Il BIM: una frontiera per la transizione digitale edilizia

Il 3 agosto 2021 è entrato in vigore il D.M. n. 312/2021, che ha modificato il Decreto Baratono, primo punto di riferimento per l’introduzione del BIM (Building Information Modelling) nell’ordinamento giuridico nazionale. Il decreto ministeriale detta nuovi tempi per l’adozione obbligatoria del BIM e lo individua quale principale strumento per attuare una transizione digitale nel settore edilizio, conformemente ai tempi di progressione del PNRR, di cui la digitalizzazione è una delle missioni.

Il Building Information Modelling (di seguito BIM) è una delle principali componenti della rivoluzione digitale che sta investendo il settore edilizio e il mondo degli appalti pubblici (della digitalizzazione nei contratti pubblici, ne abbiamo parlato qui su questo Osservatorio). Il BIM è un sistema informativo digitale, relativo a edifici e infrastrutture, integrato con dati fisici, prestazionali e funzionali dell’opera, che contiene le informazioni sull’intero ciclo di vita della stessa: dal progetto alla costruzione fino alla sua demolizione e dismissione.

Il decreto-legge n. 77/2021, o Nuovo Decreto Semplificazioni, al comma 6 dell’art. 48, fa espresso riferimento alla metodologia BIM. In particolare, il suddetto articolo, rubricato “Semplificazioni in materia di affidamento dei contratti pubblici PNRR e PNC”, prevede per le Stazioni appaltanti la possibilità che per gli appalti da finanziarsi con risorse PNRR e PNC sia prevista l’assegnazione di un punteggio premiale per l’uso nella progettazione di metodi e strumenti elettronici ai sensi dell’art. 23, comma 1 lettera h), del d.lgs. n. 50 del 2016. Il d.l. n. 77/2021 ha previsto, altresì, l’adozione, entro trenta giorni dalla sua entrata in vigore, di un provvedimento del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS), al fine di coordinare le regole e le specifiche tecniche con le disposizioni del Decreto Baratono, D.M. n. 560/2017.

Al fine di ricostruire l’evoluzione normativa del BIM, è necessario partire proprio dal Decreto Baratono, che si configura esplicitamente come attuazione di quanto predisposto dal comma 13 dell’art. 23 del d.lgs. n. 50/2016, e che è stato oggetto di modifiche del D.M. n. 312/2021, entrato in vigore lo scorso 3 agosto. Quest’ultimo decreto è stato adottato in seguito alla conversione in legge (l. n. 108/2021) del d.l. n. 77/2021. Se la legge di conversione fosse avvenuta nei successivi 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta del d.l. n. 77, lo stesso prevedeva un termine invece di soli 30 giorni per l’adozione del provvedimento per la previsione delle regole e specifiche tecniche per l’uso del BIM, termine il quale non è stato pertanto rispettato. Il D.M. n. 312/2021 di fatto, da un lato, interviene ad integrazione del D.M. n. 560/2017, e dall’altro assolve a quanto prescritto dall’art. 48, comma 6, del d.l. n. 77/2021. Tra gli obiettivi di questo D.M. si ritrova anche l’esigenza di portare l’ordinamento nazionale in linea con il contesto europeo nel settore della digitalizzazione del settore delle costruzioni e delle pubbliche amministrazioni.

Nel perseguire un cammino verso una transizione digitale efficace e concretamente attuabile, così come incoraggia a fare il PNRR, è opportuno imparare a distinguere tra digitization, digitalization e digital transformation. Con il primo termine si indica la traduzione nel linguaggio dei bit da documenti a carattere analogico a formati di archiviazione gestibili dai calcolatori, mentre la digitalization o digitalizzazione è il processo con cui le interazioni e gli scambi informativi tradizionali vengono affiancati dalle tecnologie dei modelli digitali. La digital transformation, infine, rappresenta un cambio sistematico nel modello di lavoro, si configura infatti come il cambiamento delle modalità con cui viene pensato il processo edilizio e l’occasione per trasformarlo in una rete di relazioni informative interoperabili. Rispetto all’impegno del PNRR, il D.M. n. 312/2021 è lo strumento volto ad attuare un programma di transizione digitale per il mercato delle costruzioni, attraverso processi digitalizzati per le stazioni appaltanti pubbliche, in grado di produrre effetti rilevanti anche per il mercato privato. La metodologia BIM presuppone poi, al fine di incrementare il processo di transizione, uno scambio delle conoscenze, che riguardi non solo gli attori del processo edilizio, ma anche gli strumenti di gestione delle informazioni, ossia tutte le componenti funzionali alla costruzione.

