Il ruolo primario delle infrastrutture digitali per la ripresa economica del paese: a che punto siamo?

La recente pandemia da Covid-19 ha reso ancora più attuale il tema e l’importanza delle risorse digitali in Italia e nel mondo, soprattutto per quanto riguarda le nostre economie, così come ha messo in luce in modo determinante come le reti e la connettività, nonché le competenze digitali di base e avanzate, siano ormai imprescindibili per il “sistema” Paese, rendendo possibile la prosecuzione del lavoro, monitorando la diffusione del virus e accelerando la ricerca di farmaci e vaccini.

 

Il digitale ha un ruolo di primo piano anche nella ripresa economica e sociale post virus ed è, quindi, bene chiedersi quale sia lo stato di salute delle infrastrutture e dei servizi presenti in Italia.

Per “infrastruttura digitale” deve intendersi un “centro elaborazione dati” (CED o “data center”), ossia un vero e proprio “quartier generale” informatico in cui sono allocati, manutenuti, custoditi, protetti e costantemente monitorati tutti i dispositivi elettronici, gli strumenti di elaborazione e di connettività, gli archivi digitali e quanto serve a far funzionare l’intera architettura informatica, a sua volta in grado di ospitare un numero indefinito di applicazioni, siti internet, portali e software.

In base a quanto dichiarato dal Team per la Trasformazione Digitale – nato per avviare la costruzione del “sistema operativo” del Paese e oggi confluito nel Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del consiglio dei ministri – attualmente, in Italia, operano circa 11mila CED a servizio di oltre 22 mila Pubbliche Amministrazioni, centrali e locali.

Il dato significa approssimativamente che per ogni due amministrazioni opera un data center, uno scenario in cui quasi ogni Comune gestisce in proprio i suoi server.

Questa situazione comporta una serie di aspetti negativi, tra i quali: a) costi elevati di manutenzione, per la collocazione fisica dei server (es. locazione di un edificio), per il consumo energetico e simili da moltiplicate per 11 mila singoli data center per un totale approssimativo di 2 miliardi l’anno, sui circa 5,8 miliardi di euro che la Pubblica Amministrazione italiana spende ogni anno nel settore ICT; b) CED poco sicuri, non soltanto da un punto di vista puramente informatico (software) , ma anche di sicurezza materiale, protezione dei server e del loro funzionamento (hardware). Questo perché i data center sono quasi sempre situati in luoghi non idonei, come i centri abitati, oppure in zone a rischio sismico o idrogeologico.

Più in generale, sul tema digitalizzazione, è preoccupante l’analisi fornita dalla relazione DESI (Indice di digitalizzazione dell’economia e della società) che rappresenta lo strumento mediante cui la Commissione Europea monitora il progresso digitale degli Stati membri dal 2014. Nell’edizione 2020 del DESI, l’Italia si colloca al 25º posto fra i 28 Stati membri dell’UE.

Preoccupa, in particolare, il dato secondo cui sussistono carenze significative per quanto riguarda il capitale umano, in aggiunta al fatto che, rispetto alla media UE, l’Italia registra livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi.

L’immediata conseguenza di tali carenze in termini di competenze digitali è il modesto utilizzo dei servizi online, compresi i servizi pubblici digitali, tanto che solo il 74% degli italiani usa abitualmente Internet. Sebbene il paese si collochi in una posizione relativamente alta nell’offerta di servizi pubblici digitali (egovernment), il loro utilizzo rimane scarso. Analogamente, le imprese italiane presentano ritardi nell’utilizzo di tecnologie come il cloud e i big data, così come avviene per l’adozione del commercio elettronico.

Rispetto al (desolante) quadro descritto, il Covid-19 ha inciso nel senso di spingere il Governo a proporre un pacchetto di misure volte a rispondere all’aumento del consumo di servizi di comunicazione elettronica e di traffico di rete. Agli ospedali pubblici sono state fornite connessioni Wi-Fi gratuite.

Il governo ha anche rivolto la propria attenzione alle scuole, promuovendo la diffusione di strumenti e piattaforme digitali, la fornitura di dispositivi agli studenti meno abbienti e l’accesso a connessioni ultraveloci e ai servizi connessi. Inoltre, sono state introdotte procedure semplificate per agevolare l’acquisto di beni e servizi informatici da parte delle pubbliche amministrazioni. Diverse iniziative hanno riguardato l’uso dei dati per contrastare la pandemia. Il governo ha inoltre invitato il settore privato e le associazioni a offrire i loro prodotti o servizi a titolo gratuito e ad aiutare i cittadini, i professionisti e le imprese a proseguire le rispettive attività.

