivo, il documento non si prefigge l’obiettivo di essere una pubblicazione esaustiva quanto, piuttosto, di inserirsi nel più ampio dibattito accademico e tra gli Stati fornendo una posizione governativa su alcuni dei punti maggiormente discussi.

L’Italia ritiene una prerogativa governativa l’attribuzione di un’operazione cibernetica, la cui denuncia pubblica va analizzata tenendo conto degli elementi a disposizione per attribuire la responsabilità e le eventuali conseguenze tecniche, politiche e giuridiche. Inoltre, l’Italia ha ritenuto importante sottolineare che, poiché non esiste una definizione condivisa di quando un’operazione cibernetica possa rientrare nella definizione di “attacco armato” ai sensi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, la valutazione dell’impatto dell’operazione, nonché l’eventuale diritto di auto-difesa collettiva devono essere analizzati caso per caso.

Alla luce anche delle recenti azioni fatte da hacker contro strutture sanitarie, il documento ha colto anche l’occasione per ribadire la necessità di approfondire lo studio di possibili violazioni del principio di non-intervento nello spazio cibernetico, in particolare, per quanto riguarda le operazioni cibernetiche volte a minare le capacità di risposta di un paese durante una pandemia o ad influenzare le decisioni di voto da parte della popolazione. Dal punto di vista della tutela e promozione dei diritti umani, ogni Stato è tenuto a proteggeli sia online che offline, difendendo gli individui da possibili violazioni di tali diritti, tra cui la libertà di opinione e di espressione, il diritto all’informazione e alla privacy. In ultimo, nel documento viene ribadito il principio di due diligence e la conseguente necessità, da parte dello Stato, di prevenire, eliminare e mitigare i rischi di operazioni cibernetiche ostili o illegali condotte sul proprio territorio da parte di attori-non statali nei confronti di altri paesi.

Per quanto riguarda il diritto internazionale umanitario, in linea con il Manuale di Tallinn 2.0. sull’applicabilità del diritto internazionale alle operazioni cibernetiche, e discostandosi da un’interpretazione più ampia fornita da paesi come Germania e Francia, l’Italia ha circoscritto un’operazione cibernetica intesa come attacco a quelle azioni in grado di produrre danni fisici significativi alla proprietà, l’interruzione del funzionamento di infrastrutture critiche, lesioni o perdita di vite umane con un puntuale richiamo alla definizione contenuta nell’art. 49.1 del Protocollo Addizionale (1977) alle Quattro Convenzioni di Ginevra del 1949.

In conclusione, il documento, con un approccio pragmatico, risponde ai principali temi oggetto di dibattito internazionale, definendo il punto di vista nazionale in un’ottica di dialogo con gli altri Stati e chiarendo la cornice giuridica in cui la stessa Difesa italiana e la Presidenza del Consiglio dei Ministri si muovono nella tutela imperativa degli interessi strategici del Paese e nel mantenimento della sicurezza internazionale.

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