Dall’amministrazione dell’emergenza all’amministrazione della ricostruzione: responsabilità, controlli e tempestività

La pandemia sta costringendo tutti gli Stati nazionali e tutte le organizzazioni internazionali ad attivare strumenti vecchi e nuovi di intervento. Accanto alle misure adottate per far fronte all’emergenza stanno emergendo numerose proposte per la fase di ricostruzione che sarà necessaria per rimediare alla distruzione del tessuto economico e sociale provocata dalla pandemia.

Tutti gli interventi e le misure, sia quelli già adottati, sia quelli ancora da mettere in campo, richiedono una estesa strumentazione amministrativa. Il buon funzionamento dell’amministrazione è essenziale per assicurare l’efficacia delle politiche emergenziali, come di quelle di ricostruzione. Già oggi è chiaro che, nonostante l’impegno strenuo e l’abnegazione di tante persone e la previsione di molte deroghe alle regole ordinarie, il sistema amministrativo italiano è in affanno e non sempre riesce, ad esempio, ad acquistare rapidamente ciò che occorre, a consegnare tempestivamente ciò che serve agli ospedali, ad assicurare il coordinamento di sforzi che finiscono così per disperdersi, a dare certezza sugli aiuti disponibili e a rendere semplice, agevole e, soprattutto, tempestivo l’accesso a quegli aiuti.

Il problema che ci troviamo di fronte è, però, troppo grave per indugiare nel comodo sport del dito puntato e della ricerca di colpe vere o presunte. Certo, occorrerà studiare e capire cosa è successo, perché si è arrivati a dover chiudere una intera nazione, se si poteva essere meglio preparati, se si poteva reagire meglio, cosa ha retto e cosa ha ceduto. C’è da sperare che ne trarremo importanti lezioni per il futuro, piuttosto che andare a caccia dell’errore senza preoccuparsi, però, che l’errore non si ripeta. Questa analisi richiede una ricostruzione della vicenda e una raccolta e valutazione dei dati e delle informazioni delle quali oggi ancora non disponiamo, come del resto dimostra il dibattito in corso anche fra gli esperti in materia di salute.

La pandemia ad un certo punto (speriamo presto) rallenterà e si fermerà. Ben più a lungo durerà l’effetto distruttivo della pandemia, che richiederà un’opera di ricostruzione allo stesso tempo rapida, estesa e intensa, con la mobilitazione di risorse molto ingenti, forse in una misura mai conosciuta prima, come dimostra la dimensione delle misure adottate dal Congresso americano.

L’efficacia delle politiche di ricostruzione, quali che siano, dipenderà in misura cruciale da un fattore che oggi in Italia è assai carente: la capacità amministrativa. La capacità amministrativa di un sistema non si può assicurare a pezzi e bocconi, limitandosi ad interventi sporadici o a disporre eccezioni, deroghe, sospensioni di regole. Né si può immaginare che ci sia il tempo e il modo di realizzare una riforma generale dell’amministrazione che miracolosamente – nel tempo breve che abbiamo davanti prima che si creino danni irrimediabili – ci restituisca un sistema amministrativo moderno ed efficiente.

Occorre, invece, disegnare insieme le politiche per la ricostruzione e la strumentazione amministrativa necessaria per rendere quelle politiche efficaci. Questo disegno richiede un mix di elementi ad hoc, tarati sulla singola politica, e di elementi generali, che diano coerenza all’insieme e, soprattutto, consentano di correggere, in modo duraturo, i principali difetti dell’amministrazione italiana. L’elenco di questi elementi potrebbe essere lungo, ma si può cominciare con quelli che appaiono fondamentali e irrinunciabili per assicurare l’efficacia delle politiche di ricostruzione.

Conviene cominciare dalle persone, perché nessuna organizzazione può essere migliore delle persone che la compongono. L’amministrazione italiana ha, fra gli altri, due problemi: la qualità dei suoi funzionari e le regole di azione alle quali questi funzionari sono soggetti.

La qualità dei dipendenti pubblici è accidentale. Ci sono funzionari e dirigenti preparatissimi, competenti e dedicati accanto a incompetenti e lavativi. Distinguere il grano dal loglio non è facile, come dimostra il fallimento dei tentativi – spesso mal disegnati, peraltro – di inserire sistemi di valutazione e di differenziazione. In prospettiva occorre ripensare il sistema di reclutamento e, soprattutto, gestire bene le assunzioni già previste di decine di migliaia di persone, ma nel breve periodo l’unica possibilità di accrescere l’efficienza degli apparati amministrativi è di utilizzare i funzionari e dirigenti più capaci, consentendo loro di lavorare non nei contesti mortificanti in cui spesso sono costretti, ma in task forces da creare mettendo insieme le competenze necessarie,  con missioni ben circoscritte e tempi predeterminati per il raggiungimento dei risultati.

