Focus Ucraina – La censura del Cremlino sulla guerra

Fino a 15 anni di pena per i giornalisti, testate chiuse e il controllo del “Roskomnadzor” sulle informazioni. La scure della legge russa contro le “fake news” sugli organi di stampa indipendenti.

  

Con 340 voti a favore, 3 contrari e 59 astenuti, la Duma di stato (la Camera bassa della Federazione Russa) ha approvato in seconda e terza lettura un ampliamento della legge contro le “false informazioni sulle forze armate”, già firmata dal presidente Putin lo scorso 4 marzo. La legge, che prevedeva responsabilità amministrative e penali per la divulgazione di informazioni ritenute false dalle autorità russe sulle azioni dell’esercito nazionale in Ucraina, è ora ampliata anche alla divulgazione di “false informazioni” sulle attività di ambasciate, procure e altri organi istituzionali russi.  

Il provvedimento prevede pene che vanno dai 3 anni di reclusione per la pubblicazione di informazioni ritenute deliberatamente false, a 10 anni per la pubblicazione di informazioni “false costruite artificialmente” e fino a 15 anni di reclusione se queste sono ritenute “pericolose” o “dannose” per la Federazione Russa dalla Procura Generale. Vengono inoltre stigmatizzate come “imprecise” tutte le informazioni non provenienti da fonti ufficiali della Federazione Russa e pubblicate sugli organi di stampa. 

Questa legge rappresenta un ulteriore e forse definitivo “salto di qualità” sul controllo dell’Informazione da parte del Governo di Mosca in un Paese in cui già da anni la stampa non allineata veniva regolarmente vessata con ritorsioni giudiziarie e governative. Dal 4 marzo, giorno della firma del provvedimento, la narrazione della guerra in Ucraina sulla stampa russa deve essere interamente corrispondente a quella ufficiale del Cremlino. Non è più possibile, ad esempio, fare riferimento ad un’“invasione” o ad una “guerra” in territorio ucraino, ma esclusivamente ad una “operazione militare speciale”, stessa definizione usata dal presidente Putin il 24 febbraio scorso per annunciare l’inizio dell’invasione in Ucraina. Come era prevedibile, molte testate giornalistiche russe sono state costrette a sospendere le attività per non rischiare di incorrere nelle suddette sanzioni e, solo nelle ultime settimane, sono stati aperti almeno 7 procedimenti penali per false informazioni, oltre ad innumerevoli pene amministrative da 30.000 di rubli imposte a manifestanti contrari alla guerra in Ucraina.   

L’ultima testata in ordine di tempo ad arrendersi alla censura è stata “Novaya Gazeta”, il principale giornale indipendente russo fondato nel 1993 da ex giornalisti della Pravda e finanziato dall’ex presidente Mikhail Gorbachev. Novaya Gazeta aveva deciso in un primo momento di non sospendere le pubblicazioni e continuare a lavorare seguendo le indicazioni del Governo ma, nonostante questo, il giornale è stato continuamente minacciato di ritorsioni dalla Duma e ammonito dal Roskomnadzor, l’agenzia statale delle comunicazioni russa, con l’accusa di non aver segnalato come “agente straniero” una delle organizzazioni citate in un loro articolo, definizione che i giornali sono obbligati ad usare quando vengono citati soggetti che secondo il regime sono finanziati dall’estero. Due ammonizioni da parte del Roskomnadzor sono sufficienti per la chiusura di un giornale e, per questo motivo, Dimitrij Muratov, fondatore del giornale e fresco vincitore del Premio Nobel per la pace nel 2021 (proprio per l’attività del suo giornale, “[…] a i loro sforzi per salvaguardare la libertà di espressione, che è precondizione per la democrazia e per una pace duratura” motivava solo pochi mesi il Comitato per il Nobel norvegese) ha deciso di sospendere le attività di Novaya Gazeta “fino al termine dell’operazione militare speciale in Ucraina”.  

Novaya Gazeta è solo l’ultima testata in ordine di tempo a sospendere le proprie attività. Nelle scorse settimane, infatti, la stessa sorte era toccata a tutti i principali organi d’informazione indipendenti russi, a cominiciare da Ėcho Moskvy, l’Eco di Mosca, storica emittente radiofonica indipendente e voce critica nei confronti del regime, diffusa in tutti i Paesi ex sovietici ed accessibile in streaming a tutti gli utenti nel mondo. Era stato proprio il Roskomnadzor a decretare la chiusura della radio lo scorso 3 marzo a causa di alcuni servizi mandati in onda sulla guerra in Ucraina.  

Le preoccupazioni per la legge sulle false informazioni non hanno risparmiato nemmeno i principali network stranieri presenti in Russia, dalla BBC alla Rai, che dal 4 marzo scorso avevano deciso di sospendere le attività dei propri corrispondenti sul territorio russo per tutelarne l’incolumità.  

Le azioni del Governo di Mosca per imporre ai media un racconto unilaterale della guerra potrebbero però non essere sufficienti al raggiungimento dello scopo, in un mondo in cui le informazioni corrono su internet, la possibilità è che la popolazione possa aggirare la censura attraverso la rete. E’ proprio per questo motivo che il Cremlino ha deciso una stretta anche sui social, oscurando le piattaforme del gruppo Meta (Facebook e Instagram, con la sola eccezione di WhatsApp), e decidendo di disconnettere la Russia dalla rete internet globale in modo da trasferire tutto su server localizzati all’interno del territorio della Federazione, impendendo di fatto a chiunque si trovi in Russia di accedere al web anche tramite VPN.  

Basteranno queste azioni per impedire all’informazione indipendente di raccontare la guerra ai cittadini russi e riportarli indietro ai tempi della Pravda di stato di sovietica memoria?  

 

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