
Il “Manuale Cencelli” fu il mitico “calcolatore” in base al quale le correnti della Dc trionfante si spartivano i posti di potere, dalla carica di ministro ai più bassi livelli della carriera. Lo inventò, quasi per caso, un ingegnoso democristiano, sconosciuto ai più: Massimo Cencelli (Roma, 1936). Iscrittosi al partito nel 1954, funzionario dell’apparato Dc, fedelissimo segretario di Adolfo Sarti, più tardi collaboratore di Nicola Mancino, Cencelli, come racconta in questa intervista a Mariella Venditti, ebbe l’idea di “pesare” le varie correnti presenti nella Dc in modo da regolamentare poi la distribuzione dei posti e degli incarichi, sia di quelli di governo sia di quelli – innumerevoli – negli enti e nelle amministrazioni locali, nonché nello stesso partito. Il metodo funzionò, e il “Manuale Cencelli” divenne proverbiale. Naturalmente agì (dagli anni Settanta in poi) per così dire “di fatto”, essendo diventato la sua una specie di bibbia delle spartizioni del potere senza “spargimento di sangue”. “L’essenza del Cencelli – ha scritto Luca Telese nel libro qui citato – non è però un sistema di regolette immaginato per definire il criterio spartitorio delle poltrone. È tutta un’altra storia: ovvero la capacità di analisi che devi avere per comprendere i rapporti di forza più segreti che regolano gli equilibri di potere”.
Del “Manuale” uscì nel 1981 per la cura di Renato Venditti una prima edizione presso gli Editori Riuniti, sottotitolo “Il prontuario della lottizzazione democristiana. Un documento sulla gestione del potere”. Quella che qui sotto si cita però è la seconda edizione, del 2016, ristampata poi nel 2021 (una riproposizione del libro che possiamo considerare ormai “postuma” dopo la scomparsa della “prima Repubblica”), arricchita però dall’intervista esclusiva alla giornalista Mariella Venditti a Massimo Cencelli. Dalla quale è tratto questo breve passaggio.
- Dottor Cencelli, come nacque il suo Manuale?
- Fu Taviani. Ce l’aveva a morte con tutta la corrente dei dorotei. Un giorno mi chiamò dalla Liguria, sua roccaforte, e mi disse: “Cencelli, lei da Roma deve fare la corrente dei pontieri. Ne portai cinquemila al Congresso di Milano, di suoi sostenitori, e da lì nacquero i tavianei. (…). Il governo Andreotti entrò in crisi, allora Taviani mi chiede di aiutarlo ancora una volta e io gli risposi: “Senta, il partito è come una società per azioni: noi ne rappresentiamo il dieci per cento, di conseguenza abbiamo diritto dentro all’esecutivo a una quota identica”. “Allora, Cencelli – disse lui –, si metta a fare i conti”. Così, ridendo e scherzando, ottenemmo un bel pacchetto di sottosegretari e ministri nei posti che contavano. Taviani per esempio andò all’Interno, che mica era solo la Polizia come oggi, allora aveva la gestione di tutto il potere, anche dei soldi che dovevano andare alle parrocchie per i ceri di Natale. Ma il ministero più importante era quello delle Poste: assumevano centinaia e centinaia di postini, che facevano iscrivere al partito e si presentavano ai congressi con centomila tessere.
Renato Venditti, Il Manuale Cencelli. Un documento sulla gestione del potere, prefazione di Luca Telese, nuova edizione arricchita da una intervista esclusiva di Mariella Venditti, Reggio Emilia, Compagnia Editoriale Aliberti, 2016, pp. 16-17.