
La trasformazione digitale dell’azione amministrativa sta ridisegnando il perimetro dell’attività conoscitiva della pubblica amministrazione, sia dal punto di vista procedurale che sostanziale. L’acquisizione, l’elaborazione e l’utilizzo delle informazioni da parte delle amministrazioni pubbliche sono oggi fortemente influenzati dall’impiego di nuove tecnologie, big data e algoritmi decisionali (sul punto G. Delle Cave, Intelligenza artificiale e procedimento amministrativo: friends or foes?). Due recenti contributi, di Isabella Alberti e di Matteo Falcone, affrontano questa tematica da prospettive differenti ma complementari, offrendo un’analisi critica su come il potere conoscitivo pubblico possa e debba essere riformulato nell’era digitale.
Isabella Alberti, nel suo volume L’istruttoria nel procedimento amministrativo: Prospettive di acquisizione digitale della conoscenza, si concentra sull’analisi della fase istruttoria nel procedimento amministrativo e su come la digitalizzazione abbia modificato il modo in cui le amministrazioni pubbliche acquisiscono e gestiscono la conoscenza. L’autrice evidenzia come le nuove tecnologie permettano di velocizzare la raccolta e l’analisi dei dati, migliorando l’efficienza amministrativa, ma sottolinea al contempo i pericoli legati alla mancanza di un adeguato quadro normativo per regolare questi strumenti. L’uso sempre più diffuso di software decisionali e algoritmi predittivi nella fase istruttoria solleva infatti questioni giuridiche complesse, tra cui la necessità di garantire un controllo umano sulle decisioni automatizzate e la trasparenza dei criteri utilizzati per raccogliere e valutare le informazioni (al tema della trasparenza e della conoscenza effettiva dell’algoritmo si sono dedicati G. Cavalcanti, Algoritmi e decisione amministrativa: la metamorfosi del procedimento nell’era della digitalizzazione 4.0 e G. Mangano – S. Pignotti, Focus sentenze G.A. su decisioni algoritmiche – Digitalizzazione 4.0: illegittimità del ricorso all’algoritmo quando la regola giuridica sottesa è incomprensibile).
Il testo di Matteo Falcone, Ripensare il potere conoscitivo pubblico tra algoritmi e big data, adotta un approccio più ampio e sistemico, analizzando il potere conoscitivo pubblico come elemento essenziale della governance democratica (sul tema dell’analisi dei dati si v. B. Carotti, Le funzioni amministrative digitali. Intervista a Stefano Rossa). L’autore riflette su come la crescente dipendenza delle amministrazioni pubbliche dai dati e dalle piattaforme tecnologiche private possa minare l’autonomia della pubblica amministrazione, rendendola vulnerabile agli interessi dei grandi operatori economici del settore digitale. Il testo propone una lettura critica dell’evoluzione del potere conoscitivo pubblico, evidenziando come la crescente mole di dati disponibili non si traduca automaticamente in un miglioramento della capacità decisionale delle amministrazioni. Piuttosto, emerge il rischio di una frammentazione delle informazioni e di un utilizzo inefficace dei dati raccolti, con conseguenze negative sulla qualità delle decisioni pubbliche.
Più nel dettaglio, Isabella Alberti esamina come il fenomeno della digitalizzazione abbia trasformato l’attività conoscitiva della pubblica amministrazione, superando i tradizionali metodi di acquisizione dei fatti per valorizzare nuove fonti di prova. Il libro si apre con una riflessione sull’importanza dell’istruttoria, quale momento essenziale del procedimento amministrativo, necessario per garantire una decisione informata e conforme ai principi di legalità, trasparenza ed efficienza, analizzando il suo sviluppo storico e le problematiche legate alla certezza del diritto e alla trasparenza. Il passaggio all’uso di strumenti digitali porta con sé un mutamento non solo tecnico, ma anche epistemologico, ridefinendo le modalità con cui i fatti vengono accertati e interpretati. Il secondo capitolo si concentra sull’organizzazione degli uffici istruttori e sui meccanismi di acquisizione delle informazioni, evidenziando il ruolo crescente delle infrastrutture tecnologiche nel supportare l’attività amministrativa. Alberti discute il valore probatorio delle informazioni digitali, evidenziando le questioni giuridiche e pratiche connesse alla loro attendibilità: l’uso di database, intelligenza artificiale e strumenti di analisi avanzata consente un’elaborazione più ampia e sofisticata delle informazioni, ma solleva interrogativi circa la loro verificabilità e la protezione dei diritti dei cittadini. Nel terzo capitolo, Alberti affronta il tema dell’acquisizione d’ufficio delle informazioni, esplorando le potenzialità offerte dall’integrazione tra archivi pubblici, open data e strumenti automatizzati di raccolta delle informazioni. L’autrice discute il ruolo delle nuove fonti di dati, tra cui i social network e le