A passeggio con l’informatica – 32. Governare la trasformazione digitale nell’interesse nazionale (prima parte)

Trentatreesima puntata del nostro viaggio

 

Come abbiamo discusso nel postSi fa presto a dire digitale”, la dimensione digitale è ormai strettamente intrecciata con tutte le dimensioni della nostra esistenza e definisce uno spazio sociale che può essere costruito secondo diverse visioni. Ricordavamo per esempio nel precedente post come, da una visione della società in cui i modelli di riferimento per i giovani erano persone con attività lavorative che potevano essere svolte con buona soddisfazione economica dalla maggioranza delle persone, si sia passati a una visione in cui questi modelli sono le persone di grande talento (e grande fortuna, perché purtroppo tante volte il primo da solo non basta) con guadagni molto elevati, che però costituiscono una piccola minoranza della società.

Ecco, il punto è decidere quale visione della società scegliamo. Compito, questo, tipicamente politico, visto che l’attività politica (nel senso che gli dava Aristotele come di una componente naturale dell’essere umano) è proprio il modo di decidere quali siano gli obiettivi da perseguire e i modi per farlo, nell’ambito delle comunità in cui abitualmente gli uomini si raccolgono, per venire incontro alle esigenze di tutti.

Nello stesso postSi fa presto a dire digitale”  ho riportato una citazione di Evgenj Morozov che nel suo libro “I signori del silicio” ha scritto «per un partito di massa odierno, non curarsi della propria responsabilità sul digitale equivale a non curarsi della propria responsabilità sul futuro stesso della democrazia». Negli ultimi dieci anni questa frase è diventata ancora più vera mentre, per lo meno in Italia, la politica – fin da quando negli anni ‘90 si cominciò a parlare di “società dell’informazione” – ha in gran parte inseguito i termini alla moda, baloccandosi con aspetti operativi, concedendo finanziamenti e prestiti per l’acquisizione di sistemi digitali “chiavi in mano”, che dopo sei mesi o un anno richiedono spese non trascurabili di aggiornamento. Servirebbe invece investire in modo intensivo sulla formazione di personale interno, che sia in grado di contribuire allo sviluppo di soluzioni digitali e farle evolvere in armonia con l’evoluzione degli scenari commerciali. Si tratta di un elemento essenziale per rilanciare lo sviluppo economico del Paese, tanto più rilevante, quanto più nell’economia cresce il peso dei servizi. Per non parlare poi del fatto che in alcuni settori strategici consegnare “le chiavi di casa” a uno sconosciuto non è proprio la soluzione più intelligente! Mentre nell’industria il costo degli impianti produttivi è una voce percentualmente significativa e direttamente proporzionale al volume della produzione per unità di tempo, nell’erogazione di servizi digitali i “mezzi di produzione” necessari sono costituiti essenzialmente dal cervello delle persone che sviluppano e aggiornano il software per la loro gestione, e sono sostanzialmente indipendenti dal numero degli utenti. Piattaforme tipo Uber and AirBnb ne sono la prova più eclatante.

Ma i servizi realizzati mediante sistemi digitali permettono di ottenere flessibilità e velocità di adattamento a costi contenuti solo a condizione che si sia in grado di farli evolvere “in casa” o quasi. Solo così si riescono a ottenere sistemi informatici che possono assicurare l’aumento di produttività delle aziende man mano che si evolvono. Per il nostro sistema produttivo, la sfida è su questo terreno, che non è un campo riservato solo ai “grandi”, visto che l’informatica – quando la si sa usare bene – permette di sfruttare vantaggiosamente anche nicchie di mercato molto piccole.

È inutile pensare di poter tornare indietro. La società diventerà sempre più digitale: in questo mondo  le infrastrutture digitali costituiscono quello che è un sistema nervoso o scheletrico per i mammiferi. Il loro controllo deve essere in nostre mani affinché il nostro Paese non diventi una colonia. Serve capire che lo spazio digitale, come le soluzioni ad esso connesse, vanno curati nell’interesse della Nazione e dei suoi cittadini. Abbiamo bisogno di una politica che ritorni a esercitare per conto del popolo quella sovranità che l’articolo 1 della nostra Costituzione gli assegna, senza delegarla alle Big Tech che hanno riserve pressoché illimitate di risorse per perseguire i propri interessi.

Dobbiamo mantenere il controllo sui dati digitali dei cittadini, che nel mondo digitale sono l’equivalente dei cittadini stessi. È il controllo di questi dati ciò che fornisce potere nella società digitale. Dobbiamo evitare di lasciare questo controllo nelle mani di privati che perseguono obiettivi di business, perfettamente legittimi, ma che non possono prevaricare il bene comune. Dobbiamo sviluppare le capacità del Paese di realizzare servizi e sistemi informatici. Voglia di lavorare e creatività non ci sono mai mancate, e lo sviluppo del software non richiede forti investimenti di capitali. Richiede però un investimento in formazione, che deve cominciare da lontano, fin dalla scuola. Avremmo dovuto iniziare l’altro ieri, ma – in questo caso è proprio vero – non è mai troppo tardi. Come pensiamo di gestire la transizione digitale in Italia se non forniamo a tutti gli studenti un’istruzione di base in informatica? Ogni cittadino, nel vedere un qualunque macchinario non pensa più si tratti di una “diavoleria” perché ha studiato a scuola quei princìpi scientifici di base che gli permettono di capire che non ci sono “miracoli” nella tecnologia. Cosa aspettiamo a fare lo stesso per le macchine cognitive del digitale? Fortunatamente, sembra che l, almeno nella scuola, con la revisione delle Indicazioni Nazionali per il primo ciclo dell’istruzione, cominceremo a fare qualcosa di concreto. Sono passati 11 anni da quando, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, abbiamo iniziato con il progetto Programma il Futuro a diffondere nelle scuole una formazione sui concetti di base dell’informatica, ma è proprio il caso di dire “meglio tardi che mai!”.

 

Termineremo la nostra analisi nel prossimo post.

 


( I post di questa serie sono basati sul libro dell’Autore
La rivoluzione informatica: conoscenza, consapevolezza e potere nella società digitale, al quale si rimanda per approfondimenti. I lettori interessati al tema possono anche dialogare con l’Autore, su questo blog interdisciplinare, su cui i post vengono ripubblicati a partire dal terzo giorno successivo alla pubblicazione in questa sede. )