Doveri indefettibili del «buon impiegato» nel manuale di Zambrino Mazzei

In un curioso vademecum del 1902 Zambrino Mazzei («Ispettore-commissario, Ufficiale generale nella Riserva navale, Membro onorario della Reale Accademia dei Ragionieri di Bologna»: così lui stesso si presenta nel frontespizio del libro) traccia in 500 brevi paragrafi e complessive 350 pagine, quelli che potremmo definire i comandamenti del buon impiegato statale. Nonostante l’enfasi, forse già anacronistica nel 1902 (si pensi che stava proprio allora nascendo l’embrione del sindacalismo dei dipendenti pubblici), i dettami qui raccolti fecero parte dell’identikit dell’impiegato nell’Italia umbertina e forse sopravvissero in parte anche oltre. Eccone una sintesi esemplare nel decalogo che li riassume: scritto da Mazzei con piglio – si direbbe – quasi marziale.

Per gl’Impiegati, civili e militari, cominciando dai giovani e dai primi impieghi, sono doveri o virtù indispensabili: religione, modestia, attività, solerzia, serietà, lealtà, probità, fedeltà, illibatezza, incorruttibilità, morigeratezza, zelo, abnegazione, sacrificio, merito o valore civile, cavalleria, affetto alle istituzioni, alla propria Corporazione, agl’inferiori, ai colleghi, ai Superiori, al Capo dello Stato, alla sua Famiglia, alla Patria, loro difesa, amore dell’ordine, condotta irreprensibile, vestire decente, studio e lavoro indefessi; aspirazioni: il bello, il buono, il giusto, l’onesto; meta costante l’ottimo; essere colti il più possibile, mentre il sapere, che non ha limiti, è ornamento mai troppo, mai inutile, quando non sia indispensabile, e fa guadagnare la stima dei Superiori, il rispetto dei colleghi e degl’inferiori.

Altri doveri: essere eccellenti nella cognizione delle Leggi, dei Decreti e Regolamenti, nelle teorie, arti e discipline della propria professione, averne fatta o farne buona, sufficiente esperienza per divenire più che pratici, maestri, e, come tali, potere essere consultati e tenuti in pregio quali oracoli in servizio, ciò che giova ad affrettare la carriera; in tutte le azioni e relazioni della vita ufficiale, come di quella privata, sentire altamente di sé, senza superbia; avere decoro, essere modello di cittadino pio, caritatevole, sobrio, previdente, economo, ordinato nei propri affari, nulla fare che possa diminuire e nulla trascurare di quello che possa accrescere la considerazione dell’universale; ispirarsi sempre all’interesse del servizio pubblico per il bene inseparabile della Patria e del Capo dello Stato. Pei militari si aggiunge: coraggio, fermezza, prodezza, difesa della Bandiera.

L’Impiegato pubblico dev’essere cittadino esemplare.

 

Zambrino Mazzei, Principï di Officietica. Teorica universale degli Ufficï e dei Servizï Pubblici e Codice degl’Impiegati (civili e militari), Firenze, Successori Le Monnier, 1902.