Concetto Marchesi (Catania, 1878-Roma, 1957) è stato un eminente latinista, professore universitario, autore di studi fondamentali (tra i quali la serie delle monografie sui grandi autori romani). Marxista, comunista, amico di Palmiro Togliatti che di lui ebbe grande stima, fu membro della Assemblea costituente e deputato della Repubblica nelle file del Pci dal 1948 alla morte. In questo articolo del 1949 sul settimanale socialista “Mondo operaio” (fondato e diretto da Pietro Nenni), affronta insieme il tema dell’istruzione pubblica e di quello che addita come il difetto delle classi dirigenti del dopoguerra.
A un deputato della maggioranza che mi domandava quale rimedio stimassi adatto a rialzare il valore e il livello della cultura e della scuola italiana, rispondevo: “nessuno”. “Ed è una bella cosa?” replicava stizzito. “No: è una cosa vera, e se vogliamo anche comoda, perché non c’è proprio nulla da fare”.
In verità si predica da più pulpiti intorno alla crisi della scuola e della cultura e della ricerca scientifica: né si pensa che è crisi di tutta la classe dirigente la quale in Italia, forse più rapidamente che altrove, si va disfacendo nei suoi istituti più delicati, Parlamento e Scuola: organi capitali della vita pubblica, malati della malattia che corrode tutta la compagine democratica dello Stato moderno.
Di questo non possiamo incolpare il governo clericale della nuova Repubblica italiana. La politica vaticana non ha determinato, ha solo accresciuto e accelerato il processo di decomposizione per quella esclusiva funzione educativa che la Chiesa presume di esercitare in virtù di un divino mandato. Conosciamo il costume del ceto intellettuale e professorale e accademico durante il ventennio della monarchia fascista. La voluttà di servire che penetrò e dilagò da per tutto ebbe la più solenne palestra negli edifici dell’alta cultura. Non so se esista un’aula sola in tutte le scuole superiori e in tutte le accademie dove non sia risonata la voce sconciamente vile del panegirista. Il fascismo — conoscitore esperto di tutto quanto trascini al basso — chiamò subito a raccolta le vanità, gli appetiti, le male tendenze: tutto ciò che porta l’uomo lontano dalla disciplina intellettuale e dalle obbligazioni morali. (…) La classe media professionale e intellettuale, nella sua enorme maggioranza, è nemica, costituzionalmente nemica del proletariato.
Non è crisi di cultura e di scuola. È’ crisi di classe, della classe dirigente che si decompone senza riparo. Il rimedio c’è: ma esso presuppone una classe al posto di un’altra: una classe capace di promuovere e di assicurare con ogni larghezza la continuità della ricerca scientifica e di istituire una scuola veramente aperta a tutti i cittadini, dove i giovani siano avviati per quei gradi e generi di cultura a cui le qualità loro naturali siano meglio adatte. Laboratori scientifici pienamente attrezzati occorrono; scuole di lavoro dove sia tanto onorevole mandare i propri figli quanto nelle scuole di alta cultura. Laboratori e scuole disposti dallo Stato e mantenuti dallo Stato. Con quali mezzi? Con quelli che oggi non si vogliono trovare perché non si possono trovare senza offesa al privilegio di classe il quale è così stupidamente inteso dai sedicenti liberali da non consentire né una riforma agraria né una riforma fiscale quale potrebbe concepire un conservatore sagace, se di conservatori sagaci esistesse ancora qualche esemplare. Questa classe dirigente scettica e paolotta insieme, senza fede, senza coraggio, senza risolutezza, senza illuminato spirito di conservazione, che considera democrazia ogni spudorato reclutamento di voti, non ha in verità che un programma solo: spezzare la organizzazione operaia e disanimare i lavoratori all’interno: e all’estero unire le proprie forze a quelle della reazione capitalistica mondiale per abbattere gli Stati socialisti. E non si accorge che il pericolo non viene dagli Stati socialisti, ma dalla sua stessa incapacità di governo. Quando una classe dirigente se ne va all’altro inondo, per malattia costituzionale, non occorre far testamento. Essa lascia un solo erede: ed è precisamente il nemico che si proponeva di abbattere.
Concetto Marchesi, Crisi di scuola o crisi di classe?, in “Mondo operaio”, II, 1949, n, 6, p. 3.