Il Sistema amministrativo italiano

Il progetto ha inteso verificare ed illustrare le principali tendenze di cambiamento del sistema amministrativo italiano negli ultimi venticinque anni, assumendo quale punto di partenza lo studio svolto da Sabino Cassese nel 1983, intitolato appunto Il sistema amministrativo italiano (formula che già indica come lo studio dell’amministrazione non possa più essere declinato al singolare e come il fuoco dell’analisi si sia spostato dalla statica alla dinamica delle pubbliche amministrazioni). La ricerca ha avuto ad oggetto il tentativo di fornire, insieme, una ricognizione, una ricostruzione ed una interpretazione dei caratteri del sistema amministrativo oggi.

L’esito della ricerca costituisce un progetto organico e unitario: non la collezione di una serie di saggi, ma un’indagine che esamina approfonditamente i singoli elementi di tale sistema attraverso un metodo comune e chiavi di lettura condivise. In particolare, sono oggetto di esame l’espansione e i confini della sfera pubblica; le basi costituzionali del sistema amministrativo; l’organizzazione centrale e i poteri regionali e locali; i procedimenti, il personale e la finanza; gli strumenti di controllo; la dimensione europea e globale; i tentativi e i progetti di riforma; lo studio dell’amministrazione.

Tra le più rilevanti domande di fondo della ricerca, vi sono quelle che attengono agli effetti dei processi di decentramento e di integrazione sopranazionale, da un lato, e di privatizzazione e esternalizzazione, dall’altro, sul sistema amministrativo. Ancora, è noto come l’amministrazione risponda a diversi ‘padroni’ (il Parlamento, il Governo, la collettività): quali sono i loro rispettivi ruoli? Quale di tali soggetti prevale?

Gli esiti della ricerca mostrano come il sistema amministrativo italiano sia oggi più ‘lungo’ e più articolato di quanto non fosse venticinque anni fa, mentre il suo peso rimane stabile. In particolare, il principale fattore di ‘allungamento’ è costituito dal processo di integrazione europea, che aggiunge un ulteriore livello di regolazione e di amministrazione. La maggiore ‘articolazione’, invece, si collega al decentramento, ma anche all’autonomizzazione di interi settori, quali le scuole e le aziende sanitarie. Rimane invariato il ‘peso’, ovvero le dimensioni del sistema amministrativo, ma se ne modifica la distribuzione (si pensi alla diminuzione delle imprese pubbliche).

Quanto al secondo gruppo di quesiti, si osserva come alla precedente autoreferenzialità del sistema amministrativo italiano si sia sostituito, da un lato, un rafforzamento del comando politico-governativo (fenomeno, peraltro, comune ad altri Paesi europei, ma che trova, nel contesto italiano, minori correttivi) e, dall’altro, dallo sviluppo di una ‘domanda’ collettiva verso l’amministrazione (che si esplica attraverso la partecipazione ai procedimenti e la domanda di servizi).

La ricerca ha poi messo in luce l’accentuata frammentazione dei compiti, rispetto alla quale l’uso di strumenti apparentemente semplificatori (commissari, poteri d’urgenza) non ha dato risultati significativi, sicché il riordino delle funzioni resta la vera incompiuta di tutte le riforme che si sono succedute negli ultimi vent’anni.

In conclusione, il sistema amministrativo negli ultimi venticinque anni si è mostrato restio, ma non impermeabile al cambiamento, benché i fattori che hanno indotto quest’ultimo siano stati più esogeni (integrazione europea, accresciuta esigenza dei servizi, trasformazione del sistema politico) che non endogeni.

La ricerca è stata portata a compimento nell’arco di due anni da oltre cento persone, tra giovani studiosi, undici professori e dipendenti di pubbliche amministrazioni.

La ricerca è culminata nella pubblicazione di un volume curato dalla Prof.ssa Luisa Torchia, edito dalla Casa editrice Il Mulino nel 2009.