Quanto alle regole di azione, è ovvio che ogni scelta comporta la responsabilità di chi agisce. E’ altrettanto noto che c’è un rapporto inversamente proporzionale fra la capacità di agire e il peso della responsabilità. In Italia questo peso è molto più incisivo che in altri ordinamenti, per due motivi: la moltiplicazione dei controllori e il groviglio di norme e regole, spesso indecifrabili anche per il funzionario. La scelta meno pericolosa è non decidere e non si può chiedere ai funzionari pubblici di correre continuamente il rischio di essere sottoposti a giudizio contabile o a giudizio penale solo perché la Corte dei conti o la procura preferiscono una diversa interpretazione di quel groviglio di norme, spesso peraltro seguendo una impostazione estremamente formalistica del principio di legalità e senza porsi il problema di quali risultati si possono raggiungere con quali strumenti, in quali tempi. L’assimilazione dell’efficienza e dell’efficacia all’interno della sola legalità formale rende l’errore sempre possibile, in genere a discrezione del controllore di turno.

È necessario, allora, alleggerire il peso eccessivo della responsabilità. Si può, restringere il perimetro della responsabilità in due diverse direzioni. Si può prevedere, innanzitutto, che il funzionario risponda solo in caso di dolo e non di colpa grave, restituendo così la scelta amministrativa alla sfera della discrezionalità, entro la quale il funzionario, considerate le diverse opzioni possibili, individua quella migliore nel contesto ed entro i vincoli dati. Si può ampliare, poi e di converso, il numero di casi in cui la decisione è automatica o vincolata e non richiede quindi scelta: basti pensare al caso dei contributi erogati sulla base di requisiti oggettivi.

Veniamo appunto alle decisioni amministrative. In alcuni casi – specie per l’erogazione di contributi – le si può rendere automatiche, collegandole al mero verificarsi di un presupposto o una condizione predeterminata o ricorrendo ad algoritmi, purché questi siano ben studiati, prima sperimentati e poi applicati, e trasparenti. Le decisioni automatiche non consentono discriminazioni e sono facilmente controllabili. L’obiezione che spesso incontrano è che si prestano ad abusi, per esempio mediante autodichiarazioni false.  E’ vero, naturalmente, ma esistono almeno due contro obiezioni.

La prima contro obiezione è relativa all’illusione dell’onnipotenza del regolatore. Non esiste alcuna regola che non possa aggirata, qualsiasi misura può dar luogo ad un fenomeno di “gaming the system”. Il problema non è quindi assicurarsi che la regola non possa essere aggirata – il che è impossibile – ma garantire che la regola sia tale da assicurarne il rispetto nella maggior parte dei casi e la facilità di controllo ex post, anche in ragione della sua semplicità di funzionamento. C’è un trade off fra semplicità di funzionamento della regola e marginalità dei casi di aggiramento o elusione che deve guidare il disegno della regola. Questo trade off è particolarmente importante anche per assicurare la tempestività dell’azione amministrativa. La tempestività dell’azione, nell’emergenza come nella ricostruzione, è essenziale non solo per diminuire le sofferenze e aiutare la ripresa, ma per garantire la stessa legittimazione del potere pubblico e la tenuta del nostro sistema democratico. La ricostruzione del sistema economico e produttivo e gli aiuti alle famiglie e alle imprese non possono essere inseriti nel labirinto che, ad esempio, ancora oggi frena l’opera di ricostruzione nelle zone del terremoto di 3 anni fa e, in certa misura, persino del terremoto a L’Aquila del 2009 (11 anni fa!). La buona amministrazione, oggi, o è tempestiva, o non è.

La seconda contro obiezione è relativa al momento in cui si deve realizzare il controllo sulla corretta applicazione della regola. In Italia prevale il tipo di controllo più inefficiente e più inefficace e cioè il controllo preventivo. Il sistema è orientato verso la prevenzione, con costi altissimi e scarsi risultati, perché appunto si crede – illusoriamente – che una regola perfetta non potrà essere aggirata. Invece di regole perfette abbiamo, così, regole incomprensibili, che inducono all’inerzia o all’errore. L’enfasi sul sistema di prevenzione deriva anche dalla scarsa fiducia nel sistema di repressione. Così però si scarica l’inefficienza (conclamata) del sistema di repressione sul sistema di prevenzione, dimenticando peraltro la lezione del liberalismo secondo cui “in un governo libero il sistema preventivo non è adatto … esso è proprio specialmente del governo dispotico e… la prima condizione di un governo libero… è la repressione, non la prevenzione” (Zanardelli nel 1878, citando il discorso di Ricasoli del 1862).

I controlli successivi sono, invece, più facili da disegnare e da realizzare. Se chi abusa della regola sa che, se viene scoperto, verrà punito (con multe, sanzioni amministrative, sanzioni penali, misure interdittive: la scelta è ampia), l’effetto deterrente sarà molto più forte rispetto ad un sistema di controlli preventivi che in realtà previene ben poco e invece incide significativamente sulla capacità amministrativa e sul diritto di tutti ad accedere semplicemente e facilmente a qualsiasi misura o servizio pubblici.

L’amministrazione della ricostruzione è – se è permesso un gioco di parole in tempi tanto tristi – ancora da costruire. Cominciare subito dal potenziamento della capacità amministrativa con il migliore uso delle risorse umane, la ridefinizione del perimetro della responsabilità e un nuovo sistema di controlli potrebbe essere un buon inizio.