Quanto al futuro, con riferimento agli indicatori DESI particolarmente rilevanti per la ripresa economica dopo la crisi Covid-19, l’Italia è molto avanti sul fronte del 5G, ma è in ritardo in termini di diffusione delle reti ad altissima capacità (VHCN). I risultati conseguiti dal paese sono limitati per quanto riguarda le competenze digitali e la digitalizzazione delle imprese, così come resta modesto l’uso dei servizi pubblici digitali.

Per quanto riguarda, poi, i servizi pubblici digitali, sempre secondo la relazione DESI l’Italia si colloca al 19º posto nell’UE, la stessa posizione occupata nel 2019, che colloca il paese al di sotto della media europea, nonostante le buone prestazioni nell’ambito dell’offerta di servizi digitali e di dati aperti (Open Data).

La bassa posizione occupata dal paese nella classifica generale è dovuta allo scarso livello di interazione online tra le autorità pubbliche e il pubblico in generale, poichè solo il 32% degli utenti italiani online usufruisce attivamente dei servizi di e-government (rispetto alla media UE del 67%). Questo dato è addirittura diminuito tra il 2018 e il 2019.

Nel settembre 2019 è stato istituito il Ministero per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione che ha assunto la guida della digitalizzazione della pubblica amministrazione e ha integrato il Team per la trasformazione digitale, rappresentando una novità significativa nella governance delle politiche di digitalizzazione dei servizi pubblici con il principale scopo di snellire il complesso insieme di istituzioni coinvolte nel processo di implementazione.

Nel complesso, l’accelerazione registrata nel 2019 nell’attuazione dei principali progetti di egovernment potrebbe compensare i ritardi accumulati negli anni precedenti e avvicinare l’Italia agli obiettivi prefissati. Per realizzare la digitalizzazione in tutti gli ambiti e in tutte le amministrazioni locali è importante un’azione duratura e di ampio respiro.

Il Rapporto Assonime n. 12/2020, dedicato a “Interventi di semplificazione e modernizzazione del sistema amministrativo per il rilancio dell’economia” ha ben evidenziato che vi sono già numerosi esempi positivi di utilizzo delle tecnologie nell’azione amministrativa. Ad esempio, attraverso la tecnologia cloud è stato possibile gestire l’erogazione del reddito di cittadinanza, con informazioni sensibili di circa un milione e mezzo di cittadini, garantendo l’operatività di picco al momento della presentazione delle domande e sicurezza, resistendo a numerosi cyber attacchi ed assicurando la gestione continuativa per oltre diciotto mesi, facendo fronte ai progressivi mutamenti del novero dei beneficiari e delle informazioni ad essi riferibili.

Per la modernizzazione e la maggiore efficacia dell’azione amministrativa occorre accelerare il pieno utilizzo delle piattaforme digitali e la piena informatizzazione dei procedimenti amministrativi da parte di stazioni appaltanti, Suap e altri uffici amministrativi che svolgono procedimenti autorizzatori o ispettivi, che rilasciano certificazioni o che erogano sussidi alle imprese e alle famiglie.

Molti procedimenti possono essere radicalmente snelliti, semplificati e velocizzati attraverso le tecnologie ICT, in particolare mediante l’uso di piattaforme digitali, blockchain e intelligenza artificiale, ma a tal fine occorre anzitutto una task force costituita dai Ministri della Funzione Pubblica e dell’Innovazione a supporto delle amministrazioni pubbliche meno attrezzate, ovvero la definizione di prototipi di reingegnerizzazione dei singoli procedimenti, cominciando da quelli di maggiore uso.

Nell’attuale contesto di riferimento, il Paese ha, quindi, un rilevante bisogno di realizzare e potenziare le infrastrutture digitali e gli impianti. A tal fine, occorre però superare i noti fattori di blocco, favorendo gli investimenti e innescando processi di sviluppo della produttività nazionale. In quest’ottica, l’istituto del partenariato con il privato potrebbe rivestire un ruolo da protagonista.

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