Una delle principali caratteristiche del BIM, strettamente connessa al settore degli appalti pubblici, è rappresentata dalla pubblica interoperabilità, aspetto fondante già nel D.M. n. 560/2017 (art. 4). Se lo scambio assume, come si è detto, grande rilievo, l’interoperabilità è il presupposto funzionale allo scambio, essendo volta a realizzare una mutua interazione tra attori coinvolti, strumenti e discipline. L’interoperabilità è requisito che va oltre la dimensione del BIM, e ci sono settori in cui la si sperimenta e che potrebbero rappresentare la frontiera futura per un possibile approdo BIM. Si tratta dell’Archivio Informatico Nazionale delle Opere Pubbliche (AINOP), istituito presso il MIMS, in cui si condensano tutti i dati relativi al patrimonio pubblico, detenuti e gestiti da varie amministrazioni con riferimento al processo di esecuzione dei lavori e all’opera stessa, per la quale AINOP genera un codice identificativo (IOP) che racchiude tutta la sua storia. La frontiera è che domani tale codice sia in grado di raccontare anche i flussi BIM.

Se l’essenzialità del BIM nei nuovi progetti edilizi e infrastrutturali è evidente, di grande importanza, anche se meno palese, risulta la sua capacità di incidere sul patrimonio costruito esistente. Innegabili alcune criticità, come la difficoltà di reperire un’informazione corretta sullo stato dei luoghi o la capacità degli operatori di valutarne la correttezza della traduzione nel formato digitale, ma sarebbe utile consentire uno scambio di conoscenza anche per realtà che necessitano di miglioramento, adeguamento e riqualificazione. L’idea è quella di valorizzare il Building del BIM, nell’ottica di interpretarlo nel senso di “atto del costruire” più che di “costruzione”.

Il D.M. n. 312/2021 ha, inoltre, individuato nuovi tempi per un’adozione obbligatoria del BIM:

  • 1° gennaio 2022: per le opere di nuova costruzione e interventi sul costruito esistente, eccetto le opere di ordinaria manutenzione di importo a base di gara pari o superiore a 15 milioni di euro;
  • 1° gennaio 2023: per le opere di nuova costruzione e interventi sul costruito esistente, eccetto le opere di ordinaria e straordinaria manutenzione di importo a base di gara pari o superiore all’art. 35 codice dei contratti pubblici;
  • 1° gennaio 2025: per le opere di nuova costruzione e interventi sul costruito esistente, eccetto le opere di ordinaria e straordinaria manutenzione di importo a base di gara pari o superiore a 1 milione di euro.

Il principale obiettivo si attesta così nel raggiungimento di una progettazione integrata, e le stazioni appaltanti devono assolvere ad alcune condizioni per un legittimo ricorso al BIM, quali l’adozione di un piano di formazione del personale, la definizione di un piano di acquisizione o di manutenzione degli strumenti hardware o software, e, infine, l’assunzione di un atto organizzativo (art. 3, D.M. n. 560/2017). La stazione appaltante deve, inoltre, redigere un capitolato informativo (art. 7, D.M. n. 560/2017), che è divenuto ai sensi del D.M. n. 312/2021 un autonomo documento di gara rispetto al Capitolato speciale d’appalto, e indica i contenuti informativi necessari per le fasi successive, quali esecuzione dei lavori e manutenzione. Per incentivare l’uso dei BIM, il nuovo art. 7-bis ha poi previsto l’adozione per le stazioni appaltanti dei c.d. punteggi premiali, ossia la possibilità di inserire tra i criteri di aggiudicazione dell’offerta punteggi ulteriori per l’uso di metodi e strumenti elettronici specifici.

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