tecniche di web scraping, valutando le implicazioni giuridiche e i limiti normativi di tali strumenti. Il quarto e il quinto capitolo approfondiscono, rispettivamente, il tema della rilevanza dei documenti amministrativi e delle prove costituende nel procedimento amministrativo. Il primo si concentra sull’analisi del valore probatorio di certificati, verbali e autocertificazioni, esaminando il loro ruolo all’interno dell’istruttoria amministrativa. L’autrice discute come l’evoluzione normativa e tecnologica abbia influito sull’attendibilità e sull’utilizzo di questi strumenti probatori, evidenziando le problematiche connesse alla loro autenticità e alla possibilità di verificarne la veridicità attraverso strumenti digitali. Viene, inoltre, affrontata la questione dell’automatizzazione nella valutazione dei documenti amministrativi e delle sue implicazioni giuridiche. Il secondo, invece, prende in considerazione le ispezioni amministrative, le perizie e le testimonianze raccolte nell’ambito dell’istruttoria, ponendo l’accento sulle modalità di acquisizione di queste prove alla luce delle nuove tecnologie, valutando l’impatto di strumenti come l’intelligenza artificiale e il machine learning nel processo di raccolta ed elaborazione delle informazioni. L’autrice a questo proposito evidenzia il bilanciamento tra il principio di ufficialità, che impone alla pubblica amministrazione di acquisire autonomamente le informazioni necessarie, e la tutela delle garanzie procedurali dei soggetti coinvolti, come il diritto alla difesa e la riservatezza dei dati personali. Infine, il sesto capitolo affronta i limiti ai poteri istruttori e il riuso delle informazioni acquisite, soffermandosi sulla questione della riservatezza dei dati personali e sulle problematiche connesse alla condivisione delle informazioni tra le amministrazioni pubbliche. Il volume si chiude con una riflessione sulle prospettive future dell’istruttoria digitale e sulle possibili evoluzioni normative, evidenziando la necessità di un quadro giuridico chiaro e adattabile all’innovazione tecnologica. Alberti propone un ripensamento sistematico dell’attività istruttoria, delineando soluzioni innovative per un’acquisizione digitale della conoscenza che sia conforme ai principi di efficienza, economicità e buon andamento della pubblica amministrazione, nel rispetto dell’art. 97 della Costituzione. In particolare, l’autrice evidenzia la necessità di superare l’utilizzo generalizzato delle dichiarazioni sostitutive di certificati, riducendo l’onere probatorio in capo ai soggetti privati e potenziando, per contro, l’accesso diretto delle amministrazioni alle banche dati pubbliche e ai sistemi interoperabili di gestione documentale. In questo contesto, viene valorizzato il principio del “once only”, già oggetto di attenzione nel diritto amministrativo europeo, quale strumento per evitare duplicazioni e richieste ridondanti di informazioni ai cittadini e alle imprese. In secondo luogo, suggerisce l’impiego di nuove tecnologie – tra cui intelligenza artificiale, analisi semantica automatizzata (natural language processing), droni e web scraping – per rafforzare la capacità istruttoria dell’amministrazione, riducendo il rischio di illegittimità per carenza di istruttoria o per sviamento di potere; nonché l’implementazione di sistemi unitari di gestione della conoscenza, basati su piattaforme interoperabili tra amministrazioni, al fine di migliorare la circolazione delle informazioni e garantire un coordinamento efficace tra gli uffici competenti. L’autrice non manca di sottolineare la necessità di garantire il rispetto del principio del contraddittorio procedimentale, funzionale al miglioramento dell’attività istruttoria e alla tutela delle posizioni giuridiche dei partecipanti. In particolare, propone di rafforzare l’interlocuzione tra amministrazione e privati attraverso il deposito di documenti e memorie all’interno di un fascicolo informatico istruttorio, consultabile dalle parti coinvolte, in modo da consentire, da un lato, di migliorare la trasparenza del procedimento, dall’altro lato, di rendere più tempestivo l’esercizio del diritto di partecipazione, evitando che la mancata conoscenza di nuovi atti istruttori pregiudichi la possibilità di fornire elementi utili alla decisione amministrativa. Enfatizza, altresì, il ruolo del soccorso istruttorio, da intendersi non come un mero strumento di sanatoria, ma come un mezzo per favorire una partecipazione attiva e consapevole degli interessati, evitando che vizi formali compromettano il diritto alla difesa. Infine, Alberti suggerisce l’introduzione di regole più stringenti per la gestione dei tempi del contraddittorio, affinché l’interlocuzione tra amministrazione e privati sia effettiva e non meramente formale, rafforzando così le garanzie procedimentali e il principio del giusto procedimento.
Diversamente, il lavoro di Matteo Falcone è strutturato in modo da tracciare un percorso che parte dall’evoluzione storica della conoscenza pubblica fino ad esaminare le trasformazioni indotte dai big data e dagli algoritmi informatici. L’opera si apre, infatti, con una disamina del concetto di potere conoscitivo pubblico, definito come la capacità delle amministrazioni di raccogliere, elaborare e utilizzare le informazioni per finalità decisionali. Fin dalle prime pagine, Falcone evidenzia come l’evoluzione tecnologica abbia modificato i meccanismi tradizionali di acquisizione della conoscenza da parte delle istituzioni, rendendo necessario un ripensamento delle dinamiche che regolano la produzione e l’uso dei dati. In questo contesto, il libro analizza l’impatto degli algoritmi e dei big data, mettendo in luce sia le opportunità che i rischi legati alla loro crescente diffusione: se da un lato l’uso di strumenti automatizzati consentirebbe di migliorare l’efficienza e la tempestività delle decisioni amministrative, dall’altro solleva questioni giuridicamente rilevanti specialmente in punto di trasparenza e responsabilità. Un elemento centrale della trattazione è la distinzione tra due dimensioni del potere conoscitivo pubblico. La prima è quella relazionale, che riguarda il rapporto tra soggetti pubblici e privati nella gestione dei dati (C. Bignotti, Sovranità digitale e infrastrutture cloud: il progetto Gaia-X e il Polo strategico nazionale riusciranno ad arginare i giganti tecnologici americani e cinesi?), con particolare attenzione alle dinamiche di condivisione e utilizzo delle informazioni. La seconda è quella organizzativa, che si concentra sull’impatto delle nuove tecnologie sulla struttura interna delle amministrazioni e sulle modalità con cui queste gestiscono le informazioni. L’autore evidenzia la necessità di un approccio integrato che consideri entrambe le prospettive per affrontare le sfide poste dalla trasformazione digitale. Falcone dedica ampio spazio anche alla questione della regolamentazione e della governance dei dati pubblici, analizzando le normative esistenti e le possibili evoluzioni per garantire un utilizzo equo ed efficace delle informazioni nel settore pubblico. Particolare attenzione è riservata all’equilibrio tra protezione dei dati personali e interesse collettivo, in un contesto in cui un’eccessiva rigidità regolatoria potrebbe limitare la capacità delle amministrazioni di sfruttare appieno le potenzialità delle nuove tecnologie. L’opera si conclude con una valutazione critica delle sfide attuali e delle possibili soluzioni per garantire un uso etico e strategico degli algoritmi e dei big data nel settore pubblico, ove si propone un modello di governance capace di valorizzare la dimensione pubblica della conoscenza senza comprometterne la sicurezza e la trasparenza.
Sebbene le prospettive adottate nei due volumi siano differenti, entrambi convergono sulla necessità di ripensare il rapporto tra conoscenza, tecnologia e diritto amministrativo. Alberti e Falcone partono dal presupposto che la conoscenza sia una risorsa essenziale per il buon funzionamento delle amministrazioni pubbliche e che la digitalizzazione possa rappresentare un fenomeno in grado di incidere positivamente su tale aspetto. Entrambi riconoscono le potenzialità degli strumenti tecnologici per raccogliere, analizzare e utilizzare le informazioni in modo più efficace, ma evidenziano anche i rischi legati alla dipendenza dalle piattaforme private, alla scarsa trasparenza degli algoritmi e alla possibile erosione delle garanzie procedurali.
La principale differenza tra i due volumi risiede nell’oggetto specifico di analisi. Alberti concentra la propria attenzione sulla fase istruttoria del procedimento amministrativo, esaminando le modalità attraverso cui le informazioni vengono acquisite e valutate. L’autrice adotta un approccio prevalentemente giuridico e procedurale, soffermandosi sulle implicazioni della digitalizzazione in termini di trasparenza, partecipazione e tutela dei diritti. Falcone, invece, amplia il raggio dell’analisi, considerando il potere conoscitivo pubblico nel suo complesso. Il suo lavoro non si limita alla fase istruttoria, ma esamina l’intero ciclo della conoscenza amministrativa, dalla raccolta dei dati alla loro elaborazione e utilizzo nei processi decisionali.
Un’ulteriore differenza riguarda le soluzioni proposte per affrontare le sfide della digitalizzazione. Alberti sottolinea l’importanza di preservare le garanzie procedurali, proponendo una regolamentazione più chiara dell’uso delle tecnologie digitali nell’istruttoria amministrativa, nonché interventi specifici volti a migliorare la trasparenza e l’efficienza dell’istruttoria amministrativa attraverso un uso più consapevole delle tecnologie digitali. L’autrice mette in evidenza la necessità di trovare un equilibrio tra efficienza e tutela dei diritti, affinché l’innovazione tecnologica non vada a discapito delle fondamentali garanzie democratiche. Falcone, invece, pone l’accento sulla necessità di rafforzare la capacità conoscitiva della pubblica amministrazione nel suo insieme. Secondo l’autore, lo Stato deve sviluppare un’infrastruttura autonoma per la gestione della conoscenza, riducendo la dipendenza dai privati e garantendo un maggiore controllo sulle informazioni impiegate nei processi decisionali.
È fuor di dubbio che la lettura congiunta di questi due volumi offra una panoramica completa delle sfide poste dalla digitalizzazione dell’amministrazione pubblica, evidenziando sia i benefici che i rischi connessi all’uso delle nuove tecnologie. La regolamentazione del potere conoscitivo pubblico rappresenta oggi una delle sfide più urgenti per le istituzioni democratiche e questi due testi offrono un contributo prezioso per il dibattito su come garantire un uso equo e trasparente delle tecnologie digitali nella gestione delle informazioni pubbliche
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